Affari legali

AFFARI LEGALI. Coronavirus e autocertificazioni: tutti i rischi che nessuno vi ha mai detto

Quello che sembra un problema risolvibile con il semplice pagamento di una sanzione, talvolta nasconde importanti risvolti penali

Come tutti sanno, la situazione di emergenza sanitaria che ha colpito gran parte del mondo, ha reso necessaria anche nel nostro paese l’adozione di misure urgenti finalizzate a contenere la diffusione del virus Covid-19.

Le misure in questione, entrate in vigore già con il Dpcm del 9 marzo 2020 e poi prorogate fino al 13 aprile 2020, in termini del tutto generali prevedono, per ciò che concerne l’intero territorio nazionale, limitazioni alla circolazione di persone (se non per comprovate esigenze di lavoro, di assoluta necessità e di urgenza), oltre alla chiusura (o alla limitazione) sia degli spazi pubblici e delle attività o luoghi di aggregazione, sia delle attività produttive e commerciali, sebbene con alcune eccezioni.

Oggi si cercherà di delineare un quadro un po’ più chiaro di quali in effetti siano le reali conseguenze delle eventuali violazione di tali misure di contenimento, poiché sul punto gli Italiani – e a ragione, s’ intende – hanno un bel po’ di confusione. Non vi è chi non veda come il susseguirsi di decreti, modelli di autocertificazioni, nonché informazioni frammentarie e il più delle volte fuorvianti, renda abbastanza ardua l’individuazione di ciò che si possa o non possa fare e di quali siano i rischi per i trasgressori.

In seguito all’entrata in vigore del D.l. 25 marzo 2020 n. 19, la violazione delle misure d’urgenza sopra enucleate implica una sanzione amministrativa pecuniaria che può oscillare da un minimo di € 400,00 ed un massimo di € 3.000,00, e la somma comminata può essere aumentata fino ad un terzo se l’infrazione viene commessa con l’uso di un veicolo e del doppio qualora vi sia reiterazione della medesima violazione.

Il provvedimento con il quale è stata irrogata la sanzione è impugnabile dinnanzi al Giudice di Pace, entro il termine di 30 giorni dalla data di contestazione o di notificazione. Il decreto legge 25 marzo 2020 n. 19, infatti, richiama espressamente le disposizioni previste dalla legge n. 689/1981 in materia di sanzioni amministrative.

Quanto sopra enunciato avviene solo nei casi di minor gravità, perché nelle ipotesi che ora analizzeremo, ossia quando il soggetto agente, per dolo o per colpa, ponga in essere condotte tali da integrare particolari fattispecie sanzionate penalmente, le conseguenze sono decisamente più severe.

Partiamo dall’ipotesi più probabile, quella in cui un cittadino esca di casa senza che ve ne sia la concreta necessità e che, fermato da un operante delle Forze dell’Ordine, su due piedi sfoderi nella propria autocertificazione una scusa, come l’esigenza di recarsi al lavoro o dal medico per una visita. Se le dichiarazioni rese verranno in un secondo momento smentite e quindi valutate come non veritiere, si configurerà il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, ai sensi dell’art. 483 c.p., punito con la reclusione fino a due anni.

In sostanza, se l’italiano incosciente o sprovveduto esce, malgrado le norme che vietano la circolazione, ma non si spinge a fornire una falsa giustificazione per il proprio comportamento scorretto, sarà destinatario solo della sanzione amministrativa pecuniaria, mentre in caso contrario commetterà un vero e proprio reato. Preme sottolineare, tuttavia, che prima del 25 marzo 2020, non era così, infatti anche chi veniva fermato e non accampava storie a proprio discarico, ma ammetteva candidamente di aver eluso le norme di contenimento senza comprovate ragioni di necessità e urgenza, era accusato del reato previsto dall’art 650 c.p.

Altra ipotesi è quella in cui un soggetto risultato positivo al virus Covid-19, violi l’obbligo di rimanere in casa in quarantena, ai sensi dell’art. 260 R.D. n. 1265/1934 (T.U. leggi in materia sanitaria), condotta punita con l’arresto da 3 a 18 mesi; se poi vi è la prova che il medesimo soggetto, con questo comportamento snaturato, abbia contagiato altre persone, entra in gioco l’art. 452 c.p., riguardante i delitti colposi contro la salute pubblica, per cui si rischia da 1 a 5 anni di reclusione, nei casi peggiori.

Nella malaugurata ipotesi che il suddetto comportamento non sia solo il frutto di inenarrabile superficialità, bensì l’attuazione di un proposito criminoso bello e buono, verrà contestato il reato di epidemia, ai sensi dell’art. 438 c.p, per il quale è previsto invece l’ergastolo.

Tornando ai casi più frequenti, per cui vengono irrogate solo sanzioni amministrative pecuniarie, abbiamo già preannunciato che la disciplina in materia ha subito una profonda modifica a far data dal 25 marzo 2020; nel prossimo articolo di questa sezione si parlerà proprio di questo improvviso mutamento e di quali siano le sorti delle violazioni commesse anteriormente all’entrata in vigore del nuovo decreto.

Roberta Romeo

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