Storia

La battaglia di Lützen e la morte gloriosa di Gustavo Adolfo II re di Svezia

Il grande sovrano svedese cade in combattimento alla testa delle sue truppe

Nell’articolo relativo a Gustavo Adolfo II, il re di Svezia che fece del paese scandinavo il dominatore del Baltico, abbiamo visto come il sovrano sia caduto in combattimento nella battaglia di Lützen durante la Guerra dei Trent’Anni (1618-1648). Vediamo allora nel dettaglio come si svolse lo scontro in cui il re-condottiero seppe trovare la morte alla testa delle sue truppe sul campo.

La battaglia di cui ci accingiamo a parlare ebbe luogo nell’ambito delle operazioni militari che vedevano l’esercito svedese confrontarsi con quello imperiale di Ferdinando II, il quale affidò un’armata al generale Albrecht von Wallenstein, con l’obiettivo di fronteggiare l’esercito che sotto la guida di Gustavo Adolfo aveva fino ad allora inflitto cocenti sconfitte agli imperiali.

Nella primavera del 1632 l’esercito di Wallenstein aveva invaso la Sassonia per costringerla ad abbandonare il fronte protestante (quello guidato da Gustavo Adolfo, mentre l’Imperatore Ferdinando era a capo della fazione cattolica); gli svedesi decisero allora di correre in aiuto dell’alleato sassone. L’approssimarsi dell’inverno però fece credere a Wallenstein che la campagna fosse conclusa fino a primavera, per cui diede ordine alle sue forze di dividersi ed acquartierarsi in attesa della ripresa delle operazioni. Fu proprio allora che Gustavo Adolfo decise di attaccare il nemico approfittando della divisione delle sue forze, e Wallenstein fu così costretto a richiamare in tutta fretta le sue truppe allontanatesi verso le basi invernali. L’esercito svedese e quello imperiale presero così contatto presso la cittadina di Lützen; era la mattina del 16 novembre del 1632.

Alla vigilia della battaglia le forze contrapposte erano di 13.000 fanti, 6.000 cavalieri e 60 cannoni per gli svedesi, contro 10.000 fanti, 6.500 cavalieri e 20 cannoni per gli imperiali.

                         

Gli svedesi presero subito l’iniziativa avanzando con la cavalleria situata sulla loro ala destra, che mise in fuga la cavalleria imperiale; i reparti di fanteria posti a sinistra della cavalleria svedese avanzarono rapidamente con l’obiettivo di mettere fuori uso le batterie di artiglieria poste tra sinistra ed il centro dello schieramento imperiale. L’attacco iniziale della destra svedese ebbe successo, ma non così fu per l’ala sinistra. Qui i corazzieri imperiali bloccarono l’avanzata svedese, ma intanto il successo della manovra dell’ala destra minacciava di aggiramento la sinistra imperiale ormai vacillante.

Proprio mentre l’attacco svedese stava sfondare la sinistra imperiale, giunsero sul campo di battaglia le forze guidate dal conte di Pappenheim, al quale Wallenstein aveva inviato una lettera la notte precedente per informarlo dell’imminente scontro, ed in risposta alla quale il conte aveva ordinato una marcia forzata per raggiungere il campo di battaglia. L’attacco della cavalleria di Pappenheim alleggerì la pressione svedese sul fianco sinistro imperiale, ma durante la carica lo stesso Pappenheim fu colpito mortalmente. Nello scontro anche Gustavo Adolfo fu colpito e disarcionato da due colpi di moschetto; riconosciutolo, gli imperiali gli si avventarono contro e lo uccisero con le loro picche.

Alla morte del loro sovrano, gli svedesi cessarono la pressione sulla sinistra imperiale permettendole di riorganizzarsi, mentre anche l’attacco dell’ala sinistra era fallito ed il centro cominciava a vacillare.

A questo punto la battaglia entrò in una fase di stallo, con gli svedesi che tentavano di riprendere l’iniziativa e gli imperiali che rispondevano ai loro attacchi con le riserve. Verso le cinque del pomeriggio, con l’avvento dell’oscurità, i due eserciti esausti e decimati dalle perdite si ritirarono.

I primi a lasciare il teatro dello scontro furono gli imperiali e gli svedesi rimasero padroni del campo, ma le gravi perdite subite, soprattutto tra i veterani dei reggimenti migliori, furono un duro colpo per gli scandinavi. Ma soprattutto persero il loro re, quel Gustavo Adolfo che aveva dato alla Svezia un potente strumento bellico, innovandone la tattica militare tanto che gli storici militari dei secoli successivi arrivarono addirittura a paragonarlo a Filippo il macedone, padre di Alessandro Magno.

Marco Ammendola

 

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa

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