Cronaca

Alessandra Appiano. La lettera aperta del marito

Nanni Delbecchi replica alle parole circolate sui social che ritraggono la scrittrice in maniera distorta

Milano, 14 giugno – Nanni Delbecchi, il marito della scrittrice Alessandra Appiano, morta suicida il 3 giugno scorso, dopo essersi lanciata nel vuoto dall’ottavo piano di un edificio nel Capoluogo lombardo, ha fatto pubblicare su ‘Il Fatto Quotidiano’ una lettera aperta dove replica a chi, sui social, ha descritto la moglie in termini che definisce “idiozie o cattiverie a seconda del grado di ignoranza da cui sono state originate”. C’è stato chi ha detto di lei che era “una donna fragile, malinconica e segretamente depressa” e che siano stati trascurati “i segni premonitori, la ricerca morbosa del giallo e dell’orrore nei suoi romanzi e nei suoi post”.

Delbecchi parla di sua moglie Alessandra, come  “una donna buona, una sorgente infaticabile di luce e di energia”. Ne racconta la malattia: “Un maleficio che non le ha lasciato scampo, nonostante i diversi tentativi di cura”. Era in cura a ‘Turro San Raffaele’ dallo scorso 17 maggio: “non un’eccellenza italiana, un’eccellenza europea”, afferma Delbecchi. “Eravamo certi che tutto si sarebbe risolto – prosegue -. Come immaginare che una simile forza della natura non si sarebbe risollevata, così come era accaduto ai tanti amici che in un modo o nell’altro avevano sperimentato la depressione? Invece quel ricovero si è rivelato l’ultimo passaggio di uno spietato destino di morte, la prova – non il sospetto – che la vita è davvero capace di tutto”.

Sua moglie era  “la donna più attenta alla propria salute che abbia mai conosciuto – fin trovvo, faticavo a farle bere un bicchiere – dedita alla propria cura e al proprio aspetto, portatrice di un’immagine pubblica garbata ed elegante nell’era del vince chi urla di più, di una bellezza quasi soprannaturale per i suoi 59 anni senza il minimo ritocco estetico”. Delbecchi non nega che Alessandra avesse “le sue tristezze e le sue malinconie, certo, accentuate da una natura cui si alternavano spleen ed euforia” e la tratteggia nei termini di “un’artista vera, duplice anche nel suo lavoro, capace di tormentarsi per tre mesi sul ‘non ho più niente da dire’ e poi di buttar giù di getto un romanzo nei tre mesi successivi”.

Poi il racconto degli ultimi “cinquanta giorni in cui tutto è cambiato”. Diverse visite specialistiche sino a giungere alla determinazione del ricovero, proprio per scongiurare qualsiasi gesto estremo”. “Ma la mattina del 3 giugno da quel luogo che doveva curarla e proteggerla è potuta fuggire, vagare indisturbata per i deserti vialoni della periferia fino a raggiungere uno dei tanti anonimi grattacieli milanesi, sede di un hotel; dalla terrazza dell’ottavo piano ha guardato per l’ultima volta quella città che amava tanto, dove era arrivata dalla provincia nella speranza di un posto nel mondo che si era conquistato con la sua intelligenza, il suo talento, il suo perfezionismo, il suo culto per il lavoro. Fra i lettori di queste righe ce ne saranno alcuni che conobbero Alessandra, ed è verosimile che sviluppino riflessioni ulteriori, più o meno analoghe. Ma quelli che non la conobbero, o l’hanno vista solo in qualche apparizione mediatica, vorrei che avessero di Alessandra l’immagine più semplice che io ne porto nel cuore. Era una donna buona”.

Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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