Amore

Beatrice Gozzi: ho scelto di abbracciare la sofferenza

Lasciare la carriera universitaria per dedicarsi ai malati

Amiche ed Amici carissimi, oggi più che mai la tutela della salute è il primo pensiero.Pare strano che, seppur riconoscendo l’indispensabilità di questo immenso dono divino – la salute -, tendiamo a darla per scontata fino a quando non temiamo di perderla o, nel peggiore dei casi, scopriamo di averla persa.Sì, persa, così, silentemente come una persona che stanca della poca attenzione riservatale, un giorno inaspettatamente ci abbandona.Forse non tutto è perduto, ci lambicchiamo il cervello per riconquistarla, ma il confine del recupero, oscilla tra il possibile ed il probabile; vale a dire tutto è possibile, ma non tutto è probabile, rendendo pertanto alcuni recuperi impossibili. Pensiamoci bene finché siamo in tempo!

Nell’attuale contesto, in cui confusione, rabbia e paura, generate dal coronavirus, regnano sovrane tra la popolazione e gli ospedali subiscono il sovraffollamento gravato altresì dall’estrema urgenza interventistica, il Personale Medico e Paramedico è chiamato ad agire nell’immediatezza con efficienza e, soprattutto con efficacia. Talesituazione, seppure esasperata dal contesto attuale, pone in evidenza l’importanza del lavoro svolto in ambito ospedaliero da parte di tutti i livelli gerarchici e professionali coinvolti.

Non necessariamente per classismo, siamo portati a concedere la nostra fiducia al Medico, riservando alla figura del Paramedico una considerazione incerta. “L’ha detto il Dottore” ancora oggi incute timore reverenziale…

E dire che tra il Personale Paramedico vi sono professionalità altamente qualificate, dotate di cultura, esperienza ed umanità non certo sottovalutabili.

Oggi è mia ospite  Beatrice Gozzi – Operatrice Socio Sanitaria –,  ovvero una figura professionale prevista all’interno del nostro sistema sanitario nazionale come collaborazione e supporto di quella infermieristica e medica.

Prima di procedere all’intervista, mi sono documentata su questa figura professionale.  Nasce con la Conferenza Stato-Regioni del 22.02.2001, che individua la figura dell’OSS, il relativo profilo professionale e l’ordinamento didattico dei corsi di formazione, con la seguente definizione:

“L’operatore che a seguito dell’attestato di qualifica conseguito al termine di

specifica formazione professionale, svolge attività indirizzate a soddisfare i

bisogni primari della persona, nell’ambito delle proprie aree di competenza, in un contesto sia sociale che sanitario e a favorire il benessere e l’autonomia dell’utente …”

Tale definizione trova integrazione dalla Legge 1/2002 “Emergenza infermieristica” (Art.1 comma 7 e 8), che specifica quanto segue:  L’operatore socio-sanitario collabora con l’infermiere o con l’ostetrica svolge alcune attività assistenziali (…) conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica od ostetrica o sotto la sua supervisione.

Tuttavia, ora direi di passare subito  la parola alla nostra esperta, che svolge tale importante mansione sanitaria in un  importante ospedale del veronese, il “Sacro Cuore-Don Calabria” di Negrar, noto in ambito nazionale per diversi reparti all’avanguardia(le malattie tropicali, e tutto il complesso campo della riabilitazione e neuroriabilitazione).

Beatrice è una giovane e valente professionista che cela, dietro ad un volto dolcissimo, una grande forza di animo e di carattere, miste ad una grande sensibilità.Poiché ho avuto il piacere di conoscerla personalmente, scoprendo così  il suo mondo professionale,  la presento  a tutti voi, affinché comprendiate attraverso le sue parole, il duro lavoro di chi, ogni giorno, si prende cura di noi quando, ammalati, abbiamo bisogno di assistenza e cure.

Daniela Cavallini:

Benvenuta cara Beatrice,  entriamo proprio, come si dice, a gamba tesa:  se dovessi usare poche parole per descrivere l’Operatore Socio Sanitario, come lo definiresti?

Beatrice Gozzi: 

Buongiorno a tutti. Direi che l’operatore socio sanitario svolge attività nel settore Socialeed in quello Sanitario.E’ definita figura di supporto all’assistenza in servizi di tipo socio-assistenziali e socio-sanitario residenziali e non residenziali, in ambiente ospedaliero o anche al domicilio dell’utente.E’ un vero e proprio collaboratore diretto all’assistenza globale del paziente, a fianco della figura del medico e dell’infermiere, dai quali si distingue per competenze diverse. Come l’infermiere, è sottoposto alla coordinazione e valutazione di un responsabile -la figura dell’ex Capo Sala (oggi Coordinatore Infermieristico)-, che ne gestisce i compiti attraverso dei turni mensili o settimanali a seconda delle necessità. E’, in definitiva, un’ opportunità per il  miglioramento dell’assistenza alla persona.

Daniela Cavallini: 

Non credo, quindi, sia possibile entrare nelle fila di una figura così strettamente connessa all’assistenza, senza una adeguata formazione. Quale è il programma ed il percorso di studi che porta alla qualifica professionale di operatore socio sanitario?

Beatrice Gozzi:

Il Programma di studio comprende 1000 ore complessive articolate in:

545 ore di attività teorica (di cui 100 ore di rielaborazione dell’esperienza)

440 ore di stage

15 ore di esame finale

La Frequenza è obbligatoria e le assenze non devono essere superiori al 10% del monte ore complessivo.

La gestione del corsoè affidata agli enti delegati dalla Regione per l’esercizio delle funzioni amministrative in materia di formazione degli operatori sociali e alle AA.SS.RR., e attuata in coerenza con la programmazione regionale e provinciale.

Il requisito per poter avere la qualifica, è il superamento di una prova di esame finale.

I requisiti di accessoalla mansione sono l’assolvimento dell’obbligo formativo, il  compimento del diciassettesimo anno di età alla data di iscrizione al corso e, ovviamente, il  superamento di una prova di ammissione (negli enti privati) o di un concorso (negli enti pubblici o convenzionati con SSN).

Daniela Cavallini: 

Approfondiamo l’attività dell’OSS.Spiegaci  meglio il suo ruolo in ospedale, nelle case di cura, nelle case di riposo, nelle comunità.

Beatrice Gozzi:

Con la riforma del SSN (lg 833/78) si è abolita la distinzione tra infermiere generico e infermiere professionale, riunendo le due categorie in una unica: l’infermiere.

Col tempo, si è visto che la vecchia figura dell’infermiere generico  mancava in ospedale e, per questo, si è pensato di istituire la figura dell’OSS che, nei fatti, mira a colmare la lacuna dell’infermiere generico. Infatti le attività dell’OSS  sono rivolte alla persona e al suo ambiente di vita al fine di fornire assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di vita,  intervento igienico sanitario e di carattere sociale, supporto gestionale, organizzativo e formativo.

Daniela Cavallini:

Beatrice, soffermiamoci  perché la materia è interessante… cortesemente, puoi illustraci meglio queste attività?

Beatrice Gozzi:

Tenterò di essere il più possibile telegrafica perché le attività nel concreto sono molte. Utilizzerò molto spesso il termine “deve”, perché il dovere è un must.

L’OSS deve assistere e supportare l’utente nella soddisfazione dei bisogni primari, nello svolgimento di attività domestico-alberghiere e nella gestione di interventi igienico-sanitari, come favorire il sonno e il riposo, provvedere e/o supportare la persona nella mobilizzazione, nell’igiene personale, nell’espletamento delle funzioni fisiologiche e nella somministrazione dei pasti/diete, curare le condizioni igieniche del contesto abitativo e/o supportare la persona nella cura delle condizioni igieniche del contesto abitativo, prevenire incidenti domestici e/o aiutare la persona nella prevenzione degli incidenti, provvedere e/o supportare la persona nel lavaggio e cambio biancheria, negli acquisti, nella preparazione e distribuzione dei pasti, rilevare parametri dei segni vitali, effettuare semplici medicazioni e semplici interventi di primo soccorso, aiutare la persona nella assunzione dei farmaci prescritti, nell’utilizzo degli apparecchi medicali di semplice uso e nella preparazione alle prestazioni sanitarie.

Deve collaborare con altre figure professionali e/o con la famiglia nell’effettuare interventi igienico sanitari e nella soddisfazione dei bisogni primari, ovvero  aiutare nella medicazione e negli interventi di primo soccorso, aiutare nella corretta assunzione dei farmaci prescritti e nell’utilizzo degli apparecchi medicali, aiutare nella preparazione alle prestazioni sanitarie, aiutare nella mobilizzazione, nell’igiene personale e nell’espletamento funzioni fisiologiche aiutare all’assunzione dei pasti/somministrazione diete.

Deve informare e agevolare la persona e i suoi familiari nell’accesso alle risorse e ai servizi sociosanitari presenti sul territorio (posta banca- negozi comune…), ovvero individuare le esigenze di informazione, presentare il proprio ruolo ed il servizio, semplificare le procedure da utilizzare, trasportare, supportare e guidare l’utente ai servizi e nei percorsi diagnostici terapeutici.

Deve contribuire alla programmazione per l’attività di assistenza socio sanitaria, ovvero reperire informazioni, segnalare problemi e proporre migliorie, collaborare alla stesura di piani di intervento rivolti a singoli/gruppi.

Deve collaborare con altre figure professionali in interventi di riabilitazione e in attività di socializzazione, ovvero recuperare e mantenere le capacità psicofisiche residue dell’utente, realizzare attività di animazione e socializzazione, utilizzare le risorse di socializzazione e animazione, collaborare con le strutture sociali ricreative e culturali, coinvolgere parenti e vicini dell’utente

Deve prevenire le complicanze di carattere degenerativo, ovvero riconoscere, ricercare e segnalare le più comuni situazioni di rischio, proporre interventi appropriati per quanto di competenza, intervenire per ridurre/eliminare il rischio secondo indicazioni e/o protocolli

Deve Svolgere attività domestico-alberghiere e igienico sanitarie, ovvero lavare e cambiare la biancheria e curare le condizioni igieniche dell’ambiente, prevenire incidenti domestici, raccogliere e stoccare materiale e rifiuti, individuare i punti vendita in relazione a criteri di qualità ed economicità, orientarsi nell’uso del denaro e pianificare gli acquisti, sanificare e sanitizzare ambienti, disinfettare, sterilizzare e decontaminare strumenti e presidi, trasportare il materiale biologico e sanitario

Deve comporre e trasferire la salma, ovvero prendersi cura della salma, vestirla e trasferirla.

Deve svolgere attività di referenza per i tirocini in accordo con i responsabili del servizio, ovvero accogliere e affiancare i tirocinanti, partecipare all’attività di valutazione dei tirocinanti.

Daniela Cavallini: 

Mi sembra un’attività assai delicata, per cui sia necessario dimostrare il possesso di competenze. Ce le puoi descrivere?

Beatrice Gozzi: 

Innanzitutto l’OSS deve saper  lavorare in equipe multiprofessionale, per cui deve saper riconoscere e rispettare i diversi ruoli, collaborare alla stesura di piani di lavoro, affrontare i conflitti, proporre e negoziare soluzioni. E proseguo con i “deve”…

Deve saper identificare i bisogni non soddisfatti autonomamente dall’utente, ovvero  saper osservare la persona e l’ambiente che la circonda, saper riconoscere i segnali/sintomi di disagio, saper organizzare i dati raccolti, saper riferire i dati ai referenti, saper gestire strategie di relazione d’aiuto, saper sostenere empaticamente la persona sofferente e/o morente, saper relazionarsi/interagire con l’utente/cliente, saper gestire i conflitti nell’ambito delle proprie competenze, saper riconoscere le dinamiche relazionali delle tipologie di utenza, saper interpretare i feedback inviati dal cliente/utente, saper supportare la persona nell’elaborazione del lutto.

Deve saper riconoscere e rispettare l’autodeterminazione della persona, ovvero riconoscere le condizioni psico-fisiche, sociali e la biografia della persona, riconoscere le persone significative per l’utente, riconoscere gli atteggiamenti difensivi e reagire adeguatamente, favorire l’autonomia, sostenere i bisogni dell’utente all’interno del contesto.

Deve saper rispettare le norme igienico – alimentari e igienico – ambientali di sicurezza riferite alla persona e agli ambienti, ovvero saper individuare le norme appropriate, associare le norme alla situazione, applicare le norme, conservare i cibi in modo adeguato, ridurre il rischio professionale, ambientale e degli utenti.

Deve saper orientarsi nel contesto organizzativo istituzionale e informale di rete sociale e sanitaria, ovvero saper individuare i riferimenti adeguati alla situazione, saper utilizzare i riferimenti individuati.

Deve essere in grado di gestire situazioni di emergenza sanitaria e sociale, ovvero saper individuare situazioni di rischio per l’incolumità della persona, reagire tempestivamente per la riduzione del rischio, attivare l’intervento delle figure competenti.

Daniela Cavallini:

Fino ad ora ha parlato la professionista. Ora vorrei entrare nel tuo intimo, nella tua sensibilità.Desidero che parli la donna. Tu,  Beatrice, professionalmente, nasci con una spiccata propensione per le lingue,  puoi definirti a tutti gli effetti una corrispondente in lingue estere, per cui una interprete e traduttrice. Cosa ti ha spinta, ad un certo punto, ad abbracciare il mondo della sofferenza?

Beatrice Gozzi:  

Sì, ho conseguito il diploma di corrispondente in lingue estere,con particolare studio della lingua inglese e del tedesco. Mi sono ritrovata già da molto giovane adaffrontare la prematura morte di mio padre(lui aveva solo 51 anni e io all’epoca ne avevo solo 15)… Questo per me è stato un dolore immenso. Pochi mesi dopo, mio fratello ha iniziato a frequentare l’ università a Padova, quindi, stava lontano da casa tutta la settimana. Anche questa situazione purtroppo l’ho vissuta inconsciamente come un “secondo lutto”, un altro abbandono. Era ovvio che non era così, ma per me è stato un altro trauma psicologico notevole. Mi sono ritrovata poi in una situazione di estrema difficoltà nei tempi dell’università. Ho avuti molti momenti in cui avrei voluto porre fine a tutto, mi sembrava che la mia vita non avesse alcun senso di fronte a tanta sofferenza che faticavo a gestire.Ma è stato proprio in quel momento che ho sentito dentro di me una grande “voglia di vivere”.E ho promesso a me stessa che qualsiasi problema la vita mi avesse posto di fronte, l’avrei affrontata con tutta la determinazione e volontà possibile.

Ho sentito il desiderio di fare volontariatoe ho iniziato a fare la volontaria in una comunità per malati di AIDS. In quel momento ho capito che avrei avuto una grande soddisfazione poterlo fare come lavoro.

Daniela Cavallini:

Quanto conta la Fede nella tua scelta?Tu lavori in un grande e prestigioso ospedale Cattolico, la cui regola, posta da S. Giovanni Calabria, al primo punto declama che “il malato è Dio”.Quanto senti tua questa regola?

Beatrice Gozzi:

La mia famiglia mi ha sempre trasmesso la fede cristiana e ritengo mi aiuti molto a svolgere il mio lavoro e più in generale ad affrontare le difficoltà della vita, come la situazione dura che ho dovuto affrontare. La fede in questo senso mi ha dato una grande forza interioreoltre all’affetto e all’ infinita pazienza di mia mamma e di mio fratello.

Daniela Cavallini:

Si dice che  “al dolore ci si abitua”. Tu, al capezzale di un malato terminale, rivivi le emozioni della prima esperienza o è vero che vi è una abitudine?Ovvero, vi può essere una sorta di abitudine positiva per permettervi di essere nel contempo sensibili eppur lucidi di fronte a situazioni di alto impatto emotivo ed emozionale?

Beatrice Gozzi:

È difficile abituarsi a vedere le persone che muoiono e vederle soffrire. Personalmente ho trovato con il tempo delle “mie” strategie per non venirne sopraffatta.

Anche perché se si vuole proseguire in questo lavoro, è necessario fare questo passo, altrimenti il lavoro diventa impossibile da gestire anche quando si ritorna a casa.

Credo sia necessario comunque qualche anno di esperienza per raggiungere questo obiettivo, non è un passaggio semplice da fare. Io per esempio, quando ho finito il mio orario di lavoro cerco(una volta arrivata a casa)… diascoltare la musica o di fare una passeggiata.Sono attività che mi rilassano molto e mi permettono di “staccarmi” emotivamente. Penso che ognuno con il tempo possa trovare il suo…

Daniela Cavallini:

Quanto tempo dedichi alla tua professione, al di là del cartellino da timbrare?Quanto un Operatore Sanitario si porta a casa i problemi da risolvere il giorno dopo?

Beatrice Gozzi:

Come dicevo prima ognuno può trovare una propria strategia.Coltivare le proprie passioni penso sia un buon metodo.

Daniela Cavallini:

Per fare una sintesi, ritieni che l’OSS, oggi, sia riconosciuto nel suo valore o che ci sia ancora strada da fare in tal senso? Nella seconda ipotesi, quali suggerimenti vorresti  lanciare attraverso questa intervista?

Beatrice Gozzi:

Credo che ci sia ancora molta strada da fare.Sarebbe bello se le istituzioni (Governo) dessero un maggior valore economicoa questa figura e prevedesse la possibilità, per chi lo volesse, di fare ulteriori corsi riconosciuti (come ad esempio la terza S… OSS Specializzato)in modo di poter dare la possibilità ad ognuno di poter operare in un settore o reparto più specifico. Inoltre, chiederei un minor carico di lavoro (a livello nazionale) prevedendo più assunzioni e riducendo il numero delle ore settimanali, in quanto i turni – soprattutto i notturni – sono molto logoranti. E questo, vale anche per gli Infermieri ed i Medici.

Daniela Cavallini: 

Tornassi indietro, rifaresti questa scelta di vita lavorativao resteresti nell’ambito linguistico?

Beatrice Gozzi:

Sono molto felice della scelta che ho fatto, non nego che ho sempre amato studiare e che la mia conoscenza delle lingue (che sto ancora approfondendo per passione personale) mi sta offrendo grandi soddisfazioni anche nel mio lavoro, visto che ho avuto a che fare con pazienti provenienti da altri Paesi che parlavano solo l’inglese.

Ho potuto così perfezionare l’inglese e così sentirmi ancora più utile, in quanto ho notato con gioia, che questi pazienti si sentivano più accolti e soprattutto compresi.

Daniela Cavallini:

Beatrice, grazie della disponibilità, per questo arricchente momento.

Beatrice Gozzi:

Grazie a te per avermi permesso di far conoscere la mia figura professionale.

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