Storia

Il Conte di Cagliostro: un miracoloso guaritore o un volgare truffatore?

La strana vicenda di un personaggio tutt’oggi avvolto da un alone di mistero

Quella del Conte di Cagliostro è senz’altro una delle figure più misteriose ad affascinanti della recente storia d’Europa, un personaggio la cui vicenda umana suscita ancora oggi molta curiosità, quella giudiziaria non poche perplessità.

 

Il suo vero nome era Giuseppe Balsamo, nato a Palermo il 2 giugno del 1743 dal mercante Pietro Balsamo e da Felicita Bracconieri. Nel 1768 sposò Lorenza Feliciani, fanciulla allora appena quattordicenne.

Nel 1771 la coppia si trasferì a Londra, dove Balsamo finì in carcere per debiti e una volta uscitone i due cominciarono a peregrinare per tutta Europa; in questo periodo il nostro uomo operò come taumaturgo, dichiarandosi capace di miracolose guarigioni grazie a strani riti magici ed esoterici.

Nel 1776 i coniugi fece ritorno a Londra, dove Balsamo si presentò come Alessandro Conte di Cagliostro. In questo periodo venne ammesso alla loggia massonica “La Speranza” e l’appartenenza alla massoneria fu una grande opportunità per soddisfare le sue ambizioni. Tra il 1777 e il 1780 Cagliostro viaggiò in tutta Europa venendo a contatto con nobili, studiosi, intellettuali e altri personaggi in vista, divenendo un personaggio notissimo sia presso la gente comune che presso gli ambienti altolocati e le corti di tutta Europa, incantando i suoi illustri interlocutori con le pratiche rituali del “Rito Egizio” della nuova setta massonica da lui fondata.

Cagliostro aveva sviluppato notevoli capacità di ammaliatore, riuscendo col suo sguardo penetrante e magnetico a turbare e allo stesso tempo affascinare i suoi interlocutori; le sue conoscenze alchemiche, grazie alle quali proponeva misteriose e portentose polveri magiche ed elisir di lunga vita, il tutto unito al suo indiscutibile fascino, fecero sì che attorno al suo personaggio si creasse un alone di mistero e di leggenda che da allora lo accompagnarono per il reso dei suoi giorni.

A questo punto l’illustre coppia si trasferì a Roma, dove Cagliostro fondò una nuova loggia massonica. Il gesto, in una Roma papalina in cui gli esponenti della massoneria non erano certo ben visti, fu considerato un’aperta sfida all’autorità della Chiesa, per cui il nostro personaggio suscitò le attenzioni del Sant’Uffizio.

In questo periodo l’astro di Cagliostro cominciò a tramontare, e cominciarono a circolare voci che lo dipingevano non più come un taumaturgo capace di miracolose guarigioni, ma come un truffatore ed un lestofante. Il colpo di grazia alla sua immagine fu dato dalla moglie che fu indotta a denunciarlo come massone ed eretico: su ordine del papa Pio VI, Cagliostro fu arrestato il 27 dicembre del 1789. La moglie Lorenza fu considerata sua complice e anch’essa arrestata.

Dopo aver passato alcuni mesi nelle carceri di Castel Sant’Angelo, Cagliostro fu sottoposto a processo con le accuse di eresia, appartenenza alla massoneria ed attività sediziose. Il 7 aprile del 1790 fu pronunciata la sentenza di colpevolezza ed emessa la condanna a morte; in seguito alla pubblica abiura delle dottrine professate, la condanna a morte fu commutata nel carcere a vita da scontare nelle prigioni della fortezza di San Leo, allora carcere di massima sicurezza dello Stato Pontificio. Lorenza venne rinchiusa nel convento di Sant’Apollonia in Trastevere dove passò il resto della propria vita.

La detenzione di Cagliostro cominciò il 21 aprile del 1791, e dopo essere stato alloggiato in una prima cella della fortezza di San Leo, il detenuto venne trasferito nella cosiddetta “cella del pozzetto”; si trattava di una stanza di pochi metri quadrati, di cui allora esisteva un unico accesso consistente in una botola sul soffitto attraverso la quale il detenuto veniva calato tramite una scala di corda che veniva poi ritirata. La cella esiste ancora oggi (è stata aperta un’entrata che permette ai visitatori di accedervi), e rivolgendo lo sguardo in alto si vede la botola e la spia attraverso la quale il detenuto era sottoposto a stretta sorveglianza dalle guardie alloggiate al piano superiore, che lo tenevano in osservazione ventiquattro ore su ventiquattro. Unico contatto con l’ambiente esterno una piccola finestrella posta in un angolo in alto, protetta da tre ordini di grate; nella cella era presente un unico tavolaccio di legno che fungeva sia da letto che da tavola per mangiare. In queste condizioni disumane Cagliostro passo cinque anni della propria vita senza mai uscire, praticamente murato vivo.

Il 26 agosto del 1795 la morte arrivò a liberarlo dalla prigionia, probabilmente per un ictus.

Non è ben chiaro dove il corpo di Cagliostro fu seppellito a anche questo fatto contribuisce ad alimentare l’alone di mistero che avvolge questo affascinante personaggio, mistero che continua ancora oggi, tanto che la figura di Cagliostro è ancora oggetto di ricerche e suscita curiosità in moltissime persone; a riprova il fatto che recandosi presso la Rocca di San Leo (sita nell’entroterra riminese) e visitando la cella in cui Cagliostro fu rinchiuso, si notano sul tavolaccio che fungeva da letto per il condannato numerosi mazzi di fiori portati dai visitatori giunti da ogni parte d’Europa, che in gran numero si recano presso la rocca per rendere omaggio alla memoria dell’illustre detenuto.

Secondo alcuni ricercatori Giuseppe Balsamo e il Conte di Cagliostro furono addirittura due persone distinte; Balsamo non era altro che un imbroglione palermitano usato dall’Inquisizione per screditare e condannare il vero Cagliostro, un massone e alchimista che praticava riti considerati empi e contrari all’ordine naturale professato dalla Chiesa, e per questo considerato un pericoloso eretico.

Senz’altro Cagliostro fu un personaggio molto discutibile, ma ciò non dimostra che le accuse di ciarlateneria, truffa ed eresia che gli furono mosse fossero proporzionate alle sue colpe; più probabilmente queste consistevano nell’essere stato un divulgatore di scienze esoteriche e dell’arte della guarigione in contrasto con la medicina ufficiale e soprattutto col potere religioso dell’epoca. E la sua condanna da parte dell’autorità ecclesiastica fu un’ottima occasione per quest’ultima di gettare discredito sulla massoneria.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa

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