Le donne sono vento

LE DONNE SONO VENTO. Gualberta Alaide Beccari

Professione giornalista: educare la nuova donna. L’emancipazione femminile con un periodico

“Non tutti hanno compreso l’umanitario principio che dal dirozzamento della mente femminile, arriveranno per naturale conseguenza, al dirozzamento delle masse”.

Il vasto mondo femminile subisce la forte influenza del pensiero della Beccari nella seconda metà del 1800, dando vita ad associazioni, salotti e comitati che sostengono l’emancipazione della donna, modificando così la vecchia concezione della società. Gualberta Beccari diviene portavoce, all’età di 26 anni, della complessità femminile tramite la sua rivista “La Donna” la cui prima uscita è il 12 aprile 1868, che si diffonderà su tutto il territorio nazionale.

Come lei stessa dice: “Fin dall’età mia più giovane io anelavo alla palestra giornalistica, ma non per iscendervi a combattere solo per i diritti femminili, bensì per quelli della mia patria, e per tutto ciò che potesse migliorare le condizioni politiche e morali”.

Scrisse anche opere teatrali e diresse “Mamma”, un giornalino per l’infanzia. Tuttavia “La Donna” fu l’opera alla quale votò totalmente se stessa. Emancipazione, educazione, famiglia non sono in antitesi tra loro. Anzi è proprio la famiglia “il centro morale d’azione per la donna”. Pensiero innovativo per l’epoca, la Beccari affermava con enfasi che la sua intenzione non era rendere la donna libera al di fuori della famiglia distruggendola, ma esattamente il contrario, fortificarla, perché una donna emancipata e libera dall’ignoranza, con la sua superiorità morale, sarà una perfetta istitutrice e fonte di esempio per il rinnovamento della società. La miseria materiale e intellettuale rappresentano le vere minacce per le virtù femminili e quindi per la società.

Il periodico, stampato inizialmente a Padova sua città natale, si distingueva nettamente dalla stampa femminile dell’epoca che era frivola, consumatrice e si occupava essenzialmente di moda con l’intento di mantenere la donna nella sua condizione conservatrice. “La Donna” invece non aveva illustrazioni perché intendeva mettere in risalto l’emancipazione sostenendo l’intento che solo partendo dall’educazione della donna si può cambiare la società perché sarà colei che educherà i figli che comporranno la società del domani.

“Dovete educarvi ed educare, perfezionarvi e perfezionare perché l’esistenza terrestre è limitatissima, ma l’umanità continua per generazioni…per contribuire cioè al processo di miglioramento e progresso collettivo che le generazioni, lentamente ma continuamente promuovono”.

Fu proprio con finalità di formazione delle giovani donne che venne ideata e realizzata la rivista. Molte furono le collaboratrici famose che tuttavia dovevano dimostrare non solo capacità professionali ma anche un grande spirito di abnegazione e la volontà di condurre una lotta all’avanguardia dei tempi. Era infatti il primo giornale scritto e diretto solo da donne. La Beccari stessa, in una lettera autografa ritrovata, chiedeva che le fossero inviate solo collaboratrici donne.

Scorrendo le pagine de “La Donna” si incontrano intere sezioni dedicate all’annuncio dei successi (diplomi, lauree, vittorie in concorsi) di donne dell’epoca. Con questo la Beccari voleva dimostrare che le donne, con la giusta istruzione e buona volontà, potevano uscire dai canoni che la società imponeva loro: quello di essere destinate alla carriera matrimoniale e che qualunque attività extradomestica fosse da considerarsi disonorevole. Furono pubblicate anche numerose opere poetiche e pagine di letteratura prodotte da autrici famose o sconosciute; ciò, oltre a permettere alle lettrici di aumentare le proprie conoscenze, consentì alle autrici di tali scritti di iniziare ad affermarsi nel campo delle lettere e della cultura, un campo fino ad allora appartenuto quasi esclusivamente alla sola componente maschile della società.

“Noi donne non conosciamo ancora la forza di quel gran detto: Nell’unione sia la forza. Siamo unite, associamoci tutte. Nell’associazione sta la leva del progresso”.

L’associazione fu dunque un altro principio fatto proprio dalle giornaliste del periodico: “Fondando questo Giornale, intendemmo stabilire fra noi una comunione d’idee, un mutuo insegnamento, un’associazione a cui ognuna sottoscrivendosi venisse a contribuire di quanto potesse alla riforma sociale che si vuole e urge introdurre”.

Morì nel 1906 a Bologna, città che ne conserva i resti alla Certosa.

Patrizia Massi

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Patrizia Massi

Il più grande destino è quello di imparare molte cose
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