Storia

Berlino, 9 novembre 1989: il crollo di un mondo, la fine di un’epoca

Trent’anni fa la caduta del muro di Berlino segnò la fine della Guerra Fredda

Nel trentennale della caduta del muro di Berlino, rivediamo brevemente il percorso che portò alla costruzione del simbolo della suddivisione del mondo in due blocchi contrapposti, e l’impatto che la sue caduta ebbe sul mondo intero.

Subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, venne decisa la suddivisione di Berlino in quattro settori controllati da USA, URSS, Gran Bretagna e Francia; la città venne a trovarsi, dopo la divisione della Germania nella Repubblica Federale e nella Repubblica Democratica, interamente nel territorio della Repubblica Democratica, ossia nella Germania Est, per cui la parte ovest della città (quella sotto controllo USA, Gran Bretagna e Francia) divenne una enclave occidentale in territorio della Germania Est. Inizialmente i berlinesi potevano circolare liberamente tra i settori in cui era amministrativamente divisa la città, ma con lo svilupparsi del clima della Guerra fredda, i movimenti vennero limitati fino alla chiusura del confine nel 1952; ma l’emorragia di gente cha passava dall’est all’ovest continuò comunque, (si è calcolato che tra il 1949 ed il 1961 ben due milio e mezzo di tedeschi passarono dall’est all’ovest della città).

Fu così che per fermare l’esodo delle persone, il governo dell’est decise la costruzione di un muro che isolasse i settori occidentali da quelli orientali della città: i lavori cominciarono nella notte tra il 12 ed il 13 agosto del 1961. La ragione per cui fu presa quella decisione era legata al fatto che le persone che fuggivano da Berlino est erano in gran parte laureati, professionisti ed operai specializzati stanchi delle restrizioni imposte dal regime e dalla difficile situazione economica, e che quindi venivano perduti dalla Repubblica Democratica, oltre ad una gran quantità di disertori dell’esercito. Inoltre gli enormi investimenti degli occidentali nel settore ovest di Berlino ne fecero una vetrina del capitalismo che attirava come una calamita gli abitanti della zona est. Ed il provvedimento fu piuttosto efficace, dato che i due milioni e mezzo che passarono il confine tra il ’49 ed il 61 divennero 5.000 tra il ’62 l’89. La costruzione fu poi migliorata da varie “generazioni” di muro, andando a costituire un doppio muro che racchiudeva quella che prese il sinistro nome di “striscia della morte”, dato il gran numero di persone che vennero uccise in quell’area. Alla fine si arrivò ad una vera e propria fortificazione di 106 chilometri con 3,60 metri di altezza media, con 302 torri con cecchini che avevano l’ordine di sparare a vista a chiunque cercasse di passare dall’altra parte (anche se poi 1300 guardie stesse passarono dall’altra parte, commettendo un reato punibile con la morte), 20 bunker e 177 chilometri di strada per il pattugliamento; le finestre degli edifici che davano sul muro vennero murate e spesso interi stabili furono abbattuti.

Ovviamente il muro non riuscì a cancellare la voglia di libertà dei berlinesi dell’est, e le cifre lo dimostrano: le persone uccise lungo il muro furono 239 (oltre alle 271 uccise lungo il confine tra le due germanie e le 174 morte nel Baltico); 5.000 furono poi quelli che tentarono la fugo ma non vi riuscirono e vennero arrestati.

Si arrivo quindi al fatidico 1989, quando il leader della Germania Est Honecker si dimise e l’intero blocco sovietico stava scricchiolando: l’avvento al potere di Gorbaciov e la nuova politica dei sovietici nei confronti dei paesi dell’Europa dell’est aveva innescato un processo irreversibile di cambiamento; e quando il governo della Germania Est fece lo storico annuncio col quale si affermava che era possibile viaggiare liberamente verso l’Ovest, i berlinesi si diressero verso il muro armati di piccone per abbattere l’odiato muro: era il 9 novembre del 1989.

La caduta del muro ebbe ovviamente un enorme impatto emotivo morale e simbolico non solo per i berlinesi ed i tedeschi, ma anche per il resto d’Europa e per il mondo intero: era caduto il simbolo della divisione del pianeta in due blocchi contrapposti, ed era finita l’epoca della Guerra fredda con l’incubo nucleare che si era portata dietro per mezzo secolo.

Marco Ammendola

Mostra Altro

Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
Pulsante per tornare all'inizio