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Francesco Bussone Conte di Carmagnola: soldato, condottiero e… traditore?

Il mistero del presunto tradimento del capitano che ispirò la tragedia del Manzoni

Quello del Carmagnola rappresenta ancora oggi, a sei secoli di distanza, una caso insoluto di presunto tradimento che appassiona gli storici e gli studiosi, e che ha ispirato un autore del calibro di Alessandro Manzoni, che al questo personaggio dedicò una tragedia. Vediamo come si svolsero i fatti che portarono alla tragica fine di questo enigmatico condottiero.

Il suo nome era Francesco Bussone, nato a Carmagnola (vicino Torino) tra il 1380 ed il 1385 da umili contadini; fu iniziato al mestiere delle armi quando le bande di Facino Cane, condottiero al soldo del Marchese del Monferrato, battevano le campagne alla ricerca di uomini da impegnare nella guerra in corso contro i Savoia. Francesco iniziò così la propria carriera di soldato militando come mercenario presso queste schiere, addottando come nome di battaglia quello della sua città natale. Morto il Cane, Carmagnola ne prese il posto ed entrò al servizio della potente famiglia milanese dei Visconti nel 1402, quando il Ducato di Milano era retto da Filippo Maria (in realtà in quel momento la famiglia Visconti era dilaniata da lotte intestine e fu proprio grazie ai servigi di Carmagnola che Filippo Maria riconquistò il potere che i suoi rivali avevano tentato di sottrargli). Il Carmagnola si dimostrò un comandante estremamente capace, tanto da riuscire ad organizzare e rendere efficienti e disciplinate le compagnie di ventura che comandava (gli eserciti di mercenari erano per definizione poco affidabili); grazie alle sue doti di condottiero guidò queste milizie in una serie di campagne grazie alle quali il suo signore poté ingrandire i propri possedimenti espandendosi in gran parte del nord Italia. Nel 1415 sconfisse il Marchese di Pescara Pandolfo Malatesta, l’anno successivo fece prigioniero l’altro grande condottiero suo rivale Bartolomeo Colleoni a Trezzo sull’Adda, e nel 1418 conquistò Piacenza dopo un lungo assedio, terminato con un atto di atrocità: dopo aver preso la città, difesa dal condottiero Filippo Arcelli, Carmagnola fece impiccare il figlio ed il fratello di questi davanti ai suoi occhi. I successi militari continuarono con la presa di Alessandria, Como, Lecco, Monza, Brescia, Bergamo Crema e Cremona; successivamente prese Bellionzona e Domodossola. Come ricompensa Filippo Maria conferì a Carmagnola il titolo di Conte e gli diede in moglie Antonia Visconti.

A questo punto però, il grande successo e l’enorme popolarità acquisita dal nostro condottiero cominciarono ad insinuare nel Duca Filippo Maria il timore che egli potesse, spinto dalla propria ambizione, usurpargli il soglio ducale. Fu così che il Duca di Milano allontanò il Carmagnola dalla capitale del ducato nominandolo governatore di Genova (che proprio dal condottiero era stata conquistata): praticamente un esilio. Fu la rottura, in conseguenza della quale Carmagnola offrì i propri servigi a Venezia (siamo nel 1425), storica rivale di Milano, che lo mise al comando dell’esercito della Lega Antiviscontea tra la Serenissima, Firenze, Ferrara e Mantova. In tali vesti il grande condottiero piemontese ottenne la più brillante vittoria della propria carriera, sconfiggendo l’esercito nemico nella battaglia di Maclodio (Brescia) il 12 ottobre del 1427. Dopo essere stato l’artefice delle vittorie milanesi, ora Carmagnola divenne l’eroe di Venezia, che gli tributò gloria ed onori. E intanto si era vendicato del suo vecchio signore, che lo aveva trattato così ingiustamente.

E fu in questo momento che le fortune militari di Carmagnola cominciarono a venire meno: colui che era stato l’artefice di tante vittorie, cominciò a collezionare una serie di clamorose ed imbarazzanti sconfitte. Condotto con una inspiegabile lentezza, fallì l’assedio del castello di Soncino del 1430 e per il mancato intervento del Carmagnola si dovette rinunciare alla presa di Cremona; il condottiero non fu poi in grado di difendere il Friuli devastato dall’esercito dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Sigismondo. Tra le autorità veneziane cominciò quindi ad insinuarsi il sospetto che il comandante dell’esercito fosse in combutta col suo vecchio signore Filippo Maria Visconti. Carmagnola fu quindi richiamato a Venezia con una scusa, arrestato, processato e condannato a morte per alto tradimento. Il 5 maggio del 1432, alla presenza della moglie e delle quattro figlie, fu decapitato in piazza San Marco.

Ma Carmagnola era veramente colpevole? Sulla questione gli storici ancora oggi dibattono e il caso è destinato a rimanere aperto, dato che i documenti processuali sono andati perduti durante un incendio che distrusse Palazzo Ducale. I suoi detrattori sostengono la tesi secondo la quale Carmagnola si fosse effettivamente accordato con Filippo Maria, in cambio della signoria di Brescia; secondo i suoi difensori i fallimenti delle campagne militari furono dovute al ritiro delle truppe di Ferrara e Mantova (alleate di Venezia), preoccupate dall’espansione territoriale di cui la città lagunare stava beneficiando in quella guerra. Per la cronaca, Manzoni era un convinto innocentista, ritenendo Carmagnola vittima degli intrighi di palazzo dai quali l’ingrata Venezia si fece traviare.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa

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