Scienza

La vita dopo la morte: c’è qualcosa, dopo?

Uno studio prova a spiegarcelo

Uno degli interrogativi che più affascina ed inquieta l’uomo è senza dubbio l’esistenza di una vita dopo la morte. C’è chi, da credente, ritiene che l’anima venga resa al Creatore il quale, da Sommo Giudice ne deciderà il destino in base a come abbiamo vissuto questo suo dono.

Altre culture vogliono la reincarnazione, altre ancora che non vi sia nulla e che tutto termini quando il cuore cessa di battere.

A sconfessare quest’ultima teoria, almeno nelle intenzioni, c’è uno studio condotto dall’Università di Southampton e pubblicato su Resuscitation che lo ha svolto su un campione di oltre duemila persone rimaste vittime di arresto cardiaco in 15 ospedali britannici, americani ed austriaci. L’aspetto per molti versi sconcertante, è che secondo quanto riferito dal 40% dei soggetti, parrebbe esistere quella che viene definita “finestra di consapevolezza” ovvero, una sorta di fase di coscienza che si interpone tra l’arresto cardiaco e quindi, la morte clinica e la ripartenza del battito del cuore.

L’esperienza di premorte più significativa è quella vissuta da un uomo di Southampton, anch’egli rimasto vittima di arresto cardiaco per tre minuti. Una volta superata la crisi e ritornato alle normali funzioni vitali, il paziente ha riferito di aver visto con chiarezza gli infermieri che si adoperavano per salvarlo, ascoltato le loro parole e persino il rumore dei macchinari ospedalieri: il tutto da un angolo della stanza e quindi, fuori dal suo corpo. Secondo quanto dichiarato dal coordinatore dello studio, Sam Parnia, già ricercatore all’Università di Southampton ed oggi alla State University di New York, “sappiamo che il cervello non può funzionare quando il cuore smette di battere. Ma in questo caso la consapevolezza cosciente è continuata per più di 3 minuti nel periodo in cui il cuore non batteva, nonostante il cervello si disattivi 20-30 secondi dopo che il cuore si è fermato”. La fantasia sembra così non essere alla base di questo resoconto. Infatti, prosegue Parnia, “L’uomo ha descritto tutto quello che è accaduto nella stanza. Ma cosa ancor più importante, ha udito due beep di un macchinario che fa un rumore a intervalli di 3 minuti. Così possiamo misurare la durata della sua esperienza. Ci è apparso molto credibile: tutto quello che ci ha detto gli era davvero accaduto”.

Premesso che, degli oltre duemila pazienti colpiti da infarto ne sono sopravvissuti 330, di questi, 140 sostengono di aver avuto esperienze extracorporee. Tuttavia, c’è da dire che non tutte le testimonianze dei soggetti al centro dello studio coincidono, pur evidenziando alcuni denominatori comuni. Un soggetto su cinque ha riferito di un insolito senso di pace; un terzo ha riscontrato un’accelerazione od un rallentamento del tempo; altri sostengono di aver visto una luce intensa, chi un sole luminoso, chi una sorta di flash dorato. Altri soggetti, il 13%, hanno vissuto la netta sensazione del disgiungimento dal corpo; per altri è prevalsa la paura ed altri hanno raccontato di aver provato la percezione dell’annegamento. Infine, c’è chi ha raccontato di un affinamento dei sensi.

Naturalmente, noi de La Voce non ci sentiamo di assumere posizioni nette a vantaggio di una teoria, piuttosto che di un’altra: ci limitiamo a riferire le testimonianze dei protagonisti di fatti così delicati. Lasciamo quindi alla libertà di coscienza e di pensiero dei nostri lettori, ogni valutazione in merito.

Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo

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