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Un miliardo di dollari. Il Qatar paga un riscatto record

Dove sono finiti tutti quei soldi e a chi servivano?

La mattina del 16 dicembre 2015 la famiglia reale del Qatar riceve una brutta notizia, 28 cacciatori Qatarini, alla ricerca di falchi in Iraq, vengono rapiti.

L’elenco di tutti gli ostaggi viene consegnato a Sheikh Mohammed bin Abdulrahman al-Thani (vedi foto), membro della famiglia reale e attualmente Ministro degli Esteri del Qatar. Ricevuta la lista dei rapiti, il Principe nota che all’interno vi sono due suoi parenti: Jassim, primo cugino e Khaled, marito di sua zia.

Viene immediatamente informato l’ambasciatore del Qatar in Iraq al fine di seguire attentamente la vicenda con il compito di tenere costantemente informato il Principe.

Per molte settimane non si hanno notizie ma, nel Marzo 2016, le cose iniziano a muoversi: i funzionari incaricati di indagare apprendono che i rapitori sono di Kataib Hezbollah (le Brigate del Partito di Dio ndr), una milizia sciita irachena sostenuta dall’Iran.

Il gruppo di rapitori vuole soldi, tanti soldi.

Si viene a sapere che gli ostaggi sono stati divisi: i reali sono in uno scantinato senza finestre e i loro amici, cioè gli altri non reali e i non Qatarini, sono altrove e ricevono un trattamento migliore sia a livello di cure che di cibo.

Un funzionario del Qatar fa sapere che la prassi prevede che i Reali vengano spostati ogni due o tre giorni per sicurezza e vengono sempre tenuti sottoterra. A loro disposizione hanno un solo Corano da dividersi per leggere e pregare.

Per quasi tutti i 16 mesi trascorsi in prigionia, gli ostaggi vengono tenuti all’oscuro di tutto quindi non sanno cosa stia succedendo al di fuori del loro “carcere”.

Iniziano le trattative con i sequestratori per il rilascio dei rapiti e le richieste si fanno sempre più pressanti. Le idee probabilmente non sono chiare quindi le richieste di riscatto e le modalità di rilascio cambiano di continuo.

Oltre a un’ingente somma di danaro, i sequestratori chiedono che il Qatar lasci la coalizione guidata dai sauditi, che combattono i ribelli sciiti nello Yemen, inoltre pretendono che il Qatar garantisca la liberazione dei soldati iraniani detenuti dai ribelli in Siria. Oltre a quanto sopra, anche i comandanti della milizia iniziano a chiedere “un compenso” personale.

Alla fine di una interminabile sessione di colloqui, uno dei negoziatori di Hezbollah chiede 10 milioni di dollari per sé.

Oltre al funzionario del Qatar, anche l’ambasciatore di Stato in Iraq si muove e usa due mediatori iracheni, entrambi sunniti, che chiedono a loro volta un “regalo” in anticipo di 150.000 dollari in contanti e cinque orologi Rolex di cui due dei modelli più costosi e tre di “qualità normale”.

Nella trattativa è difficile capire se questi “doni” sono per gli stessi mediatori o debbano ulteriormente ingrassare il bottino dei sequestratori.

Tuttavia, nell’aprile 2016, alla mediazione già in atto si aggiunge un nuovo interlocutore: Qasem Soleimani, il capo iraniano di Kataib Hezbollah.

A questo punto la richiesta di riscatto diventa di un miliardo di dollari oltre ai 150.000 dollari per “l’indotto”. L’accordo è fatto e il Qatar paga il riscatto più grande della storia.

La crisi degli ostaggi, iniziata nel dicembre del 2015 trova il suo epilogo nell’aprile 2017. Un aereo della Qatar Airways vola a Baghdad per consegnare il denaro e riportare a casa gli ostaggi. Tutto questo viene confermato dai funzionari del Qatar, anche se la compagnia aerea, la Qatar Airways, non rilascia dichiarazioni in merito.

Sedici mesi dopo essere stati rapiti, le foto e le immagini televisive mostrano gli ostaggi finalmente liberi, molto magri, provati ma sorridenti, sull’asfalto dell’aeroporto di Doha.

Dopo qualche giorno dalla liberazione e dal pagamento del riscatto a Baghdad, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto danno vita al noto blocco economico nei confronti dello Stato del Qatar accusandolo di avere una “lunga storia” di finanziamenti del terrorismo.

In ogni caso, ad oggi, è ancora un mistero dove sia finito il miliardo e oltre di dollari di riscatto pagato per la liberazione di tutti gli ostaggi. Un mistero che i Paesi confinanti considerano come l’ennesimo finanziamento al terrorismo fondamentalista.

Fabrizio Hennig

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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