Storia

26 marzo 1941: gli incursori italiani attaccano la Baia di Suda

In azione i barchini esplosivi

Continuiamo con questo articolo la conoscenza degli episodi di incursione che hanno visto gli ardimentosi uomini della nostra Marina dare prove di coraggio e capacità da rendere increduli tutti, nemici compresi.

Parleremo di un’operazione di incursione da parte dei “barchini esplosivi”, un particolare tipo di mezzo d’assalto della Regia Marina Italiana durante la Seconda Guerra Mondiale. Si trattava di quelli che venivano indicati come M.T.M., ossia Motoscafi da Turismo Modificati, vale a dire dei motoscafi che venivano caricati con 350 chili di esplosivo e pilotati da un equipaggio di due marinai. Il mezzo veniva trasportato da un’unità di superficie fino al luogo prestabilito ad una distanza di una decina di chilometri una base navale nemica, dopodiché il barchino veniva pilotato a bassa velocità (per non farsi individuare dalle difese nemiche) per poi lanciarsi a tutta velocità contro il bersaglio immobile (ossia una nave nemica alla fonda) una volta giunti ad una distanza di 150 m da esso. A questo punto i due marinai bloccavano il timone per far si che il barchino puntasse dritto contro il proprio obiettivo, e venivano lanciati all’indietro da un apposito sistema di lancio; i membri dell’equipaggio dovevano poi raggiungere a nuoto la costa e cercare di sfuggire alla cattura. La Regia Marina fu la prima a dotarsi di questo tipo di mezzi d’assalto, che furono poi imitati da altre marine da guerra; giusto per la cronaca, nella versione giapponese era ovviamente previsto che i piloti rimanessero sul barchino andando a sfracellarsi contro il bersaglio.

Obiettivo dell’operazione erano le unità britanniche alla fonda presso il porto nella baia di Suda, una baia naturale situata nella costa nordoccidentale dell’isola di Creta, lunga 15 chilometri e larga 4 (ai tempi era stata una base veneziana, oggi importante base strategica della NATO).

I due cacciatorpediniere Crispi e Sella erano le navi incaricate di trasportare i sei barchini alla distanza prevista dall’obiettivo, e per questo erano stati appositamente attrezzati con delle gru; giunsero a Stampalia (un’isola dell’Egeo) il 24 marzo del 1941, subendo poi l’attacco di un bombardiere inglese che causò la morte di 7 marinai italiani; i loro compagni fecero delle targhette con i nomi dei caduti e le attaccarono sullo scafo dei barchini. Il giorno 25 le due navi italiane trasportanti i barchini ricevettero l’ordine di salpare per la missione che ebbe quindi inizio alle ore 17:30, ed alle 23:55 giunsero a distanza dall’obiettivo. Alle 23:41 le due imbarcazioni tornarono indietro dopo aver scaricato i sei barchini esplosivi al comando del tenente di vascello Luigi Faggioni; i restanti membri della squadra erano il sottotenente di vascello Angelo Cabrini, il capo meccanico di seconda classe Alessio De Vito, il capo meccanico di terza classe Tullio Tedeschi, il secondo meccanico Lino Beccati, ed il sergente cannoniere Emilio Barberi.

I sei barchini si diressero verso la baia e vi entrarono alle 2:30 del 26 marzo dopo aver superato il primo di tre ordini di ostruzioni (reti difensive) che la proteggevano, mentre i proiettori nemici perlustravano le acque della baia stessa; alle 2:45 venne passata la seconda linea di ostruzioni ed alle 4:15 la terza. Ora gli incursori rimasero in attesa che le prime luci dell’alba rivelassero gli obiettivi da colpire.

Alle 5:00 i barchini partirono all’attacco: uno colpì l’incrociatore pesante York, causandogli danni tanto gravi che non rientrò più in servizio per tutta la durata della guerra (venne affondato dall’equipaggio prima della presa di Creta da parte dei tedeschi nel giugno del 1941); un altro centro la petroliera Pericles, mentre il terzo si diresse verso l’incrociatore leggero Coventry mancandolo, dato che l’unità nemica era in movimento ed i barchini esplosivi non erano adatti a colpire bersagli mobili. Gli incursori rimasero illesi e vennero presi prigionieri dagli inglesi dopo aver raggiunto a nuoto la costa; saranno poi tutti insigniti di Medaglia d’Oro al Valor Militare.

In conclusione, riportiamo le memorie del solito comandante della Mediterranean Fleet, il nostro vecchio amico (o forse sarebbe meglio dire nemico) ammiraglio Cunningham “… l’incrociatore York fu gravemente danneggiato e dovette essere portato a secco…, il nostro unico incrociatore con cannoni da 203 era dunque fuori combattimento”.

Marco Ammendola

 

Foto: l’incrociatore pesante britannico York

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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