Riparare il cuore colpito da infarto? Presto sarà possibile grazie ad una nuova terapia genica

I ricercatori italiani hanno trasferito sequenze di informazione genetica, chiamate micro-Rna, regolando l’espressione di altri geni. Lo studio ha aperto una nuova fase nel trattamento delle patologie cardiache

È tutta italiana la terapia genetica che “aggiusta” il cuore colpito da infarto, stimolando la rigenerazione delle sue cellule. La tecnica, sperimentata su esemplari di maiale, è il frutto della collaborazione tra Icgeb (Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia) di Trieste e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed ha aperto a una nuova fase nel trattamento delle patologie cardiache.

I ricercatori italiani, guidati da Mauro Giacca dell’Icgeb e Fabio Recchia della Scuola Sant’Anna, hanno trasferito nel cuore di maiale colpito da infarto, sequenze di informazione genetica chiamate micro-Rna (in questo caso specifico microRNA-1999) le quali hanno disciplinato l’espressione di altri geni.

Come si è avvenuto esattamente l’innesto? La sequenza microRNA-199 è stata inserita all’interno del tessuto del cuore grazie a un virus, reso inoffensivo e utilizzato come spola. Una volta raggiunto il punto nevralgico, l’unità ha stimolato la rigenerazione del cuore nel maiale, portando al recupero quasi completo della sua funzionalità un mese dopo l’infarto.


Il risultato positivo è arrivato dopo 15 anni di tentativi fallimentari con le cellule staminali, proprio come ha spiegato Giacca dell’Icgeb: “Per la prima volta abbiamo compreso come sia possibile riparare il cuore in un animale di grossa taglia stimolando direttamente le proprietà delle cellule cardiache sopravvissute al danno”.

I due coordinatori della ricerca hanno sottolineato che questo “è solo l’inizio e che ci vorrà un po’ di tempo prima di poter iniziare la sperimentazione clinica utilizzando questa nuova terapia. Questo perchè il trattamento finora è stato condotto con un virus modificato, ma ciò non consente di controllare in maniera precisa il dosaggio o effetti indesiderati a lungo andare. Per questo – hanno precisato –  dobbiamo imparare a somministrare l’Rna come se fosse un farmaco sintetico. Sappiamo che è possibile, perché abbiamo già visto che funziona nei topi”.

Il fatto che il cuore del maiale risulta essere molto simile a quello umano, sia dal punto di vista anatomico che fisiologico, rappresenterà una semplificazione nel trasferire i risultati ottenuti sugli animali, anche sull’uomo.

Beatrice Spreafico

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