La "Sophia"

A te, alla tua infanzia e a ciò che sei oggi

Saper amare e saper essere amati e il grande ruolo dell’infanzia

Voglio che questo sia un articolo dedicato alle persone che hanno avuto un’infanzia dolorosa e allo stesso tempo lo dedico a coloro che hanno avuto un’infanzia gioiosa perché capiremo come entrambi giocano un ruolo fondamentale nell’arte di amare.

 Ho deciso di dedicare un articolo a questa tematica perché ritengo che le persone meritino di sapere e perché sono convinta che in questo ciclo di incarnazioni siano molto di più le infanzie dolorose di quelle veramente felici, intatte dal peso del dolore.

Cosa intendo per infanzia dolorosa?

Ci sono tantissime infanzie e ognuna con le proprie vicende ed esperienze e non intendo analizzarle ma sottolineare solo alcune delle cose che accomunano queste infanzie. Ciò che caratterizza un’infanzia difficile è per esempio, la mancanza di coraggio dei genitori, l’incapacità di mostrare la strada ai propri figli e che spinge i genitori a poggiarsi accanto ai loro figli dicendo: “Ti prego fai tu il primo passo, io non ce la faccio”. È importante perché ciò che differenzia un’infanzia dolorosa da una gioiosa è proprio la posizione dei propri genitori.

Nella prima infanzia è fondamentale che i genitori stiano davanti ai figli. Quando veniamo in questo mondo non sappiamo niente di questo mondo, abbiamo bisogno di un punto di riferimento, abbiamo bisogno di vedere il coraggio nel cuore dei nostri genitori in modo da rassicurarci di poter affrontare le sfide della vita. Se i genitori, invece, si mettono accanto a noi non solo li vediamo come noi, ovvero incapaci di vivere la vita ma rischiamo anche ad un certo punto di superarli e metterci davanti a loro.

Nella maggior parte delle infanzie dolorose avviene proprio questo, ovvero che i figli vedendo i loro genitori accanto e alla ricerca di aiuto decidono di fare i passi che loro non hanno il coraggio di fare. Spesso si comincia dalle piccole cose come chiedere scusa dopo una discussione con i propri genitori, sentirsi in colpa, imparare troppo presto a mettersi da parte per garantire la serenità e la pace per i propri genitori.

Qualcuno potrebbe dire che chiedere scusa è importante per un bambino. È vero ma bisognerebbe imparare a chiedere scusa una volta che il genitore abbia mostrato al bambino come e perché farlo. Nelle dinamiche delle infanzie dolorose invece spesso si ha a che fare con dei genitori che non comunicano con i propri figli, che dopo un litigio stanno in silenzio, offesi e senza alcuna chiarezza nei confronti del bambino.

Il bambino che ha bisogno dei genitori proprio perché, allora, è un bambino, farà di tutto per avere indietro i propri genitori allegri e vicini a lui e chiederà scusa senza sapere il perché. Da questo si arriva a responsabilità sempre più grandi e il risultato è che il bambino è costretto a fare dei salti di crescita che farebbe comunque ma in un arco temporale maggiore e spesso quando è molto più grande.

Parlo di quelle infanzie in cui aprivi il frigorifero per cercare cibo, in cui la mattina prima di andare a scuola cercavi la colazione nell’armadio mentre i tuoi dormivano. Parlo di quelle infanzie in cui avevi la tua sveglia ed eri tu a svegliare i tuoi per poter andare a scuola e non il contrario. Parlo di quelle infanzie in cui eri sempre l’ultimo dei bambini che venivano a prendere a scuola o nelle attività che svolgevi, ai saggi di musica o danza nessuno veniva a guardarti se non raramente quando glielo ricordavi tu.

Spesso passavi il tempo a casa di altre famiglie o con gli insegnanti. In quelle occasioni avevi modo di assaporare dinamiche diverse e spesso capitavi proprio in quelle famiglie in cui il pranzo era pronto sul tavolo e in cui chiedevano addirittura come fosse andata la giornata. A volte i tuoi genitori facevano così tardi che le famiglie ti invitavano a mangiare con loro e allora per te era una festa come Natale e Pasqua insieme. Qualsiasi cosa cucinassero, per te era buona per il semplice fatto che fosse preparato da loro, da madri accudenti e amorevoli.

Quando i tuoi arrivavano erano sempre di corsa, sudati con magari i capelli bagnati e tu ti sentivi anche in colpa per averli stressati. Parlo di quelle infanzie in cui la tua stanza era il rifugio perché passare tempo con i tuoi genitori era stancante, impegnativo. Parlo di quelle infanzie in cui quando vedevi soffrire o piangere i tuoi eri sempre lì pronto ad accoglierli con un abbraccio e a sostenerli.

Parlo di quelle infanzie in cui indirettamente ti veniva comunicato che c’è un dolore così grande che affigge i tuoi genitori e che per questo te la devi cavare da solo. Parlo di quelle infanzie violente, incerte e brusche in cui non c’era tempo per capire, in cui non c’era spazio per te.

Sono solo alcuni aspetti che accomunano le infanzie dolorose.

Per molto tempo ho pensato che la sfida più grande per coloro che hanno avuto un’infanzia del genere sia imparare ad amare ma di recente ho compreso che in realtà nessuno meglio di loro riesce ad amare. Chi se non loro che fin da piccoli hanno imparato ad amare i propri genitori assenti? Chi se non loro che hanno imparato che l’atto di amore verso i loro genitori avrebbe salvato loro più volte la vita?

Ritengo, anzi che ci siano piuttosto le persone dall’infanzia felice che hanno come sfida l’amare se stessi e gli altri.

La sfida di coloro dall’infanzia dolorosa, dunque, non è amare ma essere amati. Loro non si capacitano che possa esserci qualcuno al mondo che possa amarli. Sono abituati ad amare senza ricevere amore. Quando qualcuno fa ciò che loro sanno fare meglio, cioè amare, non capiscono come comportarsi e arrivano persino a fuggire. Per amare non intendo solo la coppia ma l’amore in ogni sua espressione.

Se ricevono un regalo da qualcuno non sanno come comportarsi e cercano quindi di evitare situazioni del genere. Allo stesso tempo però di fronte a ogni singolo gesto d’amore sono estremamente fragili e vulnerabili.

Qualcuno conoscerà la situazione in cui si trovano davanti a una cena pronta o in cui ricevono una giacca contro il freddo e vederli scoppiare a piangere perché non conoscono quell’emozione e per questo è così forte.

Il problema di queste persone è che sono fortemente amabili ma non si lasciano amare. Allo stesso tempo però insegnano l’amore agli altri che hanno più difficoltà ad aprire il loro cuore e ad avere il coraggio di amare.

Amare ed essere amati si incontrano ma solo con la dovuta consapevolezza dei propri percorsi e con una grande comprensione reciproca si riesce a superare la costante distanza che separa l’uno dall’altro. Sono compiti difficili che ci spingono a comprendere l’altra parte e guarire così la nostra ferita dovuta alla mancanza di ciò che non conosciamo.

Se una persona ha avuto un’infanzia felice che ricorda veramente con gioia non deve sottovalutare il proprio compito. Aver scelto una famiglia capace di offrire un buon periodo al figlio nella prima infanzia comporta una missione assai difficile. Queste persone sono più forti di coloro che non sono stati amati e pertanto hanno la capacità di comprendere l’altra parte, ovvero chi non sa ricevere amore.

È importante che loro non si facciano accecare dalla pretesa di amore che hanno ricevuto da piccoli, cadendo così nella presunzione e nell’essere egioci negativamente ma che utilizzino quella forza per mostrare a coloro che non hanno avuto la stessa esperienza che essere amati darebbe loro l’opportunità di amare diversamente, più completamente.

Non bisogna sottovalutare mai la potenza che da l’amore. Chi è stato amato fin da piccolo porta in se una forza che deve custodire come un gioiello e usarla con coscienza per portare guarigione nel mondo.

Di conseguenza, amare una persona dall’infanzia difficile è una ricchezza, è umiltà ed empatia, è perdono costante, è ricevere sempre un abbraccio quando si ha bisogno qualunque siano le circostanze.

Al termine di questo articolo mi sento di essere arrivata alla conclusione che se amare ed essere amati si incontrano non esiste più rancore per le infanzie dolorose o per quelle felici che non hanno permesso loro di farsi indipendenti ma che con il loro incontro entrambi guariscono le proprie famiglie.

Attraverso la fusione delle due parti danno vita a un nuovo modo di crescere i figli.

Qualunque sia stata la tua infanzia, datti tempo per imparare o ad amare o ad essere amato/a.

So quanto sia difficile sia l’uno che l’altro ma infondo l’umanità deve tendere verso l’amore sempre, sia in un modo che in un altro.

Sophia Molitor

Approfondisci anche il mio articolo “Sono una madre, sono un padre… è ovvio che amo”.

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