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Alcol, uso e abuso: “Il bere consapevole”

Aiutare un alcolista è un’esperienza forte… inaspettatamente dolorosa

Ho affrontato questa prova, aiutando con tutto il cuore un carissimo amico, insospettabile alcolista.

Soventemente, l’individuo affetto da dipendenza, disconosce il proprio, personale, coinvolgimento nella dipendenza stessa e, pertanto, rifiuta il consulto con il Professionista. “Vacci tu che ne hai bisogno” è tendenzialmente la sua risposta, accompagnata da reattività che talvolta trascende in aggressività. Fortunatamente, io non ho subito/affrontato questo aspetto perché, la persona cui mi riferisco, riponeva in me estremo rispetto e massima fiducia. Tuttavia, consapevole che la trattazione di alcuni problemi, può divenire rischiosa se affrontata senza l’appropriata preparazione, mi prodigavo in letture specializzate, sopraffatta da una sorta di bulimia letteraria e, soprattutto, mi ero rivolta ad un docente professionista, con il quale ero in costante contatto. Certo la preparazione medica non s’improvvisa, ma quantomeno mi assicuravo di non arrecare danni e soprattutto credevo e, tuttora credo, che il calore dell’affetto, possa molto. In effetti, con mia soddisfazione appresi che ero sulla giusta strada, perché, le conversazioni tra il mio Amico e lo Psichiatra, cui suo malgrado si rivolse, erano molto simili alle nostre. Per amor di cronaca, il Docente mi avvisò “stai attenta, Daniela, sei troppo coinvolta e rischi di farti male tu”. Una vera e propria profezia realizzata! Comunque non mollai. Fu in quel periodo che compresi veramente il significato del concetto “il fatto di sentirsi ispirati da un grande scopo ci fa scoprire di essere persone molto più grandi di quanto abbiamo mai immaginato di essere”. Ma la mia dedizione, talmente desiderata ed apprezzata, come stabilì in seguito lo specialista, creò nel soggetto un’ ulteriore dipendenza: da me! Dipendenza sfociata successivamente nell’abbandono, quell’abbandono preventivato ed esplicitato dagli esperti in materia di dipendenze, perché soventemente contemplato fra le reazioni tipiche di questo tipo di persona. Per quanto fossi “preparata”, rifiutavo l’idea, mi dicevo che “no, lui non si sarebbe mai comportato così”. Invece è successo ed il dolore è stato molto forte.

Affrontai dunque la difficile e dolorosa esperienza : supportare Niccolò, (ovviamente è un nome di fantasia) nella sua lotta contro l’alcol, o per dirla in termini positivi, nella sua ricerca di equilibrio.

“Conobbi Niccolò per motivi di lavoro. Lui amministratore delegato di un’affermata azienda, io amministratore della mia società. Fu subito simpatia e proficua collaborazione, poi, terminata l’attività che condividevamo, ci perdemmo di vista.

A distanza di anni fu ancora il lavoro a farci rincontrare e, questa volta , fu ancora collaborazione e la simpatia molto presto divenne amicizia.

Un’amicizia tanto vera e profonda che portò Niccolò a confidarmi il suo problema: l’alcol.

Non avrei mai immaginato che un uomo poco più che quarantenne, colto, brillante, con una carriera prestigiosa, oltreché di splendido aspetto fisico ed un’immagine impeccabile, potesse essere un alcolista. Eppure era così.

Quando, nell’ambito di una telefonata, Niccolò, mi confessò il suo dramma, rimasi attonita e riuscii solamente a chiedergli se arrivasse a perdere il controllo delle sue azioni, ma lui mi rassicurò.

Da quel momento fra di noi si instaurò un rapporto totalmente privo di barriere, non esisteva più il “salvare l’immagine” dei due manager, eravamo solo lui, io e la sua infelicità che tentava di annegare nell’alcol. Niccolò mi parlava della sua infanzia, dell’adolescenza ribelle, del rapporto con la madre, delle sue innumerevoli avventure sessuali, del suo matrimonio in frantumi, dell’ atteggiamento mentale della famiglia d’origine, proteso a salvaguardare le apparenze piuttosto che ad affrontare la realtà.

Io lo ascoltavo con comprensione ed infinito affetto, desideravo davvero poterlo aiutare, ma non sapevo come.

Trascorrevo ore in libreria e in internet per approfondire le mie conoscenze e rendermi utile. In effetti, prima di un particolare “evento” non immaginiamo la nostra grandezza perché siamo condizionati dalle nostre convinzioni riguardo alla nostra identità.

Erano trascorsi alcuni mesi, Niccolò ed io ci fidavamo totalmente l’uno dell’altra, il nostro affetto era profondo e la nostra complicità non conosceva eguali.

Io continuavo a documentarmi relativamente all’argomento “dipendenze”, dato che all’alcol si aggiungevano circa tre pacchetti di sigarette al giorno, ma tutto questo non impedì che un giorno la situazione precipitasse: Niccolò “toccò il fondo”, cadendo per strada ubriaco.

Era oramai impossibile affrontare la situazione senza l’aiuto di uno specialista e fu così che grazie alla psicoterapia, coadiuvata da un supporto farmacologico e, soprattutto, dalla sua determinazione, lui smise di bere.

Gli fui molto vicina in quel periodo, le nostre telefonate erano interminabili, lui mi raccontava, volta per volta, le sedute con lo psichiatra ed io lo ascoltavo, gli esprimevo stima ed ammirazione per la sua forza di volontà e lo rassicuravo sulla mia accettazione incondizionata, priva di giudizio, oltreché relativamente al fatto che qualora avesse avuto un cedimento non avrebbe dovuto colpevolizzarsi, ma considerare positivamente i risultati raggiunti fino a quel momento per trarne stimolo a continuare il suo percorso. Essendo due persone allegre e positive prendemmo questa esperienza quasi come un gioco, ridevamo insieme degli inconvenienti procurati dai farmaci, gli stilai un piano di premi sempre più gratificanti quanto più fossero lunghi i periodi di astinenza, sapeva di poter contare su di me in ogni momento, era sereno e, soprattutto, per la prima volta si sentiva totalmente accettato. Ero entusiasta del mio contributo.

Trascorse ancora qualche mese ed io iniziai a percepire qualche lieve sintomo di distacco da parte di Niccolò nei miei confronti, ma non volevo accettare che stesse per verificarsi quanto detto all’inizio: l’inesorabile l’abbandono. Purtroppo era proprio così e, come da manuale, un giorno mi disse che era meglio che non ci vedessimo e non ci sentissimo più”.

Un abbraccio

Daniela Cavallini

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