Storia

Pietro il Grande, lo Zar che trasformò la Russia in una nazione europea

Un sovrano innovatore, spregiudicato e spietato che portò la Russia nella modernità

Agli inizi del ‘700 l’Europa entrava in quel secolo dei lumi che vide la nascita di idee incentrate sui principi di uguaglianza e libertà, in cui spiccarono grandi scienziati come Lavoisier, Volta e Newton, e filosofi quali Voltaire in Francia, Kant in Germania, Locke in Inghilterra, Verri e Vico in Italia.

In questo panorama di civiltà e progresso c’era però una nazione, anzi la più grande nazione del Vecchio Continente, in cui la realtà era tutt’altra: un territorio che viveva una condizione di arretratezza, isolamento e povertà, un paese che non aveva un’università e in cui non si pubblicava neanche un giornale, e una società dominata da una Chiesa oppressiva e conservatrice: questo era la Russia agli inizi del nuovo secolo.

A rendersi conto che si dovesse dare una svolta e mettersi al passo con le altre grandi nazioni europee, fu un sovrano che per l’opera di riforma e ammodernamento epocale che impresse al suo regno, si meritò quell’appellativo che spetta a tutti i monarchi che hanno segnato un’epoca: Pietro il Grande.

Il futuro Zar nacque il 9 giugno del 1672 e visse la propria giovinezza tra congiure di palazzo, rivolte e violenze di piazza (tutte cose che ebbero un’influenza decisiva sulla formazione del futuro Zar), mostrando fin da giovanissimo una sana curiosità ed un particolare interesse per usi, costumi e vicende europee.

Da giovane sovrano arrivò a costringere le famiglie nobili ad inviare i loro rampolli all’estero perché si istruissero sulle innovazioni, gli studi e le tecnologie più moderne; dopodiché, nel 1697, fece un lungo  viaggio presso i principali paesi europei insieme ai suoi più stretti collaboratori, spesso viaggiando in incognito.

Non rivelando la propria identità, se non quando doveva presentarsi al regnante del paese in cui giungeva, Pietro si mischiava tra la popolazione, parlava con tecnici e artigiani locali, particolarmente dove vi erano importanti cantieri navali, facendosi anche ingaggiare come semplice operaio in un cantiere presso Amsterdam, al fine di carpire i segreti della costruzione delle grandi e moderne navi dell’epoca; inoltre, durante il suo viaggio ingaggiò un migliaio tra scienziati, studiosi, medici e ingegneri, che spedì in Russia.

Nel luglio del 1698 però, quando si apprestava a raggiungere Venezia, giunse la notizia che in patria era in corso la ribellione degli strelizzi, una milizia autonoma che intendeva detronizzare Pietro e mettere sul trono la sua sorellastra Sofia; la ribellione venne stroncata dai fedelissimi dello Zar il quale, una volta rientrato, fece torturare e uccidere 1.182 ribelli, partecipando attivamente alle torture e decapitandone personalmente diverse decine.

Con quelli più giovani fu però ”clemente”: ebbero il volto sfregiato, orecchie e naso mozzati, e furono esiliati. Sofia fu costretta a prendere i voti e rinchiusa in un monastero per il resto della sua vita.

Lo Zar passò poi a riformare profondamente la società, gli usi e i costumi della vecchia Russia, vetusta e antiquata. Adottò per se e per la sua corte abiti di taglio occidentale, riformò il calendario imponendo che l’anno cominciasse col 1° gennaio (in Russia il primo giorno dell’anno era sempre stato il 1° settembre, secondo il calendario bizantino), e volle che il calcolo degli anni avesse come punto d’inizio la nascita di Cristo e non più la creazione del mondo, com’era stato fino ad allora.

Impose infine l’obbligo di tagliare la barba, che fino a quel momento tutti gli uomini in Russia portavano, e che era considerata una componente fondamentale, quasi sacra, sul volto di qualunque maschio russo. Colpendo così profondamente le ataviche tradizioni e gli antichi costumi della Russia, lo Zar si procurò l’odio del clero e della nobiltà, ma il suo potere era assoluto e Pietro sapeva come tenerlo strettamente in pugno, reprimendo sul nascere e con la più assoluta ferocia qualunque accenno di dissenso.

Passò poi a saldare i conti con lo storico nemico della Russia: nel 1700 dichiarò guerra alla Svezia di Carlo XII, che da tempo occupava illegittimamente alcune province russe. Le sconfitte inizialmente subite, convinsero Pietro della necessità di estendere la sua opera di ammodernamento anche all’esercito, che in breve tempo divenne uno strumento bellico potente e temuto, unitamente alla creazione di una grande flotta da guerra, di cui fino ad allora la Russia era stata sostanzialmente priva.

Nel frattempo, continuava l’opera modernizzatrice con la fondazione della città di San Pietroburgo nel 1703, il potenziamento dell’industria, la standardizzazione dei pesi e delle misure, la creazione di scuole e accademie scientifiche e la pubblicazione del primo giornale russo.

Intanto la campagna militare volgeva a favore di Pietro: la flotta russa batté ripetutamente quella svedese, e l’8 luglio del 1709 l’esercito dello Zar sconfisse clamorosamente gli svedesi nella storica battaglia di Poltava. La vittoria diede a Pietro un grande prestigio internazionale, facendo della Russia una potenza militare e una protagonista indiscussa delle vicende europee per i secoli successivi.

Per quanto riguarda la sua discendenza, Pietro ebbe dalla prima moglie un figlio, Aleksej, che sarebbe dovuto essere il suo legittimo erede; ma il giovane avversava l’opera riformatrice del padre, tanto da ordire una congiura contro di lui. Pietro scoprì il complotto e fece imprigionare ed uccidere i complici di Aleksej, il quale fu esso stesso arrestato e torturato, morendo di colpo apoplettico durante le torture ma, secondo una versione non dimostrata, fu ucciso dallo stesso Zar.

Dato che una riforma voluta dallo stesso Pietro attribuiva allo Zar la facoltà di designare il proprio erede, anche scavalcando il diritto di primogenitura, fu scelta come erede al trono la seconda moglie di Pietro, la Zarina Caterina, donna di umili origini.

Pietro il Grande morì per una grave infezione l’8 febbraio del 1725, lasciando in eredità al popolo russo una nazione che da li in poi sarebbe stata Grande, proprio come l’uomo che tale l’aveva resa.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa

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