Storia

Cortenuova, 27 novembre 1237: la rivincita dell’imperatore sulla Lega

Vittoria “quasi” schiacciante del nipote di Federico Barbarossa a Cortenuova il 27 novembre 1237

Tutti abbiamo studiato fin dalla scuola di come i comuni del nord Italia, riuniti nella Lega, riuscirono ad “imporre” all’imperatore Federico Barbarossa il riconoscimento della loro autonomia dall’autorità imperiale dopo la schiacciante vittoria conseguita nella battaglia di Legnano; vedremo ora un fatto meno noto riguardo il rapporto tra i comuni italiani e l’autorità imperiale, ossia come il nipote del Barbarossa sia stato capace di prendersi una vittoriosa rivincita.

Il personaggio in questione altri non è che Federico II di Svevia, il quale decise che le autonomie ottenute dai comuni, confermate dal Barbarossa con la Pace di Costanza (25 giugno del 1183), avevano creato una situazione di debolezza dell’autorità imperiale che Federico non era disposto ad accettare. L’imperatore, dopo un periodo di tensioni che venne ad instaurarsi con i comuni italiani, decise di convocare una dieta nella città di Cremona nel 1226, alla quale erano tenuti a partecipare i rappresentanti dei suoi domini, ossia i tedeschi, i comuni italiani e la Sicilia normanna. Per tutta risposta i comuni italiani diedero vita ad una seconda Lega la cui nascita venne formalizzata a Mantova il 6 marzo dello stesso anno.

Le forze della Lega riuscirono ad impedire l’arrivo ai principi tedeschi che avrebbero dovuto partecipare alla dieta, la quale non ebbe luogo, dato che Federico al momento non disponeva di forze sufficienti per contrastare la Lega. L’imperatore dovette poi partire per la Terrasanta nel 1228 e nel 1234 fu impegnato a sanare il contrasto con suo figlio Enrico che gli si era ribellato; la questione dei comuni del nord Italia rimase quindi sospesa, ma era solo questione di tempo.

Cortenuova 27 novembre 1237
Cortenuova 27 novembre 1237

Arriviamo quindi all’agosto del 1237, che vide Federico scendere in Italia col suo esercito dirigendosi subito verso Mantova, la quale non oppose resistenza e gli aprì le porte; da qui l’imperatore si diresse verso Brescia verso la fine di ottobre, ma la resistenza della roccaforte di Montichiari permise alle forze della Lega di accorrere in soccorso di Brescia. Federico, dopo aver devastato l’area del bresciano, si accampò presso Pontevico, sulla riva destra dell’Oglio; le forze comunali (quasi tutte milanesi) presero posizione più a nord, presso Manerbio, su un terreno paludoso presso il fiume Risignolo.

A questo punto l’imperatore levò il campo ed il 23 novembre attraversò l’Oglio, facendo credere alle forze della lega di voler porre fine alla campagna; anche queste quindi smobilitarono ed attraversarono anch’esse l’Oglio tra Palazzolo e Pontoglio. Ma Federico si era rapidamente spostato verso nord, in direzione di Cortenuova, passaggio obbligato in direzione di Milano; la trappola imperiale era scattata, e le forze comunali vi caddero in pieno.

Memore del disastro subito dalle forze imperiali di suo nonno a Legnano, dove i cavalieri tedeschi vennero sbaragliati dalla fanteria dei comuni della Lega, Federico aveva chiamato a combattere tra le fila del suo esercito 6.000 saraceni provenienti dai suoi domini siciliani, in gran parte arcieri: questi eccellentissimi tiratori potevano flagellare con le loro armi da tiro la massa della fanteria comunale. Completavano lo schieramento imperiale 2.000 cavalieri tedeschi e le fanteria dei comuni italiani filoimperiali (Pavia, Cremona, Modena, Parma e Reggio); in totale 15.000 effettivi.

L’esercito imperiale era fronteggiato da 2.000 cavalieri e 6.000 fanti comunali, comandati da Pietro Tiepolo, figlio del doge di Venezia Iacopo. La mattina del 27 novembre le forze della lega attraversarono l’Oglio accompagnate dal Carroccio (del cui significato per gli eserciti comunali abbiamo già parlato a proposito della battaglia di Legnano) e si diedero a predisporre il campo per fare tappa Cortenuova, ignare della presenza dell’esercito imperiale a pochi chilometri di distanza.

Sicuro della perfetta riuscita della sorpresa, Federico mandò all’attacco la sua potente cavalleria, appoggiata dal tiro degli arcieri saraceni; l’effetto fu devastante, dato che i soldati della Lega, intenti ad allestire quanto necessario per accamparsi, non ebbero il tempo di assumere uno schieramento in grado di opporsi alla cavalleria imperiale, mentre una pioggia di frecce saracene faceva strage di fanti comunali. I pochi superstiti fuggirono andando incontro ai loro compagni che cercavano di prendere posizione attorno al carroccio, creando una totale confusione, della quale Federico approfittò prontamente lanciando all’attacco tutte le forze di cui disponeva.

Ne nacque una mischia furibonda, durante la quale Pietro Tiepolo cadde prigioniero degli imperiali; con l’arrivo della notte Federico sospese l’attacco pronto a riprendere la lotta l’indomani mattina. Ma le forze della Lega, ritenendo ormai impossibile resistere ad un ulteriore scontro con le forze di Federico, decisero di approfittare del buio e della foschia per ritirarsi verso nord; il carroccio, che avrebbe rallentato la marcia, fu abbandonato dopo averne recuperato gli stendardi. Sorta l’alba Federico si rese conto della fuga del nemico e ne ordinò l’inseguimento: molti fanti comunali furono catturati e molti altri annegarono cercando di attraversare l’Oglio ed il Serio. 

La Lega perse 2.500 uomini e più di 5.000 furono i soldati comunali catturati da Federico: l’esercito della Lega poteva quindi dirsi annientato. Il carroccio fu recuperato e portato al cospetto dell’imperatore, il quale non approfittò della vittoria marciando su Milano, al momento priva di difese, ma si attardò nell’allestimento della sfilata celebrativa del suo trionfo, che avvenne nella città di Cremona il 1° dicembre. Il carroccio, trainato da un elefante, sfilò per le vie della città; sopra vi era Pietro Tiepolo, che fu successivamente deportato a Trani ed impiccato. Il simbolo dei comuni della Lega, il carroccio appunto, fu poi inviato a Roma a dispetto del Papa, protettore della lega anti-imperiale.

Federico aveva quindi vinto, ma il non aver approfittato del momento favorevole per prendere Milano, ed il successivo fallimento dell’assedio di Brescia, ridimensionarono la vittoria schiacciante che l’imperatore era riuscito a conseguire a Cortenuova.

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Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa

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