Invecchiamento: l’interruttore genetico per curare la perdita dei ricordi

Il risultato dello studio condotto da Amar Sahay

I ricercatori del Centro per la Medicina Rigenerativa del Massachusetts General Hospital e dell’Istituto per le Cellule Staminali di Harvard hanno ipotizzato che presto sarà possibile curare la perdita dei ricordi legata all’invecchiamento e ai disordini da stress post-traumatico. In che modo? Grazie alla scoperta nei topi di un interruttore genetico che “accende” la memoria, preservandone la precisione. Il risultato dello studio condotto – da Amar Sahay – è stato pubblicato sulla rivista Nature Medicine e mostra nel dettaglio il circuito neurale coinvolto nella conservazione della memoria.

I ricercatori hanno ipotizzato che un segnale inibitorio potesse stabilizzarla. Il punto di svolta è stata l’identificazione di una proteina chiamata abLIM3, che funziona come un freno molecolare per i segnali inibitori. Gli esperimenti condotti sui topi hanno mostrato che diminuire i livelli di questa proteina preserva la specificità della memoria nel tempo e aiuta a curare le alterazioni dovute all’invecchiamento.

Partendo dalle conoscenze di base, ossia che i ricordi si formano in una struttura del cervello chiamata ippocampo, che preserva anche i dettagli che impediscono di confonderli, i ricercatori hanno osservato un’iperattività di questo circuito nei topi, primati ed esseri umani in età avanzata e anche in pazienti con disturbi da stress post-traumatico. Iperattività che “sveglierebbe” la memoria tenendola viva.Gli studi verranno sicuramente approfonditi, ma la scoperta fa ben sperare specie perché questi risultati sarebbero stati confermati da un altro studio recente, che avrebbe trovato alti livelli di abLIM3 in persone di età avanzata che cominciavano a mostrare disturbi della memoria.

Beatrice Spreafico

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