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STATI GENERALI. BONOMI SFERZA IL GOVERNO SULLA CASSA INTEGRAZIONE: CONTE AMMETTE I RITARDI

Nervi tesi alla quarta giornata, con Confindustria che va all'attacco dell'Esecutivo. Conte: "Non rispondo dei problemi strutturali"

Si è svolta ieri a Villa Pamphilj, la quarta giornata degli Stati Generali presieduta dal premier, Giuseppe Conte. Al tavolo, Confindustria, Ance, Anfia, Confapi, Confimi, Unimpresa, Confimpreseitalia, Confetra, Confservizi, Conflavoro Pmi Ucid, Finco e Cepi.

La giornata è stata caratterizzata dal duro attacco sferrato dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi che non ha risparmiato nulla in termini di critiche al Governo.

“La cassa integrazione è stata anticipata in vasta misura dalle imprese e così sarà per ulteriori 4 settimane”, ha affermato Bonomi sottolineando che ci sono stati “gravi ritardi anche per le procedure annunciate a sostegno della liquidità”. “Le misure economiche italiane si sono rivelate più problematiche di quelle europee”, ha aggiunto.

“L’impegno contro una nuova dolorosa recessione può avere successo solo se non nascondiamo colpe ed errori commessi da tutti negli ultimi 25 anni”, ha detto ancora Bonomi. “Ora si onorino i contratti-debiti verso le imprese”.

“Chiedo immediato rispetto per la sentenza della Magistratura che impone restituzione di 3,4 miliardi di accise energia, impropriamente pagate dalle imprese e trattenute dallo Stato nonostante la sentenza della Corte di Cassazione che ne impone la restituzione”, ha rimarcato il leader di Confindustria.

Dal canto suo, Conte ha abbozzato una linea difensiva. “Qualcuno crede che questo governo abbia un pregiudizio nei confronti della libera iniziativa economica. Voglio precisarlo molto chiaramente: le misure che abbiamo elaborato e inserito nei nostri provvedimenti sono dedicate al sostegno delle imprese. Da parte di questo governo c’è una costante attenzione per il sostegno alle imprese. Per noi l’impresa è un pilastro della nostra società”, ha affermato il premier.

“Da questo piano per il rilancio, noi, parallelamente, terminato questo ciclo di incontri, già dalla prossima settimana inizieremo a ricavare la versione finale. Non abbiamo tempo. Una volta ricavata la versione” definitiva, “andremo a declinare delle priorità, a dare una prospettiva diacronica ai progetti. Dopodiché ricaveremo il più stretto Recovery Plan – quello su cui chiederemo i finanziamenti all’Ue – che presenteremo a settembre”, ha aggiunto Conte.

“Se da tanti anni in termini di PIL o produttività il Paese è al di sotto della media europea evidentemente ci sono problemi strutturali che si trascinano. Però la questione non prevede di piangersi addosso, bensì la predisposizione del governo è nel valutare le prossime misurare che bisognerà adottare nell’immediato. Questo è un piano, da qui non ci distraiamo neppure in questi giorni, siamo anche in costante aggiornamento con i nostri uffici per contribuire alla messa a terra delle misure che abbiamo varato”, ha spiegato il Capo del Governo.

“Il quadro macroeconomico si presenta molto complesso: abbiamo capito tutti che questa emergenza avrebbe portato con sé alti costi, oltre che umani, economici e sociali. Peraltro da un confronto che manteniamo sempre aggiornato con le maggiori autorità economiche nazionali, europee, internazionali, abbiamo convenuto sul fatto che l’incertezza che si è scatenata non verrà sciolta certo nel giro di qualche mese”, ha proseguito Conte.

“Qui ci sono dei problemi strutturali, se non li affrontiamo adesso difficilmente avremo un’altra occasione. E dobbiamo affrontarli assieme. Questo governo ha la chiara consapevolezza che non intende trattare i fondi Ue come il proprio tesoretto”, ha detto ancora il premier. “Sarebbe sbagliato affrontare questa prospettiva con quest’atteggiamento”.

“Con la riapertura delle attività non si è ripristinato un circuito dei consumi ordinario rispetto allo status quo ante. Proprio stamattina l’Istat ha pubblicato gli ultimi dati sul fatturato dell’industria ad aprile: sono cifre che fotografano una congiuntura drammaticamente difficile. Il fatturato è calato del 29,4% rispetto a marzo, del 23,9% nella media dello stesso trimestre del 2019, il calo del fatturato è esteso sia al mercato interno che a quello estero e questo raddoppia l’effetto discesa, la caduta”.

“Ci siamo trovati a fare interventi – penso alla Cassa integrazione – che normalmente facevamo nell’arco di cinque o sei anni. Stesso discorso anche per le necessità delle imprese, dove c’erano aspettative di pochi giorni e poche settimane. E’ chiaro che delle criticità si sono rivelate e anche sulla prospettiva della liquidità non è sufficiente disegnare un modello normativo pensando che possa conformarsi all’unisono in maniera perfetta. Facciamo ammenda per eventuali carenze che si stanno dimostrando e abbiamo l’umiltà di ammettere ritardi ed errori. Fermo restando che certo non possiamo essere chiamati a rispondere di carenze strutturali che il sistema Italia si porta dietro da circa 20 anni”, ha rimarcato Conte.

Riferendosi poi al Recovery Fund, Conte ha dichiarato: “Se ritarderemo le risposte potremo certificare il fallimento del mercato Unico, dei pilastri dell’Ue. Salterà tutto, il mercato Unico, il trattato di Schengen, salterà la protezione del benessere dei cittadini europei, delle imprese, delle famiglie. Perché è evidente che se non si interviene uno shock sinergico coinvolgerà tutti. Ma all’esito di queste macerie avremo dei paesi che avranno dimostrato una maggiore resilienza, sono forti dello spazio fiscale che non tutti hanno e l’idea di Europa non la recupereremo più. Venerdì ci sarà un passaggio molto importante con il Consiglio europeo, anche se non determinante. La partita decisiva sarà a luglio”.

Parole di allarme sono giunte anche dal presidente dell’Ance Gabriele Buia:”Il nostro settore è in crisi da 12 anni. Siamo l’unico settore che ancora non è uscito dalla crisi del 2008: perché? Questo arresto della produzione dovuto al lockdown rischia di dare la mazzata finale alle nostre imprese”. “Altre 60.000 imprese del settore (Cerved) e 300.000 lavoratori a rischio nei prossimi mesi (oltre alle 130.000 già perse in 10 anni di crisi)”, ha aggiunto Buia, rimarcando che “per farlo bisogna aver la forza di dire basta!”.

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Redazione La Voce

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