Calcio Serie A

Milan: Gattuso si dimette

Scioglimento senza buonuscita per il tecnico

Gennaro Gattuso non è più l’allenatore del Milan; la separazione tra il tecnico e il club ha assunto carattere ufficiale nel tardo pomeriggio di ieri, dopo aver iniziato ad impregnare l’aria già domenica sera, quando il successo sul campo della SPAL si è rivelato insufficiente a garantire ai rossoneri l’ingresso nella prossima Champions League.

Le dimissioni dell’ex numero 8 sono arrivate con dolorosa discrezione e sono state accettate da Ivan Gazidis, attuale plenipotenziario in via Aldo Rossi, che ha riconosciuto la sincera abnegazione del tecnico. Ovviamente, verrebbe da dire, nessuno strascico economico; fenomeno insolito nel calcio di oggi, eppure perfettamente coerente con il carattere schietto ed autentico di Gattuso, che per sé non ha preteso nulla, se non che ai suoi collaboratori venissero garantiti gli emolumenti relativi ai prossimi ventiquattro mesi.

Lo scioglimento del rapporto non si fonderebbe sul quinto posto (da più parti ritenuto deludente) raggiunto in campionato, quanto su visioni incongruenti dell’immediato futuro della squadra. Non c’è da sorprendersi, peraltro su questo aspetto; da un lato del tavolo sedeva infatti un “uomo verticale”, desideroso di imprimere nuova sostanza sportiva ad un gruppo che ha perso il ricordo delle proprie ascendenze nobiliari e che proprio attraverso la figura di Gattuso aveva ritrovato, soprattutto in termini di approccio alla partita, un leader emotivo di spessore. Dall’altro lato, viceversa, la gestione del club è in mano a quello che di fatto è un delegato finanziario del fondo Elliott, il cui obiettivo, diversamente, è quello di ricostituire una solidità di bilancio, prima di proporre un Milan senza debiti al mercato degli investitori.

La sintesi, probabilmente, è tutta qui, con un uomo di sport che troppo a lungo si è dovuto barcamenare in un ambiente immerso nella finanza. Nonostante ciò, tuttavia, nel corso dei diciotto mesi trascorsi sulla panchina del Milan, qualcosa si è andato via via incrinando. Giunto con un curriculum tecnico poco vincente e non proprio accattivante per i palati fini dei sostenitori del Milan, l’allenatore calabrese ha fondato la propria credibilità sullo stesso ardimento che dispensava in campo quando era giocatore; per molto tempo, la leadership caratteriale di Gattuso ha pagato e la squadra ha dato l’impressione di essere disposta a gettarsi nel fuoco per il proprio condottiero.

Il derby di ritorno ha costituito lo spartiacque; l’Inter sembrava allo sbando, il Milan (che pure non aveva brillato nelle precedenti uscite, comunque vincenti, con Chievo e Sassuolo) cavalcava un’incredibile ascesa che lo aveva condotto fino al terzo posto, proprio sopra i cugini. Il successo nerazzurro e, ancora di più, la sceneggiata tra Kessié e Biglia ha smascherato il Milan che da allora non è stato più lo stesso, perdendo punti e fiducia.

Le settimane successive hanno poi testimoniato un’ulteriore erosione dei rapporti con la squadra, fino a far maturare nel tecnico l’idea che si fosse giunti ad un punto di non ritorno. E, da uomo umile e consapevole, Gattuso non ha potuto far altro che fermarsi senza pretendere di andare oltre le proprie possibilità; esattamente come fece a Berlino nella finale con la Francia del 2006, quando, per il bene dell’Italia, si autoescluse dai rigoristi. Allo stesso modo, per il bene del Milan, Gattuso ha ritenuto fosse il momento di salutare; per il bene del Milan, non per il bene proprio. Per amore del Milan e non di una poltrona redditizia.

“Ti lascio perché ti amo troppo”, recitava il titolo di un film di qualche anno fa; ma se, spesso, suona come la scusa di chi nel cuore ha già qualcun altro, la stessa frase diventa incredibilmente vera se pronunciata da Gennaro Gattuso, uomo semplice, uomo di terra, innamorato del calcio e innamorato del Milan. Soprattutto, innamorato del Milan.

Gigi Bria

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Gigi Bria

Le cose migliori arrivano per caso. Per caso, ormai dieci anni fa, iniziai ad insegnare diritto ed economia politica in una scuola superiore di Milano. Sempre per caso, qualche anno fa, mi fu proposto di scrivere. Ho visto "La Voce" quando era ancora un embrione; ora è il giovane figlio di cui mi prendo cura ogni giorno parlando di sport e dirigendone la relativa redazione. Seguo il mondo del calcio, confidando di riuscire a non far mai trasparire la mia pur blanda fede calcistica.
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