Politica

NON C’E’ PACE PER SALVINI

Il Tribunale dei Ministri di Catania chiede il rinvio a giudizio del Vicepremier per il caso della nave 'Diciotti'. Lui: "Vado avanti"

Il Ministro dell’Interno e Vicepremier, Matteo Salvini, al di là di ogni ragionevole dubbio, è la figura più invisa del Governo gialloverde. Le sue posizioni anti-immigrazione e certe sue esternazioni, talvolta fin troppo colorite e assai poco istituzionali (almeno per come siamo abituati a vedere un Ministro), non passa giorno che non lo mettano al centro delle polemiche. Ormai è una storia di attacchi continui, talvolta pretestuosi ma figli di un’opinione che si sta diffondendo anche tra coloro i quali, sino a qualche mese fa, ne osannavano le gesta.

Salvini viene ormai messo in discussione su tutto: indossa una divisa e non va bene; mangia pane e Nutella facendosi un selfie, e non va bene neanche questo. Il web si scatena nel dileggio o nelle critiche, quando non si arriva a becere minacce esplicite.

L’ultima grana, in ordine di tempo gli arriva dal Tribunale dei Ministri di Catania che, in contraddizione con la richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica del capoluogo etneo formulata a novembre scorso, lo ha rimesso sul banco degli imputati, chiedendo l’autorizzazione a procedere per la vicenda della nave ‘Diciotti’.

E’ Salvini stesso a spiegare, prima con un post su Twitter e poi in una diretta Facebook, quello che si sta riproponendo. “Ci riprovano. Rischio da 3 a 15 anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi dei clandestini in Italia. Non ho parole. Paura? Zero. Continuero’ a lavorare per difendere i confini del mio Paese e la sicurezza degli Italiani!”. “Sì lo rivendico, lo confesso e lo ammetto: ho bloccato la procedura di sbarco dei migranti. Mi dichiaro colpevole di questo reato”, aggiunge il Vicepremier. “Chiedo solo al popolo italiano se riteniate che io debba continuare a fare il Ministro esercitando i doveri di Ministro, oppure se dobbiamo demandare a questo o quel Tribunale le politiche sull’immigrazione”. “I giudici facciano i giudici, i ministri fanno i ministri ed esercitano i loro poteri”.

Parole che non sono state gradite dall’Associazione Nazionale Magistrati che le ha giudicate, “irrispettose verso i colleghi nei toni di derisione utilizzati e nei contenuti, anche laddove fanno un parallelismo tra i tempi di redazione di un provvedimento giurisdizionale, come noto previsti dalla legge, e il funzionamento di un’azienda privata”. “Il rischio di una delegittimazione della magistratura, il cui operato viene fatto nel rispetto delle leggi dello Stato, è alto e va assolutamente evitato”, ha aggiunto l’associazione.

Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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