Storia

Il fuoco greco: la temutissima arma al servizio dell’Impero Bizantino

Una formula custodita gelosamente, un vero segreto di Stato

In passato ci siamo occupati in questa rubrica dell’Impero Bizantino, l’ideale continuatore dell’Impero Romano d’Oriente, che cadde ad opera dei turchi ottomani il 29 maggio del 1453; quello di Bisanzio fu un impero millenario nel vero senso della parola, essendo durato dal 395 d.C., quando si separò dall’Impero Romano d’Occidente, fino appunto alla sua caduta nel 1453. A permettere la sopravvivenza dell’Impero d’Oriente per così lungo tempo fu la sua forza militare che, almeno per un certo periodo della storia di questo impero, era dovuta a quello che era conosciuto come il “fuoco greco”.

Si trattava di una miscela incendiaria la cui formula, un vero e proprio segreto di stato, era nota solo all’imperatore e alle poche persone addette alla sua produzione (sembra che ad inventare la micidiale miscela fu un certo Kallinikos di Eliopoli); la formula era custodita tanto gelosamente, ed era ritenuta tanto preziosa, che chiunque ne avesse divulgato il contenuto sarebbe stato punito con la morte. Secondo gli studi più recenti, la miscela era costituita da pece, zolfo, salnitro, nafta e calce viva, il tutto contenuto in un grosso contenitore di terracotta montato sulle navi bizantine, collegato ad un tubo di rame, con un meccanismo che permetteva tramite la pressione di spruzzare il liquido infiammabile sulle imbarcazioni nemiche. In alternativa questo liquido veniva messo dentro dei contenitori di terracotta i quali venivano lanciati addosso al nemico, metodo questo spesso usato negli assedi, dove i vasi pieni del liquido venivano catapultati contro il bersaglio.

L’effetto di questo liquido micidiale sulle navi nemiche era devastante, ed il suo effetto era potenziato dal fatto che la presenza della calce viva nella miscela rendeva impossibile spegnere con l’acqua l’incendio che si veniva a creare, dato che l’acqua a contatto con calce viva ravvivava l’effetto incendiario della miscela. Tra l’altro il composto galleggiava sull’acqua del mare e continuava a bruciare, per cui anche chi si gettava in mare non aveva scampo. Lo zolfo poi produceva dei fumi tossici che intossicavano i nemici e, non bastasse, la miscela era anche estremamente appiccicosa, tanto che si attaccava alle pelle delle persone colpite ed era praticamente impossibile eliminarla.

Inutile sottolineare come l’efficacia del fuoco greco risiedesse, oltre che nella sua capacità distruttiva, anche nell’impatto psicologico che tale terribile arma aveva sui nemici dei bizantini; va infatti considerato che la reazione che portava la miscela ad incendiarsi era anche accompagnata da un forte boato, con in più la consapevolezza che cose e persone che venivano colpite erano destinate a bruciare senza speranza.

Alla fine il fuoco greco, arma temutissima per secoli, fu soppiantato da una nuova arma ancora più micidiale, ossia la polvere da sparo; ma per centinaia e centinaia di anni la potentissima arma permise ai bizantini di avere la meglio sulle flotte nemiche e di difendere Costantinopoli dai numerosi assedi a cui fu sottoposta, e per tutto questo tempo la formula segreta del fuoco greco non cadde mai in mani nemiche.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa

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