Storia

La battaglia di Rocroi, 19 maggio 1643: il tramonto del “tercio” spagnolo

Gli ultimi colpi di coda dei sempre tenaci e valorosi fanti spagnoli

Nell’articolo sul tercio abbiamo visto come questa tattica di combattimento della fanteria spagnola, in uso tra il Cinque ed il Seicento, abbia permesso alla Spagna di divenire la potenza egemone sui campi di battaglia d’Europa; abbiamo poi visto come le nuove tattiche adottate durante la guerra dei Trent’Anni (1618-1648) da Francia e Svezia, particolarmente l’uso delle artiglierie mobili e del fuoco di fila, abbiano determinato la crisi del tercio e l’inizio del declino di questa formazione erede del quadrato di picchieri rinascimentale. Vedremo ora la cronaca della battaglia che sancì la prima grande sconfitta del tercio, e la vittoria delle armi francesi su quelle spagnole.

Siamo nell’ambito della già citata Guerra dei Trent’Anni, e l’esercito in questione era quello spagnolo delle Fiandre (allora possedimento della corona di Spagna); a fronteggiarlo vi era l’armata francese al comando del duca d’Enghien, ossia  Luigi II di Borbone-Condé (1621-1686), che per le sua capacità come condottiero passerà alla storia come “Gran Condé”. Abbiamo detto della fama di cui godevano i fanti spagnoli, addestratissimi ad ottenere il massimo risultato sui campi di battaglia nella collaudata formazione del tercio, ma abbiamo anche visto come durante il conflitto in questione la tattica della fanteria stesse subendo radicali mutamenti, soprattutto ad opera del re di Svezia Gustavo Adolfo II (abbiamo dedicato a questo grande condottiero un articolo), dalle cui tattiche innovative i francesi avevano tratto importanti lezioni; non così gli spagnoli, ancora convinti della superiorità del tercio, arroccati quindi su una concezione tattica obsoleta che proprio a Rocroi ne vedrà decretata la fine.

Lo scontro avvenne presso una località, Rocroi appunto, di fondamentale importanza strategica essendo un nodo sulla strada per Parigi; l’esercito spagnolo delle Fiandre attraversò le Ardenne nella primavera del 1643 e mise sotto assedio la piazzaforte. Il duca d’Enghien prese quindi a marciare verso Rocroi per affrontare l’armata spagnola comandata dal generale Francisco de Melo (1597-1651). 

L’esercito francese contava 17.000 fanti e 7.000 cavalieri, con 15 cannoni; quello spagnolo schierava 18.000 fanti, 8.000 cavalieri e 17 cannoni.

Il duca d’Enghien schierò le proprie forze appoggiando l’ala destra ad un bosco e la sinistra ad un’area paludosa, mentre de Melo dispose la sua armata tra lo schieramento francese e la città. I due eserciti passarono la notte del 18 maggio del 1643 a breve distanza l’uno dall’altro, pronti a darsi battaglia l’indomani. 

Entrambi i comandanti avevano disposto la cavalleria alle ali dei rispettivi schieramenti e la fanteria al centro: gli spagnoli organizzati in cinque tercios ed i francesi in sottili file. La battaglia ebbe inizio con il tiro delle artiglierie, schierate ciascuna davanti alle propria fanteria; dopodiché i francesi presero l’iniziativa attaccando con la cavalleria dell’ala destra (comandata dal duca d’Enghien in persona), contro la cavalleria dell’ala sinistra spagnola. L’attacco francese fu impetuoso, tanto che i cavalieri spagnoli furono costretti alla fuga, ma all’altro lato dello schieramento, il contemporaneo attacco della cavalleria della destra spagnola mise in crisi la cavalleria della sinistra francese. Fu in quel momento che d’Enghien prese una decisione coraggiosa che andava oltre i cardini della tattica dell’epoca. Difatti, dopo un fruttuoso attacco della propria cavalleria contro quella posta su un’ala dello schieramento avversario, si era soliti attaccare il fianco della fanteria nemica rimasta priva della protezione della propria cavalleria; d’Enghien decise invece di far percorrere ai suoi cavalieri tutto il campo di battaglia passando dietro lo schieramento nemico, per poi piombare da dietro la cavalleria della destra spagnola, cioè quella che stava avendo la meglio sulla cavalleria della sinistra francese. I cavalieri spagnoli furono colti di sorpresa dall’arrivo della cavalleria francese e ne furono travolti.

Ora la situazione tattica venutasi a creare grazie all’abile e coraggiosa mossa del duca d’Enghien, mise lo schieramento di de Melo in una posizione critica: i tercios spagnoli, privi della protezione della cavalleria da ambo i lati, erano in balia di quella nemica. Ma i fanti spagnoli non smentirono la loro fama di grandi soldati e, stretti a formare i loro tercios, respinsero ben quattro cariche nemiche; il duca d’Enghien decise quindi di portare i suoi cannoni (e quelli intanto catturati agli spagnoli), a cento metri dai tercios: il fuoco indirizzato sulle dense formazioni dei fanti ammassati nei tercios fu devastante e gli spagnoli furono costretti ad arrendersi.

Gli spagnoli ebbero 3.500 morti, 3.600 feriti e 3.800 furono presi prigionieri; i francesi ebbero 2.000 morti e 2.400 feriti. Le perdite francesi risultarono essere particolarmente consistenti per un esercito vincitore, a riprova del valore e della tenacia che i fanti spagnoli seppero dimostrare anche nella sconfitta (per la cronaca va sottolineato nello schieramento spagnolo vi erano anche molti mercenari italiani e tedeschi). E ad ulteriore merito ed onore dei fanti dei tercios, va aggiunto che essi furono battuti a causa della sconfitta subita prima dalla cavalleria, che non poté quindi supportare la fanteria rimasta isolata.

La vittoria francese sulla potente armata spagnola delle Fiandre a Rocroi fece scalpore, e permise alla Francia, che aveva sventato la minaccia spagnola dai propri territori, di concentrare lo sforzo bellico a sostegno dell’alleato svedese che combatteva in Germania contro gli eserciti imperiali. In realtà dopo Rocroi i tercios spagnoli continuarono ad operare sui campi di battaglia durante la Guerra dei Trent’anni, ma le successive vicende belliche non fecero che confermare come la massiccia e statica formazione della fanteria spagnola avesse fatto il proprio tempo, dovendo definitivamente cedere il posto alla duttile formazione della fanteria organizzata per fuoco di fila. L’epoca dei soldati armati di picca era terminato e stava cominciando quella dei fanti armati di moschetto e baionetta.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa

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