Musica

I Decibel infiammano il Teatro Nazionale di Milano

Grande rock ieri sera con Ruggeri, Muzio, Capeccia ed un Midge Ure in grande spolvero

Milano, 21 maggio – “Se hai sangue nelle vene e midollo nelle ossa, son finite le tue pene: il rock ti dà la scossa”. Questa frase era scritta sulla porta di una delle sale d’incisione della vecchia CGD che per anni fu la casa discografica di Enrico Ruggeri. Parole di tanti anni fa, attualizzate ieri da un’esibizione magistrale del cantautore milanese che, con Silvio Capeccia e Fulvio Muzio ha ricomposto ormai da più di un anno i Decibel, la band che nel 1980 salì sul palco dell’Ariston per spiegare cosa fosse il rock ad una platea abituata a rime baciate, belle quanto si vuole ma un po’ arcaiche.

Chi ieri sera ha avuto l’opportunità di essere al Teatro Nazionale di Milano, ha visto fare musica ad altissimi livelli e senza artifici: né sonori, tanto meno coreografici. Quando c’è spessore artistico, non si pone l’esigenza di ricorrere al fumo da gettare negli occhi di coloro che ascoltano. I Decibel questo lo sanno bene ed è questa consapevolezza che ha fatto loro sottolineare la musica proposta con energia, alla faccia del tempo che è passato: con il rock non si invecchia mai!

E così che Enrico Ruggeri divertendosi anche con la chitarra e la batteria, Silvio Capeccia circondato da tastiere e Fulvio Muzio che si dibatte tra chitarra, tastiere e voce, fanno venire la pelle d’oca. Ad accompagnarli, una sezione ritmica data da due marziani: l’enorme (e non solo in senso artistico) Fortu Sacka al basso ed Alex Polifrone alla batteria: lo chiamano ‘Il Polipo’ perché, come sottolinea Ruggeri, non si riesce a capire come faccia a fare ciò che fa, con soli quattro arti. Paolo Zanetti, un eccellente professionista delle 6 corde della chitarra. Ed ancora, Francesco Lupi alle tastiere e Davide Brambilla, detto ‘Billa’ che con la sua tromba incanta il pubblico con ‘Buonanotte’ e ‘Sally Go Round’.

Un cammino di “27 tappe” tra i sentieri del rock, cominciato con l’intro de ‘L’Anticristo’ e concluso con il brano presentato a Sanremo, ‘Lettera dal Duca’. In mezzo, il nuovo ed il meno nuovo ma che pare essere stato scritto ieri mattina. ‘Noblesse oblige’, ‘Universi paralleli’ e ‘La Banca’, opere realizzate tra l’anno scorso e quest’anno, ben si incastonano con ‘Indigestione disko’ del 1979, ”Polvere’ del 1983 e l’immarcescibile ‘Contessa’ del 1980.

A rimarcare che esistono brani senza tempo, arriva da Glasgow un signore che al rock dà del tu: si affaccia sulle note di ‘Pernod’ e risponde al nome di Midge Ure. Ai cinquantenni ed ultracinquantenni in sala, si ferma il battito cardiaco: la sua presenza era stata ampiamente annunciata ma un conto è saperlo, un conto è vederlo sul palco, muoversi, divertirsi e fare musica con i nostri tre. A guardarli c’è bisogno di consultare un calendario per rendersi conto che siamo nel 2018 e non nel 1980: la loro è la vitalità dei ventenni che quasi non ci si crede, ma è la passione in ciò che si fa a produrre questi risultati.

MIdge Ure, al pubblico milanese regala ‘Hymn’ e ‘Dancing With Tears in my Eyes’, a ricordare i suoi trascorsi con gli Ultravox. Segue l’omaggio al ‘Duca Bianco’, David Bowie con ‘Starman’. Ure lascia il palco ai Decibel ma solo per qualche altro brano: il finale è tutto loro con ‘Lettera dal Duca’, eseguita insieme come all’ultimo Festival di Sanremo. A proposito… stavolta la chitarra di Midge Ure funzionava!

Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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