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Calciomercato e coronavirus: come cambieranno gli scenari per le società

Calciomercato e coronavirus: come cambieranno gli scenari per le società

Addetti ai lavori e tifosi da tempo si domandano se e come potranno ripartire i campionati di calcio nelle varie federazioni. A questo interrogativo se ne aggiungono di conseguenza altri, in quanto, in caso di non ripartenza, non è chiaro se ed in che misura verrebbe assegnato lo scudetto, quali squadre potrebbero guadagnarsi un posto nelle coppe, o ancora chi verrebbe promosso dalla Serie B o retrocesso nella serie cadetta.

Ma, al netto di questi legittimi quesiti, ed al netto anche delle inevitabili polemiche, qualsiasi decisione dovesse essere presa, ciò che molte società si chiedono è cosa ne sarà della prossima stagione a livello economico, vista la pandemia in atto per buona parte di quest’anno. Sicuramente molto dipenderà anche dalle prestazioni dei calciatori nel periodo precedente. La percezione è che, qualunque sarà la durata del tempo effettivo di questa lunga sosta, il mondo del calcio si stia avviando verso un tipo di mercato più che altro conservativo, mantenendo in buona sostanza le attuali rose di giocatori, anche e soprattutto in considerazione dell’emergenza Covid-19, che di fatto costringerà molte società a rivedere i propri programmi di calciomercato a causa delle gravi perdite economiche.

Si tratterà magari di far girare meno capitali, ricorrendo a scambi di natura tecnica o valorizzando quei settori giovanili che hanno fatto la fortuna di diverse società, italiane e straniere. È stato infatti calcolato che, nel caso il campionato di Serie A in Italia non dovesse ripartire, si verificheranno perdite di circa 750 milioni di euro, in Spagna un miliardo, poco di più per quanto riguarda la Premier League.

Le due direttrici sembrano dunque essere quella del valorizzare la propria rosa e nel contempo contenere le spese puntando a pochi ma essenziali innesti, il tutto all’insegna magari degli scambi di giocatori tra squadre. Ovviamente le società coinvolte in tali operazioni non hanno alcuna intenzione di rinunciare a tutti quegli introiti, oltretutto ciò significherebbe la fine finanziaria delle altre squadre più piccole, che di fatto sopravvivono, in una sorta di effetto mikado, proprio grazie alle grandi società. La mancata ripresa dei campionati dunque potrebbe significare anche probabili saccheggi di giocatori a prezzi stracciati, quindi oltre al danno ci sarebbe anche la beffa.

Sicuramente assisteremo ad un calciomercato differente rispetto al passato, non vedremo più le cifre da capogiro che puntualmente, arrivati a questo punto dell’anno, iniziavano a circolare. Non assisteremo nemmeno alle grandi speculazioni delle passate stagioni. Certo, ci sarà sempre il rischio che le società più solide dal punto di vista economico potrebbero avvantaggiarsi per la loro posizione e aggiudicarsi la possibilità di fare buoni affari accordandosi con società che badano più a vendere, quindi a monetizzare. Operazione, questa, resa possibile da un oculato scrutinio mirato a giocatori su cui indirizzare il proprio focus per tempo.

Qualcuno cercherà di guardare in casa propria, nel tentativo di limitare gli acquisti a pochi colpi – ma certi – e non a cifre mirabolanti. Un altro rimedio sarebbe quello di ricorrere ai settori giovanili, ma per fare questo in Italia occorrerebbe una vera e propria rivoluzione. Negli ultimi tre anni infatti soltanto un giocatore su quattro in Serie A proviene dal settore giovanile; spesso quelli considerati più talentuosi vengono mandati a farsi le ossa in altri campionati.

Un tempo squadre come Parma e Torino avevano vivai molto forti, grazie anche alle società satellite; poi nel tempo Milan e Roma si sono contese questo piccolo, ma anche grande, obiettivo, mentre negli ultimi anni si è fatta avanti l’Atalanta, puntando sul binomio valorizzazione-integrazione di giocatori emergenti dalla Primavera – non a caso spesso prima in classifica nella sua categoria – e adatti al gioco tanto caro a Gasperini.

Donatella Swift

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Redazione La Voce

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