Storia

Carlo Alberto dalla Chiesa: la vita di un eroe al servizio dello Stato

Oggi, il 37mo anniversario della sua uccisione per mano della mafia

Nella ricorrenza della strage di Capaci, in cui fu ucciso Giovanni Falcone, così come per la strage di Via D’Amelio, costata la vita a Paolo Borsellino, abbiamo dedicato un articolo alla memoria dei due grandi magistrati divenuti un simbolo nella lotta alla criminalità organizzata; è quindi d’obbligo ricordare un altro protagonista di quella stessa lotta, un uomo che ha passato la propria esistenza al servizio delle istituzioni, ovvero il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa.

Il futuro Generale dalla Chiesa nacque a Saluzzo (provincia di Cuneo) il 27 settembre del 1920, figlio di un ufficiale dei Carabinieri. Fu sottotenente dei Carabinieri durante la Seconda Guerra Mondiale in Montenegro e dopo l’8 settembre del 1943 si diede alla lotta clandestina, guadagnandosi una promozione e diversi riconoscimenti. Giungerà poi in Sicilia da capitano, quando la mafia aveva ancora dei connotati arcaici ed era legata ai grandi latifondisti che temevano le rivendicazioni e le lotte contadine del primo dopoguerra. Qui dalla Chiesa riuscì a portare sotto processo gli assassini del sindacalista Placido Rizzotto, ucciso il 10 marzo del 1948; il processo si concluse però con l’assoluzione degli imputati per assenza di prove e il capitano dalla Chiesa venne trasferito. Dopo assere stato a Roma, Torino e Milano, fece ritorno in Sicilia nel 1966 al comando della Legione di Palermo col grado di Colonnello, dove si trovò a dover affrontare un mafia del tutto diversa da quella che aveva conosciuto nel primo dopoguerra; Cosa Nostra si era sganciata dalla realtà agricola, per approdare ai grandi interessi finanziari dell’edilizia e degli appalti pubblici, in connivenza col potere politico locale. Ma anche dalla Chiesa si sganciò dai tradizionali metodi di indagine: avendo imparato come l’organizzazione mafiosa fosse di tipo strettamente famigliare, egli ricostruì i rapporti di parentela tra mafiosi, riuscendo ad avere una visione organica della struttura, arrivando ad indagare anche sui registri di battesimo e di nozze per scoprire a quali di questi eventi abbiano partecipato uomini politici.

Divenuto Generale, dalla Chiesa sarà di nuovo a Torino dal 1973 al 1977, per poi assumere il coordinamento del Servizio di Sicurezza degli Istituti di Pena; sotto la sua gestione verranno create le carceri di massima sicurezza che renderanno praticamente impossibili le fughe eclatanti degli anni precedenti.

Dal 1978 sarà poi in prima linea nella lotta alle Brigate Rosse riuscendo a fare arrestare molti dei capi dell’organizzazione terroristica, contribuendo così in maniera determinante a debellare il fenomeno. In quello stesso anno morirà la prima moglie Dora Fabbo; il generale ne soffrì moltissimo, nutrendo anche dei sensi di colpa per la vita piena di sacrifici e tensioni che la sua adorata consorte aveva condiviso con lui. Sarà poi comandante della Divisione Pastrengo a Milano dal 1979 al 1981 e nel 1982 diverrà vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri. Di lì a poco dalla Chiesa diverrà Prefetto di Palermo, in un periodo di escalation del fenomeno mafioso, chiedendo poteri speciali che però gli verranno sempre negati. Negli anni precedenti erano stati assassinati personaggi illustri della magistratura e della politica tra i quali Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Presidente della Repubblica, ed il sindacalista Pio La Torre. Si aprirà poi una durissima guerra tra cosche che porterà a decine e decine di morti; ma decine e decine furono anche i mandati di cattura e gli arresti fatti eseguire da dalla Chiesa.

A questo punto però Cosa Nostra decise che il Generale dalla Chiesa rappresentava un serio problema per l’organizzazione. Il 3 settembre del 1982 il Generale dalla Chiesa e la seconda moglie Emanuela Setti Carraro vengono assassinati a Palermo; l’agente di scorta Domenico Russo, anch’egli colpito, morirà il 15 dello stesso mese.

Il giorno seguente, poco distante nel punto in cui avvenne la strage, qualcuno affisse un cartello sul quale era scritto: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”; ed il 5 dello stesso mese al quotidiano ‘La Sicilia’ arrivò una telefonata anonima che annunciava: “l’operazione Carlo Alberto è conclusa”.

Al funerale del Generale dalla Chiesa la folla coprì di fischi, insulti e spintoni le Autorità politiche giunte da Roma, accusate di aver lasciato solo il Generale; solo il Presidente della Repubblica Sandro Pertini fu risparmiato dalle critiche. Sulla bara del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, eroe della lotta alla criminalità, erano deposti una bandiera tricolore, il berretto e la sua sciabola.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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