LE DONNE SONO VENTO. Audrey Hepburn

Il coraggio di sfidare Hitler

È considerata un’icona della moda senza tempo. Musa dello stilista Givenchy, le sue ampie gonne, i sottili tailleur neri con grandi occhiali da sole, i pantaloni 7/8 con le ballerine, il tubino inventato da Chanel e reso immortale da Audrey, diventeranno l’immagine che tutte le donne vogliono copiare.

Dedica gli ultimi anni della sua vita soprattutto a progetti umanitari a sostegno dei bambini nei paesi poveri diventando ambasciatrice speciale dell’UNICEF, con il progetto Child Relief, viaggiando in molti paesi. Per questa sua attività riceverà nel 1993, anno della sua morte per cancro, un postumo Oscar onorario per meriti umanitari speciali. Un sito dedicato ad Audrey per UNICEF parla del suo impegno per dirottare l’attenzione del mondo verso i bambini più poveri. “Non dobbiamo dimenticarci mai di quei bambini che non conoscono la pace, che non conoscono la gioia né il sorriso. È’ a nome di questi bambini che io parlo, bambini che non hanno voce”.

Il 4 giugno di quest’anno è stato pubblicato il libro: “La guerra di Audrey – Storia di una ragazza coraggiosa che sfidò Hitler”, autore Robert Matzen, edizioni Piemme. Matzen parla dell’accurata ricerca di documenti, molti distrutti tempo fa negli Stati Uniti, i testimoni ormai scomparsi e quindi la sua attenzione si è spostata all’Olanda, dove Audrey ha vissuto durante il periodo della Seconda Guerra. La madre, la baronessa Ella van Heemstra, negli anni dal 1935 al 1941 era una sostenitrice dall’affascinante Hitler, sebbene poi cambiò idea visti gli sviluppi del regime e fu addirittura costretta a spostarsi; il padre, nobile inglese ha vissuto nell’ombra, fino a diventare figura evanescente dopo il divorzio con la moglie.

La Germania era in guerra con l’Inghilterra, perciò la madre costrinse Audrey a cambiare il suo nome per nascondere le origini paterne, la iscrisse alla quinta elementare anche se non sapeva la lingua. Il risultato fu drammatico, il passaggio dalla contea del Kent all’Olanda, paese sconosciuto, la segnarono profondamente. La madre, come la stessa Audrey riferisce, “…era una madre favolosa ma figlia della sua epoca. Era nata nel 1900, ancora sotto l’influenza vittoriana, all’insegna di una grande disciplina, di grandi valori morali. Aveva tanto amore dentro di lei, ma non sempre era in grado di esternarlo. Ed era molto severa. Io cercavo dappertutto qualcuno che mi coccolasse”.

Audrey assisterà agli orrori della guerra e dell’olocausto ebreo fin dalla tenera età. In un’intervista dirà: “Più di una volta sono andata a vedere i treni degli ebrei che dovevano essere trasportati. Mi ricordo, in modo chiaro, un bambino in piedi sulla banchina insieme ai genitori, molto pallido, biondo, e con un cappotto che era troppo grande per lui, ed egli salì su un treno. Ero una bambina che stava osservando un bambino. È passato molto tempo prima che noi capissimo cosa stava accadendo. Quando lessi “Il diario di Anna Frank”, ricomparve quel bambino dei miei ricordi”.

Audrey, crescendo, diventò una staffetta della Resistenza olandese, consapevole di mettere a rischio la propria vita e quella dei famigliari. Ballerina di gran talento, dopo ogni spettacolo riceveva mazzi enormi di fiori e biglietti di congratulazioni, deciderà di esibirsi in spettacoli clandestini proprio per finanziare la Resistenza. Aveva quattordici anni. I suoi figli, come riporta Andrea Dotti, dicono di non conoscere Audrey Hapburn, bensì una madre affettuosa e presente che parlava raccontando di bene e male, amore e misericordia, citando eventi e località dagli strani nomi del periodo olandese. Quella parte di vita, con le atrocità che portò con sé, segnò profondamente Audrey Hepburn. La lettura delle pagine di Anna Frank, sua coetanea che viveva a meno di cento chilometri da lei, fu per Audrey un forte shock perché la costrinse a rivivere i suoi traumi di quel periodo. Nel suo libro Anna dice a un certo punto: “Cinque ostaggi fucilati oggi”, uno dei quali era lo zio di Audrey, Otto, figura di spicco la cui mancanza non sarà mai superata a dovere. Anna descriveva in tutto e per tutto ciò che Audrey aveva vissuto nello stesso momento.

Di queste e molte altre dolorose vicende personali Audrey Hapburn non raccontò mai nulla, nelle interviste rilasciate come star hollywoodiana, sviando sempre il discorso. La sua vita privata, oltre a quella apparsa sui rotocalchi, è sempre rimasta nell’ombra. Fino alla pubblicazione di questo libro, la cui prefazione è di Andrea Dotti, figlio della Hepburn, che per Mondadori ha pubblicato quattro anni fa “Audrey, mia madre”.

“In effetti partecipai a vari spettacoli clandestini per raccogliere fondi destinati al movimento di Resistenza olandese. In quei recital danzavo, creando personalmente le coreografie e mia madre cuciva i costumi”.

Patrizia Massi

Foto: Getty Images

Exit mobile version
Vai alla barra degli strumenti