La separazione dal coniuge in tre fasi imprescindibili: prima, durante e dopo

Intervista alla Dott.ssa Viviana Morelli - Psicoterapeuta

Amiche ed Amici carissimi, mi sono più volte espressa in merito allo strazio provocato dalla fine di una storia, tuttavia credo vi sia un momento – “quel” momento”- ancor più doloroso della decretata fine, ovvero quello in cui ci si rende conto che tutto quell’amore che ci ha legati al nostro partner, è irrimediabilmente sfumato. Si tratta solo di decidere tra prolungare l’agonia, aggrappati – increduli – alla flebile illusione di sopravvivenza del solo surrogato di quel sentimento che è stato, e la determinazione a porre fine il prima possibile ad una condizione angosciante.

In sintesi, la scelta si pone tra l’accanimento terapeutico e l’eutanasia.

Chi afferma “voglio tentare il tutto per tutto” e chi sostiene “prima pongo fine a questa situazione, prima posso ricostruire una vita nuova”. Non credo esista la soluzione ideale, men che meno torto o ragione… al dolore ognuno reagisce con le risorse di cui dispone. A mio parere, prolungare l’agonia, equivale a logorare il rapporto sino a precludere la possibilità di salvare anche il lato affettivo, ma è pur vero che chi si ostina nel restare attaccato alla condizione di coppia, piuttosto che al partner, spesso lo fa per paura. Paura di affrontare il radicale cambiamento, paura della solitudine affettiva, paura di fronteggiare le difficoltà della vita con l’incertezza tipica della fragilità.

Crogiolarsi in quella situazione di sterile sopravvivenza che, solo perché “conosciuta”, abbiamo elevato a nostra zona di comfort o affrontare “l’ignoto” con fiducia in noi stessi? Vogliamo convincerci di essere fragili o di essere autonomi? Ricordiamo che le nostre convinzioni… creano la nostra realtà.

Da considerare che nella separazione si soffre anche per le difficoltà ed il dispiacere provocati ai figli. Purtroppo c’è chi, incapace di controllare le proprie emozioni, esplode in litigi in loro presenza, chi li “usa” come arma di ricatto verso il coniuge, creando traumi pressoché indelebili.

Spesso si colpevolizzano persone estranee alla coppia… Pur irragionevole, questo atteggiamento può rappresentare l’alibi: “se sua madre non si fosse intromessa…”, “se quella poco di buono non gli avesse aperto le braccia…”. Non sarebbe più obiettivo credere che se una coppia si ama è forte e quindi nessuno può avere alcun potere di dividerla?

Di questo ed altro ancora, parliamo con la cara Amica – Dott.ssa Viviana Morelli – Psicoterapeuta e Ipnositerapeuta Eriksoniana – nell’intervista allegata.

Un abbraccio!

Daniela Cavallini

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