Storia

I giannizzeri: i soldati d’élite dell’esercito ottomano

Gli schiavi-soldato che terrorizzavano i nemici del sultano

Nei passati articoli abbiamo conosciuto specialità e tattiche militari particolari come la falange greca, quella macedone, i quadrati di picchieri ed i lanzichenecchi di epoca rinascimentale; vedremo ora un corpo d’élite di quello che fu il potentissimo esercito ottomano, ossia i famosi giannizzeri.

Intanto il nome giannizzeri deriva dal turco “Yeniçeri”, ossia “nuova milizia”, e rappresentavano la punta di diamante della fanteria dell’esercito del sultano. Il corpo fu fondato nel 1330 da Orhan I, che regnò dal 1284 al 1359, e che volle dotare il suo esercito di una truppa regolare più affidabile delle tradizionali milizie tribali; i giannizzeri avevano però un sistema di reclutamento molto molto particolare.

I futuri componenti dell’élite della fanteria ottomana erano reclutati a forza, trattandosi di ragazzini che venivano portati via alle loro famiglie soprattutto attingendo ai territori cristiani dell’Impero Ottomano, particolarmente nella regione balcanica (erano in massima parte croati, bosniaci, bulgari, serbi, greci, ed albanesi); altra regione di reclutamento era il Caucaso (Armenia, Georgia e Circassia). In pratica si trattava di una sorta di tassa (detta “tassa di sangue”) che consisteva nell’obbligo imposto ai contadini delle terre conquistate di fornire al sultano un numero prestabilito di ragazzini tra i 12 ed i 16 anni, i quali venivano portati via alle loro famiglie e condotti nel cuore dell’impero in una condizione di sostanziale schiavitù; erano esentate solo le famiglie con un unico figlio maschio. Va precisato che per questi coscritti non vi era obbligo di conversione (anche perché contrariamente a quanto generalmente si pensi, la religione islamica proibisce la conversione forzata), anche se essendo questi ragazzi trasferiti da giovanissimi in terra islamica, era giocoforza che quasi tutti diventassero musulmani.

La prima parte della loro formazione prevedeva la permanenza presso famiglie di contadini turchi per apprendere la lingua, per poi essere trasferiti presso apposti centri di addestramento ed entrare a far parte della prestigiosa élite militare dell’esercito ottomano. Molti di loro, dopo essersi distinti nella carriera militare, arrivarono all’ambita carica di Gran Visir, ossia il primo ministro del sultano: dei ventisei Gran Visir dell’Impero Ottomano, undici furono armeni, sei greci, ed altri furono circassi, georgiani, serbi ad albanesi; solo cinque furono turchi.

L’addestramento militare dei giannizzeri era particolarmente curato, soprattutto nell’uso di sciabola, scimitarra, pugnale ed arco (poi sostituito dai fucili); i giannizzeri erano inoltre maestri nell’uso dell’artiglieria. A loro era poi affidato il fondamentale compito di provvedere alle operazioni di genio militare come la costruzione di opere difensive e d’assedio. Sul campo erano organizzati in una struttura di base detta “orta”, paragonabile al reggimento degli eserciti occidentali.

Generalmente i giannizzeri non prendevano moglie (non erano obbligati al celibato, ma era tradizione che un giannizzero non si sposasse per non avere altre preoccupazioni nella vita se non l’impegno nell’arte della guerra), avevano una loro gerarchia, ai soldati era fatto divieto di portare la barba (cosa concessa solo agli ufficiali), mentre tutti portavano i baffi; come simbolo del loro sentitissimo spirito di corpo vi era la marmitta: tale oggetto, destinato a contenere il rancio distribuito a tutti i soldati, era simbolo di aggregazione, ed il suo rovesciamento era segnale di malcontento tra la truppa. I giannizzeri godevano poi di particolari privilegi, come il non dover pagare tasse, l’avere diritto ad una pensione di invalidità, ed in ambito giuridico potevano essere giudicati solamente dai loro comandanti; in generale godevano di un enorme prestigio sociale.

I giannizzeri rappresentarono per secoli la milizia fedelissima del sultano, ed alcuni di essi ne costituivano la guardia personale. Ma il rapporto tra questi soldati d’élite ed il loro sovrano si si deteriorò irreversibilmente quando Selim III (1761-1808), decise di intraprendere un’opera di modernizzazione dell’esercito che ne prevedeva l’occidentalizzazione e quindi il ridimensionamento del ruolo dei giannizzeri e dei loro privilegi. Nel 1808 i giannizzeri si ribellarono al sultano e lo deposero a favore di Mustafa IV (1779-1808), suo cugino, anch’egli successivamente deposto in favore del fratello Mahmud II (1789-1839) che lo fece poi giustiziare. Quando nel 1826 Mahmud II decise lo scioglimento del corpo dei giannizzeri, divenuti un ostacolo alla sua volontà di riforma (oltre ad aver perso di efficacia militare non essendo al passo con i più moderni eserciti occidentali), vi fu una violenta ribellione che fu stroncata nel sangue: 30.000 giannizzeri furono radunati nell’ippodromo di Costantinopoli e massacrati. I giannizzeri, il reparto d’élite dell’esercito ottomano, coloro che per secoli rappresentarono l’incubo dei nemici del sultano e che tante volte decisero l’esito di storiche battaglie, cessarono di esistere per sempre.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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