Nel 100% dei pazienti analizzati è stata rilevata la presenza degli anticorpi IgG, quelli prodotti durante la prima infezione e che proteggono a lungo termine
Continuano gli studi per contrastare e debellare il coronavirus in tutto il mondo. Il più recente: uno studio della Chongqing Medical University, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, ha rivelato che i pazienti guariti dal coronavirus sviluppano sempre gli anticorpi protettivi al virus.
Da un’analisi di 285 pazienti, infatti, è stata rilevata la presenza degli anticorpi IgG, quelli prodotti durante la prima infezione e che proteggono a lungo termine, esattamente nel 100% dei pazienti. Una dimostrazione chiara che il test sierologico può essere utile per diagnosticare i soggetti sospetti.
Dai Centri Coreani per il Controllo e la Prevenzioni delle Malattie (KCDC), la struttura scientifica sudcoreana che si occupa delle epidemie, arriva poi un ulteriore contributo alla lotta contro il coronavirus: pazienti considerati guariti sono risultati nuovamente positivi al test per il Covid-19 (277 casi del genere riscontrati, secondo l’agenzia di stampa Yonhap); ad indicare che questi soggetti potrebbero avere nel loro organismo ancora frammenti di virus, ma inattivo.
Come scoprirlo? Per diagnosticare la presenza del nuovo coronavirus, la Corea del Sud utilizza un test della reazione a catena della polimerasi (PCR) che va a intercettare le informazioni genetiche contenute nell’RNA – l’acido ribonucleico – del virus. Il test è in grado di rilevare anche piccole quantità di RNA virale nelle cellule, anche dopo che il paziente è guarito.
Oh Myoung-don, capo del comitato scientifico sudcoreano, ha spiegato: “Il virus non invade il nucleo della cellula combinandosi con il Dna del paziente. Questo significa che il virus non crea un’infezione cronica. Inoltre, non risulta che possa restare dormiente nel nucleo della cellula”.
Beatrice Spreafico