Calcio Serie A

Calcio: il Milan prova a guarire con Ibrahimovic

Lo svedese tornerà a vestire il rossonero. Basterà?

L’apertura del mercato invernale è dietro l’angolo e, pur senza il crisma dell’ufficialità, qualche operazione può di fatto dirsi già conclusa.

Non può non rubare le prime pagine l’ormai imminente ritorno al Milan di Zlatan Ibrahimovic, che salutò il club rossonero sette anni fa per accasarsi al Paris Saint Germain, cui poi seguirono l’esperienza inglese del Manchester United e quella americana dei Los Angeles Galaxy. Il corteggiamento di Boban e Maldini nei confronti del gigante svedese era iniziato già qualche settimana addietro, prima di subire una frenata in tempi più recenti; l’indecente prestazione offerta a Bergamo dal Milan ha però costretto la dirigenza a serrare i tempi, fino ad ottenere il sospirato sì dell’attaccante, il cui arrivo non può tuttavia non porre qualche interrogativo.

Storicamente, infatti, i ritorni in casa Milan non hanno regalato momenti degni di essere ricordati; si pensi a Shevchenko e Kakà, due dei più decisivi artefici delle glorie rossonere nel primo decennio del secolo, che scaldarono il cuore dei tifosi tornando a vestire la casacca del Milan, senza però ripetere, complice anche una forma fisica non paragonabile a quella di inizio carriera, gli exploit di un tempo. In tal senso, desta qualche perplessità la condizione dello svedese, che ha da poco varcato la soglia dei 38 anni ed è inattivo da ormai un paio di mesi dopo l’ultima stagione disputata in terra americana; non può poi essere sottovalutata la modesta competitività del campionato a stelle e strisce, in cui Ibrahimovic ha rappresentato agevolmente una figura dominante.

In un Milan asfittico dal punto di vista offensivo, tuttavia, anche un Ibrahimovic a mezzo servizio può contribuire significativamente alla causa rossonera; non è in discussione che allo svedese spetterebbe una maglia da titolare, mentre è meno semplice ipotizzare la nuova struttura dell’attacco di Pioli. Piatek, atteso invano fino a questo momento, sembra destinato ad un sacrificio del tutto naturale; se il Milan dovesse giocare con due attaccanti, la spalla ideale dello scandinavo sembra essere Leao, che potrebbe beneficiare largamente delle attenzioni destinate al suo compagno di reparto dalle difese avversarie. Se il tecnico emiliano dovesse invece perseverare nell’adozione di un tridente con due esterni, Suso e Cahlanoglu (presumibilmente i due titolari, con Rebic ormai quasi dimenticato) potrebbero godere di maggiori spazi, a condizione che sappiano inserirsi come un tempo faceva Antonio Nocerino, che, spesso favorito dal gioco dello svedese, da mediano puro arrivò a segnare 10 reti in campionato, pur non godendo di piedi raffinati come quelli dello spagnolo e del turco.

Al di là di tutte queste considerazioni, in ultimo, resta la sensazione che il ritorno di Ibrahimovic in rossonero assolva in prevalenza alla funzione di placare l’ira dei tifosi rossoneri, legittimamente indignati dopo i cinque schiaffi rimediati a Bergamo. Il problema di fondo, in effetti, rimane; il Milan sembra infatti incapace di ricominciare, come altri (Juventus ed Inter su tutti) hanno invece fatto, continuando a cercare nel proprio passato i rimedi ai mali del presente. Anche l’operazione Ibrahimovic, pur entusiasmante per i tifosi e forse anche utile dal punto di vista tecnico, resta niente più che un rattoppo di fronte alle difficoltà del momento; manca invece del tutto l’impressione che la dirigenza abbia le idee chiare su un futuro che va ricostruito dalle fondamenta, senza crogiolarsi in un passato che è ormai troppo datato.

Gigi Bria

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Gigi Bria

Le cose migliori arrivano per caso. Per caso, ormai dieci anni fa, iniziai ad insegnare diritto ed economia politica in una scuola superiore di Milano. Sempre per caso, qualche anno fa, mi fu proposto di scrivere. Ho visto "La Voce" quando era ancora un embrione; ora è il giovane figlio di cui mi prendo cura ogni giorno parlando di sport e dirigendone la relativa redazione. Seguo il mondo del calcio, confidando di riuscire a non far mai trasparire la mia pur blanda fede calcistica.
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