AFFARI LEGALI. Sussidi e contributi a sostegno della natalità al tempo del “Covid-19”

Il quadro è piuttosto confuso: proviamo a fare un po' di chiarezza

La previsione di drammatiche conseguenze economiche conseguenti al prolungato blocco delle attività di produzione e commercializzazione di beni e servizi, imposto dall’insorgere dell’epidemia di “Covid-19”, ha indotto il governo italiano ad approntare speciali misure di sostegno al reddito delle famiglie, ovvero ad estendere l’ambito di applicazione di misure già esistenti.

Uno dei settori nei quali l’intervento statale è stato indirizzato, è quello del sostegno alla maternità; il sovrapporsi al limite del caotico di normative elaborate sull’onda emotiva generata dalla situazione emergenziale, tuttavia, non sempre consente di fissare agevolmente un quadro chiaro, facilmente comprensibile.

A riguardo, va detto che già con la “Finanziaria” 2020, approvata a fine 2019, quindi prima del Coronavirus, era stato prorogato il c.d. “bonus bebè”, un contributo di importo variabile da 80,00 a 160,00 Euro mensili – a seconda del reddito ISEE della famiglia richiedente – per ciascun figlio nato, adottato oppure ottenuto in affidamento. Detto contributo, nella previsione della “legge di stabilità” veniva maggiorato del 20% per il secondo figlio: in dettaglio, l’importo era fissato a 160,00 Euro, aumentabili a 192 in caso di secondo figlio, per i redditi ISEE fino a 7.000,00 Euro l’anno, e ad 80,00 Euro, incrementabili a 96,00, per i redditi superiori a tale importo, ma inferiori a 25.000,00 Euro l’anno. Competente all’erogazione del contributo, nonché destinatario delle relative domande, è in ogni caso l’INPS.

Per effetto delle misure straordinarie introdotte dal decreto “Cura Italia”, non vi sono più limiti di reddito ISEE al fine di ottenere l’erogazione del bonus, mentre quello nella versione “precedente” era 25.000 Euro annui. Le fasce di reddito, determinate sempre con la dichiarazione ISEE, servono unicamente per individuarne l’ammontare, che sarà il seguente: 160,00 Euro mensili (analogamente a quanto previsto dalla normativa originaria) per i redditi fino a 7.000,00 Euro l’anno; Euro 120,00 mensili, per quelli da 7.000,00 a 40.000,00 annui; Euro 80,00 al mese, per quelli oltre i 40.000,00.

E’ sempre prevista la maggiorazione del 20% nel caso di secondo figlio, rapportata agli importi ed alle fasce reddituali come appena elencati. La domanda andrà presentata al Comune, per mezzo dei CAF, previa verifica del reddito calcolato in base all’Indice di Situazione Economica.

L’intera situazione è comunque in corso di evoluzione. Nello scorso mese di giugno, il Governo ha approvato un disegno di “legge delega” che, se approvato dal Parlamento, conferirà all’esecutivo potere di emanare uno o più decreti legislativi volti ad istituire, fra l’altro, il cosiddetto “assegno universale” per le famiglie con figli a carico, che sarà denominato “assegno unico”, verosimilmente un contributo che dovrebbe riunire in un’unica erogazione i vari contributi cui oggi possono accedere, a seconda dei redditi percepiti, le famiglie italiane: il bonus bebè, di cui si è poc’anzi discusso, il bonus baby-sitter ed altri. Si tratta però di provvedimenti che, a dispetto degli annunci, sono ancora in una fase embrionale di elaborazione; ad oggi, quindi, non si può essere certi né della loro entrata in vigore, né del loro effettivo contenuto.

Roberta Romeo

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