Storia

Bartolomeo Colleoni: un grande condottiero italiano, forse il più grande

Un valoroso capitano di ventura capace di imprese leggendarie

In questa rubrica abbiamo più volte dedicato spazio ai grandi condottieri che con le loro imprese hanno dato lustro alla storia militare italiana, ed in questo articolo vedremo la vita e le vicende di uno dei più abili e capaci capitani di ventura italiani, quel Bartolomeo Colleoni che fu protagonista della battaglia della Riccardina del 1467 oggetto di uno dei nostri articoli.

Nato presumibilmente nel 1395 presso Solza, nella bergamasca, Colleoni era figlio di esponenti della piccola nobiltà locale di discendenza longobarda. Particolare l’origine dello stemma del casato, che riporta quelli che a prima vista sembrerebbero tre cuori capovolti; in realtà si tratta di tre paia di testicoli, rappresentazione simbolica dell’origine del nome della famiglia: “Colleoni”, ovvero coglioni. Alcuni biografi cercheranno successivamente di far passare “Colleoni” come derivazione di “cum leonis”, ma era chiaramente una forzatura; “Colleoni” voleva dire proprio quello… Nel 1404 suo padre finì nelle dispute tra guelfi e ghibellini, divenendo accanito nemico dei Visconti di Milano, venendo poi assassinato da dei cugini i quali si impossessarono del castello di famiglia e rinchiusero la madre di Bartolomeo in prigione a vita; il nostro giovane protagonista passò quindi l’infanzia in miseria a Solza fino a quando, all’età di quindici anni, divenne paggio presso il condottiero Filippo Arcelli a Piacenza (i paggi erano ragazzini che prestavano servizio presso principi, cavalieri e condottieri, apprendendo il mestiere della armi, punto di partenza per una futura carriera militare). Nel 1419 Bartolomeo passo nel sud Italia per servire presso il condottiero Braccio da Montone, sotto il quale ebbe il battesimo del fuoco all’assedio di Acerra nel 1421. Successivamente, il nostro giovane soldato decise di recarsi via mare in Francia, ma la sua imbarcazione venne intercettata da una nave di pirati, dai quali Bartolomeo riuscì a sfuggire in maniera rocambolesca fino ad approdare a Napoli. Passò poi sotto il capitano di ventura Jacopo Caldora, allora a servizio della regina di Napoli Giovanna II, con la quale Bartolomeo avrebbe (ma non è certo) avuto una relazione, in conseguenza della quale cominciarono a girare storie sulle notevoli capacità amatorie del nostro protagonista; successivamente si distinse alla battaglia dell’Aquila nel 1424 e, quando il Caldora passò al servizio della Chiesa, fu all’assedio di Bologna nel 1429. La sua notevole abilità tattica non passò inosservata e Venezia lo reclutò per la guerra contro il ducato di Milano di Filippo Maria Visconti, un conflitto che vide schierarsi alcuni tra i più grandi capitani italiani del tempo: Gianfrancesco Gonzaga, il Gattamelata e il Carmagnola con Venezia, Niccolò Piccinino e Francesco Sforza (futuro fondatore dell’omonima dinastia) dalla parte di Milano. Colleoni decise di schierarsi in favore di Venezia, memore delle passate lotte di suo padre contro la dinastia milanese dei Visconti; finì pertanto sotto le insegne del Carmagnola, fino al famoso assedio di Cremona del 1431, che vide Colleoni protagonista, ma che fallì per il mancato intervento dei rinforzi guidati da Carmagnola. L’episodio permise a Colleoni di distinguersi agli occhi dei veneziani.

Intanto, tra vari armistizi e riprese guerresche, la guerra tra Venezia e Milano proseguiva, e Colleoni si distinse ancora una volta in Valtellina e Valcamonica, vedendosi però preferire Gianfrancesco Gonzaga alla carica di comandante generale dell’esercito veneziano, alla quale il nostro condottiero aspirava; amarissima delusione. Nel 1440 Colleoni riuscì poi a compiere un’impresa che divenne leggendaria: al fine di combattere sul conteso lago di Garda la flotta viscontea, il nostro capitano riuscì a fare arrivare sul lago ben trenta navi da guerra veneziane, risalendo l’Adige fino in prossimità di Rovereto, per poi trascinare via terra le imbarcazioni tra monti e valli usando funi, carrucole e ben 2.000 buoi, fino a giungere con tutta la flotta sul Garda. Ma le autorità della Serenissima continuavano a non riconoscergli quanto avrebbe meritato e addirittura a non versargli la paga arretrata. Il condottiero andò allora a presentarsi di persona al doge Gherardo Dandolo, col quale ebbe un accesissimo scontro verbale, uscendone sconfitto ed umiliato; tanto bastò: la rabbia di Colleoni era montata a tal punto che prese una delle decisioni più sofferte della sua vita, ovvero voltare la faccia a Venezia, cambiare casacca, e porsi al servizio dell’odiato duca milanese Filippo Maria Visconti.

Al servizio del suo nuovo signore però, il Colleoni non diede altrettanta prova di capacità e valore come negli anni passati sotto le insegne veneziane, collezionando diverse inaspettate sconfitte, cosa che cominciò a destare sospetti presso corte milanese. Tanto fu che nel settembre del 1446 Bartolomeo Colleoni fu arrestato e tradotto a Monza nel castello dei Forni, luogo in cui finivano gli oppositori della casa viscontea, noto per essere un lugubre luogo di tortura. Ma anche in questa occasione il nostro eroico condottiero non si smentì, dando vita ad una fuga che, se non fosse una definizione anacronistica, potremmo definire da film: riuscì ad evadere nientemeno che calandosi da una finestra con un lenzuolo. Nel frattempo era scomparso Filippo Maria Visconti e Milano divenne Repubblica col nome di Repubblica Ambrosiana, della quale Colleoni si mise al servizio, sotto il comando di Francesco Sforza. Ma questi tradì e riuscì con la forza a prendere il controllo di Milano nel 1450, divenendone duca, fondando così la dinastia che dominerà la città meneghina fino al 1535.

Intanto Colleoni si riappacificò con Venezia, della quale tornò al servizio, ma la pace di Lodi del 1454 inaugurò un lungo periodo di convivenza pacifica tra le storiche nemiche Milano e Venezia, per cui al nostro capitano toccò la sorte dei condottieri in tempo di pace, ossia rimanere disoccupato.

Colleoni fu chiamato in altre occasioni comandare eserciti sul campo, fino a quando la sua carriera militare ebbe definitivamente termine; il grande condottiero trascorse l’ultima parte della propria vita nei feudi di sua proprietà, circondato dalla famiglia (ebbe ben otto figlie, ma nessun erede maschio), dai suoi vecchi compagni d’arme e dalla fama e dal rispetto che si devono ad un abile e valoroso capitano, anche da parte degli ex nemici.

Bartolomeo Colleoni morì il 2 novembre del 1475; quel giorno le campane della chiesa di San Marco rintoccarono in suo onore. Quella Venezia per la quale, pur con dei dissapori, si era battuto per una vita non lo aveva dimenticato, non si era dimenticata di colui che secondo alcuni è stato il più grande condottiero italiano di tutti i tempi.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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