Storia

La peste del 1656 in Italia: questa volta il flagello colpisce il centro-sud

Dopo la Lombardia e il nord, ora tocca alle regioni meridionali della penisola

Continueremo con questo articolo la conoscenza delle epidemie di rilevanza storica, e lo faremo con la pestilenza che nel 1656 colpì la nostra penisola; questa volta però, contrariamente a quella del 1630 che martoriò il nord Italia, ad essere colpita fu la zona centro-meridionale della penisola, particolarmente la città di Napoli.

Cominciamo col dire che nel 1631 un’eruzione del Vesuvio portò più di 40.000 sfollati dei paesi delle pendici del vulcano a trovare rifugio a Napoli, essendo rimasti senza casa, aumentando di molto la già elevata densità abitativa di alcuni rioni della città; e nel 1647 vi fu poi la famosa rivolta capeggiata da Masaniello, che ebbe importanti ripercussioni sulla città con risvolti spesso drammatici. Ovviamente questi avvenimenti (particolarmente l’aumentata densità abitativa), furono terreno ideale per il diffondersi della peste che stava giungendo dalla Sardegna, da cui provenivano dei marinai spagnoli tra i quali il paziente zero, che fu ricoverato all’ospedale dell’Annunziata; era il gennaio del 1656. Il caso fu diagnosticato come peste dal medico Giuseppe Bozzutto, il quale diede l’allarme alle autorità, le quali per tutta risposta lo fecero imprigionare: non si volevano allarme e panico, dato che Napoli era in stato di allerta per le milizie francesi che erano calate in Lombardia e minacciavano i confini del viceregno (vice perché a quei tempi era una provincia sotto la corona spagnola); per la cronaca, il povero dottor Bozzutto morì in maggio proprio di peste.

Alla fine però le autorità vicereali non poterono negare l’evidenza e corsero ai ripari. I tardivi provvedimenti adottati furono però del tutto inefficaci, essendo legati all’ipotesi allora esistente che voleva la malattia viaggiare con l’aria e l’acqua infette (“corrotte”, secondo la terminologia in uso all’epoca): furono accesi roghi al fine di “pulire” l’aria, e furono lavate le strade; non furono però vietate le pericolosissime processioni ed in generale gli assembramenti a scopo religioso; e difatti si registrò un’impennata dei contagi dopo un pellegrinaggio verso la collina su cui fu poi edificato il convento di sant’Orsola, oggi sito nel centro storico della città. Il morbo fu particolarmente virulento soprattutto a partire dal mese di marzo e parte della popolazione di Napoli cercò scampo nelle campagne diffondendo il morbo in tutta la zona circostante la capitale ed in molte aree del viceregno. Il bilancio fu drammatico: nella sola capitale si registrarono 200.000 morti su una popolazione di 450.000, con una media giornaliera di 2.000 morti al giorno che andò scemando in giugno fino all’esaurimento del picco in dicembre. La città fu quindi pesantemente piegata dal morbo, ma finita l’epidemia si riprese in tempi rapidi, ritornando a fine ‘600 ad essere la terza città europea per popolazione dopo Parigi e Londra.

Nell’epidemia del 1656 oltre al viceregno di Napoli fu colpita anche Roma, ed il contagio sembrerebbe essere dovuto ad un marinaio napoletano che passando per Civitavecchia portò il contagio nel Lazio; siamo nel maggio del 1656. Saputo dell’epidemia che aveva colpito Napoli, papa Alessandro VII istituì una commissione di sanità per prendere i dovuti provvedimenti atti ad evitare o quantomeno limitare il contagio nella Città Eterna: furono chiusi i tribunali e vietate le processioni, furono istituiti lazzaretti, poste in quarantena le zone in cui si erano sviluppati dei focolai, furono messi in quarantena i viaggiatori transitanti per la città, e si prese a disinfettare ambienti e superfici con aceto e verderame (ovviamente del tutto inutili). Ma nonostante i provvedimenti adottati, la peste arrivò e fu strage: su una popolazione di 100.000 persone ne morirono 22.000, ai quali vanno aggiunti 160.000 degli altri territori pontifici.

Nel complesso, in tutta l’Italia del centro-sud morirono per la peste del 1656 circa un milione di persone.

Marco Ammendola

Nell’immagine: Micco Spadaro “Piazza Mercatello durante la peste del 1656”, Napoli Museo nazionale di San Martino

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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