Agnadello, 1509: in una decisiva battaglia si decidono i destini d’Italia

Venezia non più potenza egemone in Italia cede il passo alle potenze straniere

Durante il Rinascimento l’Italia conobbe, come tutti sanno, un periodo di grande splendore. Questo fu possibile grazie ad una situazione di pace conseguente ad uno stato di equilibrio tra gli stati italiani, iniziato con la pace di Lodi del 1454, che pose fine ad un lungo periodo di guerra tra Milano e Venezia; garante di questa condizione fu Lorenzo il Magnifico, alla cui accorta politica va attribuito il merito di aver permesso all’Italia di beneficiare di questo fecondo periodo di pace. Alla morte del Magnifico però (1492), le latenti tensioni tra gli stati italiani riemersero e presero forma con conseguenze che ebbero effetti nefasti per secoli. Ovviamente la situazione di frammentazione del territorio italiano, ora aggravata dalle riemerse rivalità tra gli stati che lo componevano, giocava a favore delle grandi potenze europee, che non vedevano l’ora di avere l’occasione di calare il Italia, attirate dalla ricchezza e dallo splendore che essa poteva vantare a quell’epoca. Difatti nel 1495 il re di Francia Carlo VIII venne in Italia col proprio esercito, dando inizio ad una lungo periodo di guerre che stravolgeranno la geografia politica della penisola: il Ducato di Milano fu annesso alla Francia, la Repubblica Fiorentina, nata dopo il crollo della signoria medicea, entrò in un periodo di grave crisi, la Repubblica di Genova finì sotto la sfera d’influenza francese, e man mano anche Ferrara e Mantova entreranno in un periodo di decadenza. Solo uno degli stati italiani riuscirà a non soccombere e, anzi, a vedere crescere la propria potenza come mai fino ad allora: la Serenissima Repubblica di Venezia.

I veneziani avevano approfittato delle crisi che avevano attraversato gli altri stati italiani, arrivando ad estendere i propri confini a danno della storica rivale Milano, fino ad annettersi la città di Cremona ed assumendo il totale controllo della pianura dell’Adda; il possesso di molti porti dell’Adriatico poi, faceva della Serenissima la padrona indiscussa di quel mare. Insomma, Venezia era giunta al punto massimo della sua grandezza e della sua espansione territoriale, e nulla sembrava poter impedire che la gloriosa repubblica potesse assumere un ruolo dominante e magari di unificatrice dell’Italia del nord. C’era però un problema. A regnare sullo Stato della Chiesa vi era allora papa Giulio II, la cui politica mirava a fare del suo stato la potenza egemone nella penisola, ragione per cui il pontefice aveva dato inizio agli inizi del ‘500 ad una opera di espansione territoriale verso nord, andando ad annettere città quali Perugia, Pesaro e Bologna; nel frattempo Venezia si era annessa Rimini, Faenza, Cesena e Imola. Insomma, si era giunti ad un punto in cui lo strapotere di Venezia era divenuto incompatibile con le pretese di dominio della penisola da parte del papa  ”armigero”; ormai lo scontro divenne inevitabile.

Giulio II giocò abilmente le proprie carte in ambito diplomatico, facendo leva sulle mire espansionistiche delle potenze europee verso la penisola e sull’odio che molti stati italiani nutrivano contro la potente Venezia: la Francia, che possedeva Milano, guardava alle città lombarde site entro i confini della Serenissima, l’Impero rivendicava i territori veneziani del Friuli, l’Ungheria puntava alla Dalmazia, e Ferrara mirava al Polesine. Insomma, la Serenissima era praticamente sotto assedio. E fu così che le trame diplomatiche del pontefice portarono, nel dicembre del 1508, alla nascita di una lega anti-veneziana (detta Lega di Cambrai), alla quale aderirono Stato della Chiesa, Francia, Spagna, Impero, regno d’Ungheria, Ferrara, ducato di Savoia, Mantova, e i regni aragonesi di Napoli e Sicilia.

La guerra cominciò con una serie di scontri di scarsa rilevanza soprattutto contro l’esercito pontificio, ma il vero e più temibile avversario dei veneziani era la potente armata del re di Francia Luigi XII, che nella notte tra l’8 ed il 9 maggio 1509 attraversò l’Adda entrando in territorio veneziano. I francesi si accamparono a Rivolta, mentre i veneziani si trincerarono a Casirate, rimanendo ognuno in attesa delle mosse dell’avversario per diversi giorni.

Il 14 maggio le ricognizioni veneziane segnalarono che l’esercito francese si stava muovendo verso Pandino, punto nevralgico lungo la strada che collegava Crema con Cremona. Di conseguenza anche l’esercito della Serenissima prese a muoversi; verso mezzogiorno vi fu l’incontro, peraltro al momento non ricercato da nessuno dei due contendenti, e la battaglia ebbe inizio.

Nei pressi della cittadina di Agnadello, su un terreno pianeggiante solcato da qualche canale, iniziò lo scontro tra le avanguardie dei due eserciti: 500 cavalieri pesanti francesi appoggiati da alcune batterie di artiglieria, diedero battaglia a 400 cavalieri pesanti e 5.400 fanti veneziani. A prendere l’iniziativa furono le artiglierie francesi che presero a bersagliare la fanteria veneziana la quale, per non rimanere inerme esposta al fuoco nemico, caricò in direzione delle batterie francesi. I veneziani caricarono con impeto, unendo al tradizionale grido di battaglia di ”Marco!, Marco!”, quello di ”Italia!, Italia!”; per la prima volta una guerra combattuta dall’esercito di uno degli stati italiani assumeva i connotati di una lotta contro l’invasore straniero. I fanti della Serenissima avanzarono nonostante il tiro dei cannoni nemici, ma furono presto oggetto della carica della cavalleria nemica su un fianco; i veneziani attraversarono quindi un momento di crisi, ma venne in soccorso la loro cavalleria pesante, comandata dal valoroso condottiero Bartolomeo d’Alviano, che controcaricò quella francese ricacciandola indietro. Le fanterie veneziane ripreso quindi ad avanzare con impeto, e nemmeno il sopraggiungere di un reparto di svizzeri riuscì a fermarli; gli elvetici al soldo del re di Francia furono respinti e i veneziani superarono le batterie francesi.

I veneziani sembravano ad un passo dalla vittoria, ma ad un certo punto giunse sul luogo dello scontro il grosso dell’esercito francese, e la cavalleria di Luigi XII caricò i veneziani costringendoli a retrocedere; i francesi riuscirono così a recuperare i cannoni persi poco prima, con i quali presero a colpire i rinforzi veneziani che si stavano nel frattempo avvicinando. Sottoposte ad un violento bombardamento di artiglieria, le fanterie veneziane di rinforzo ruppero le fila e si diedero alla fuga lasciando isolati i loro compagni, che furono caricati alle spalle dalla cavalleria francese. I veneziani si batterono con valore fino all’ultimo (d’Alviano fu ferito gravemente, catturato ed in seguito rilasciato), ma ormai la superiorità numerica francese era divenuta schiacciante, per cui l’esercito del re di Francia rimase padrone del campo.

La guerra continuò per molti anni, con vicende alterne e con numerosi cambi di alleanze e di schieramento tra i vari contendenti: fu il cosiddetto ciclo delle Guerre d’Italia (1494-1559), che da locali divennero una contesa per determinare chi avrebbe avuto il ruolo di potenza egemone in Europa; ne uscì vincitrice la Spagna. Nel caso dei Venezia, protagonista delle vicende appena raccontate, ne uscì ridimensionata nel territorio, perdendo definitivamente Cremona, Fiume, Gorizia e Trieste. Ma soprattutto le Serenissima non sarà più la potenza egemone in Italia: ora la penisola era diventata oggetto di conquista per le potenze straniere, che vi avrebbero spadroneggiato per secoli, Venezia non riacquisterà più la potenza di un tempo, ed entrerà in un lento ed inesorabile percorso di declino.

Marco Ammendola

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