Dien Bien Phu, 7 maggio 1954: la fine del colonialismo francese in Asia

La guerriglia batte un moderno esercito occidentale, e non sarà l’ultima volta…

Nell’articolo relativo alla battaglia di Mukden tra la Russia degli zar e la nuova potenza  giapponese, abbiamo accennato a come le potenze europee abbiano sempre dedicato delle “attenzioni” allo scacchiere asiatico, cercando di accaparrarsene i territori; generalmente la presenza occidentale cominciava con possedimenti commerciali che, man mano, andavano sempre più prendendo la forma di vere e proprie colonie. Cominciata gradualmente verso la fine del ‘700, la presenza europea in Asia aveva preso corpo vedendo infine gli inglesi stabilmente presenti in India, numerose isole del Pacifico cadere in mano degli olandesi, e la Francia prendere possesso dell’Indocina.

La regione di quelle che attualmente sono il Vietnam, la Cambogia ed il Laos, formavano quella che col tempo era divenuta la colonia francese detta appunto Indocina, così denominata perché si estendeva nella penisola che si trova tra l’India e la Cina. L’unità di queste tre realtà etniche era del tutto artificiale e creata ad arte dalle autorità francesi, la cui presenza nella penisola era cominciata fin dai tempi dell’imperatore Napoleone III nel 1862; ma i francesi avevano portato in quelle regioni la loro cultura e con essa la loro storia, intrisa dei concetti di uguaglianza e libertà, che mal si conciliavano con l’assetto coloniale della società indocinese. Quando i giapponesi occuparono l’intera area nel 1941, le popolazioni locali si resero conto che era giunto il momento di rivendicare la propria indipendenza, cominciando contro l’occupante giapponese una lotta di liberazione che sarebbe continuata anche dopo la fine dell’occupazione nipponica, questa volta contro la presenza francese; quando la Seconda Guerra Mondiale ebbe termine e venne ripristinato il vecchio colonialismo, cominciò la lotta di liberazione guidata dal leader comunista vietnamita Ho Chi Minh. In breve tempo i francesi furono ridotti ad avere il controllo dei soli centri abitati maggiori, soccombenti difronte alla sempre efficace tattica della guerriglia delle popolazioni locali, imperniata su due punti cardine: la conoscenza del territorio e la capacità di mimetizzarsi con esso, che permettevano ad un esercito povero e senza mezzi di prevalere su un nemico armato ed equipaggiato di tutto punto.

Lo scontro decisivo avvenne in prossimità del villaggio di Dien Bien Phu, all’interno di una zona collinosa, in un’area di piogge quasi continue. Qui i francesi, nel novembre del 1953, avevano predisposto un vasto campo trincerato con un perimetro di ben 45 chilometri, che aveva lo scopo di attrarre soldati nemici e spingerli ad un assalto suicida grazie al quale sarebbero stati sterminati; successivamente le forze francesi avrebbero attaccato per ripulire la zona dal nemico. Sulla carta il piano sembrava destinato al successo, ma i francesi stavano dando tutto per scontato…e ne avrebbero pagato le conseguenze.

Le forze francesi contavano circa 16.000 unità, di elevatissimo livello addestrativo (era massicciamente presente la famosa Legione Straniera), ma decisamente insufficienti a far fronte all’attacco nemico; i vietnamiti contavano infatti su un totale di 60.000 uomini, appoggiati da un’artiglieria inaspettatamente potente, soprattutto grazie all’apporto di batterie americane catturate durante la recente Guerra di Corea e passate ai vietnamiti tramite i cinesi, e diversi lanciarazzi forniti dall’Unione Sovietica (il rifornimento di materiali e viveri ai vietnamiti era garantito dalla presenza della vicina frontiera cinese).

Nel gennaio del 1954 i vietnamiti avevano occupato l’intera cintura di colline che circondavano il campo francese, dando vita ad un vero e proprio assedio. L’artiglieria degli assedianti svolgeva il proprio ruolo, particolarmente andando a colpire la pista di atterraggio che avrebbe dovuto rifornire i francesi sotto assedio; nel frattempo i soldati vietnamiti, ben lungi dal cadere nella trappola francese che prevedeva che andassero a farsi massacrare con massicci assalti frontali, stava scavando un dedalo camminamenti che permettevano loro di avvicinarsi sempre di più alle linee francesi.

Il 13 marzo cominciò l’attacco vietnamita e i capisaldi francesi caddero l’uno dopo l’altro, dopo furibondi scontri corpo a corpo che vedevano la schiacciante superiorità numerica vietnamita avere la meglio. Ma man mano che i francesi perdevano posizioni però, il perimetro da difendere andava restringendosi, cosa che rendeva più facile la difesa; difatti, si arrivò ad un punto in cui i vietnamiti cominciarono a subire pesantissime perdite senza riuscire a dare il colpo di grazia alle esauste forze residue francesi, oramai ridotte a soli 4.500 uomini. Fu allora che il comando vietnamita decise di passare ad una offensiva in grande stile lanciando contro i francesi superstiti, che difendevano armai un fazzoletto di terra, la gran massa delle forze disponibili. Il 1° maggio del 1953 cominciò l’ultima fase dell’attacco a Dien Bien Phu, in cui i francesi si batterono disperatamente con le ultime forze residue, in un macello di scontri corpo a corpo contro le soverchianti forze nemiche; alle 17:40 del 7 maggio la bandiera rossa vietnamita venne issata sull’ultimo baluardo francese caduto.

Pochi giorni dopo la battaglia, si riunì a Ginevra una conferenza che pose fine alla guerra e stabilì i confini delle nuove nazioni sorte dal disfacimento di quella che era stata l’Indocina francese. Ma gli insanabili contrasti politici che vennero a crearsi in Vietnam condussero a quella situazioni di grave instabilità che di li a poco avrebbe portato nella regione una nuova guerra, ancora più devastante di quella conclusasi a Dien Bien Phu; questa volta a rimanere intrappolati nella giungla vietnamita sarebbero stati i soldati americani.

Marco Ammendola

Exit mobile version
Vai alla barra degli strumenti