Affari legali

AFFARI LEGALI. Il pedinamento nell’indagine difensiva

I limiti entro i quali è lecito

Insieme al reperimento di materiale documentale, il pedinamento costituisce uno strumento investigativo indispensabile al fine di raccogliere elementi di prova da utilizzare nel corso di un giudizio, civile o penale che sia.

In questo ambito, la definizione “tecnica” di pedinamento si riferisce ad un’attività di osservazione diretta, ma a distanza, di fatti che possono assumere rilevanza nel corso di un procedimento giudiziale, caratterizzata da totale riservatezza tanto nei confronti della persona o delle persone osservate, quanto nei confronti dell’ambiente circostante.

Strumentale allo svolgimento di questa attività è l’uso di apparecchi di ripresa, fotografia o registrazione audio, dei fatti o circostanze oggetto dell’osservazione. Tuttavia non è raro che i magistrati procedenti richiedano essi stessi la testimonianza degli autori dei pedinamenti (il più delle volte investigatori privati); del pari non è infrequente che le prove raccolte siano interamente ammesse, nella misura in cui si tratti di “osservazione e descrizione così particolareggiata da considerarsi veritiera, oltre che compatibile con le altre prove documentali”.

L’atto del pedinamento da parte dell’investigatore privato non integra di per sé reato; l’art. 660 c.p. concernente le molestie, talvolta invocato quale motivo di censura penale di una simile condotta, non pare applicabile in concreto poiché per configurare tale ipotesi criminosa è richiesto vuoi un elemento oggettivo – la petulanza o il biasimevole motivo – vuoi uno soggettivo, consistente in un dolo “specifico”, esistente qualora l’agente abbia agito con la piena consapevolezza di aver attuato una condotta molesta.

Sotto questo profilo, va evidenziato come la Suprema Corte abbia più volte affermato che per petulanza debba intendersi “un modo di agire pressante, indiscreto ed impertinente, che sgradevolmente interferisca nella sfera della libertà e della quiete delle persone, determinando l’astratta potenzialità della reazione di queste”.

Peraltro, l’uso del pedinamento in sé quale attività volta al reperimento di elementi di prova da utilizzare in sede giudiziale è stato ritenuto lecito anche dalle normative via via intervenute in materia di trattamento dati personali (da ultimo, art. 2 undecies, comma 1, lett. e) D. Lgs. 30.06.2003 n° 196, come introdotto dal D. Lgs. 10.08.2018 n° 101, a decorrere dal 19.09.2018, in attuazione del Reg. 2016/679 UE), sempre ferma restando la condizione che sia svolto in assenza di atti che integrino condotta molesta, come poc’anzi descritta.

Per quanto concerne casi concreti, la Cassazione, con sentenza n. 8373 del 4.04.2018, ha ritenuto legittimo l’uso di investigatori privati per pedinamenti di dipendenti, ma solo in luoghi pubblici (non nei locali aziendali) e, naturalmente, a condizione che ciò sia avvenuto durante il normale orario di lavoro; a tal fine gli Ermellini hanno altresì stabilito che il ricorso ad agenzie investigative sia ammissibile non solo quando vi siano evidenti prove di illeciti a carico del lavoratore, ma anche quando vi sia un mero sospetto che condotte illecite siano state poste in essere da quest’ultimo o, addirittura, che possano essere ancora in corso di esecuzione.

Infine, sotto il profilo prettamente amministrativo, giova poi segnalare una recente pronuncia dei giudici di legittimità in materia di esercizio abusivo dell’attività di investigatore privato in generale, nella quale sono stati però individuati alcuni punti fermi per quanto riguarda atti di investigazione posti in essere da privati. In particolare, è stato ritenuto che quando le investigazioni la ricerca e la raccolta di informazioni vengano svolte per conto terzi ed in forma imprenditoriale, siano suscettibili di interferire con l’attività della Polizia di Stato e, pertanto, esse siano soggette al rilascio dell’autorizzazione da parte del Prefetto; al contrario, sporadici controlli, senza alcun supporto organizzativo, svolti nei confronti di una singola persona, in luoghi aperti al pubblico, così come la raccolta di informazioni da parte di un privato cittadino nel proprio particolare interesse, non costituiscono reato, non violando alcuna norma, neppure quella sulla “privacy”.

Roberta Romeo

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo

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