Cronaca

Il ponte Morandi: 50 anni di polemiche sulla sua sicurezza

Nel 2011, Autostrade per l'Italia ne aveva denunciato il degrado per l'intenso traffico

La storia del viadotto Polcevera, meglio noto col nome di ponte Morandi per l’intitolazione al suo progettista, Riccardo Morandi, crollato ieri mattina a Genova, sulla A/10, comincia con la sua inaugurazione nel 1967. Aveva una lunghezza di 1.182 metri, un’altezza al piano stradale di 45 metri e 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza; la luce massima è di 210 metri. Per la sua realizzazione venne impiegato materiale misto: cemento armato precompresso per l’impalcato e cemento armato ordinario per le torri e le pile. Sin dal suo primo giorno d’uso, il ponte Morandi è stato oggetto di numerose polemiche e necessitante di costanti lavori di manutenzione.

L’ingegner Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all’Università di Genova, due anni fa descrisse in un articolo pubblicato sul sito ‘Ingegneri.info’, le condizioni della struttura. “Il Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici, oltre l’aumento dei costi di costruzione preventivati”, scrisse Brencich. Valutazioni meramente tecniche che però sottolineano il fatto che fin dai primi decenni, il ponte fu “oggetto di manutenzioni profonde con costi continui che fanno prevedere che tra non molti anni i costi di manutenzione supereranno i costi di ricostruzione del ponte: a quel punto sarà giunto il momento di demolire il ponte e ricostruirlo”. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, vennero sostituiti i cavi di sospensione con dei nuovi che andarono ad affiancare i preesistenti.

A muovere precise accuse verso il criterio di costruzione del ponte, è anche  l’architetto genovese Diego Zoppi, ex presidente dell’Ordine genovese, oggi membro del Consiglio nazionale degli architetti.  “Il problema del ponte Morandi è che i tiranti sono stati costruiti in calcestruzzo e non in metallo, e che negli anni Sessanta non si metteva in conto che il calcestruzzo si degrada e poi collassa. Cinquant’anni fa c’era una fiducia illimitata nel cemento armato. Si credeva fosse eterno. Invece si è capito che dura solo qualche decennio”, spiega Zoppi, aggiungendo: “L’ingegner Riccardo Morandi era un grandissimo strutturista, ma col ponte sul Polcevera ha voluto forzare la mano staticamente. Un ponte strallato è sostenuto da tiranti di metallo. Morandi, con la sua grande competenza in fatto di statica, volle farli in calcestruzzo. E’ una soluzione ardita, perché il cemento lavora in compressione, mentre in trazione si usa il metallo. Il suo ponte era finito sulle riviste specializzate per questo”. “Quello di cui non si teneva in conto all’epoca – prosegue Zoppi – è che, con le continue vibrazioni del traffico, il cemento si microfessura, e lascia passare l’aria, che raggiunge la struttura interna di metallo e la fa ossidare. Viene quindi meno la funzione originaria del cemento, che dovrebbe proteggere l’acciaio. Il ponte per questa ragione ha sempre richiesto grossi lavori di manutenzione. Era molto costoso da gestire”. Secondo Zoppi “l’Italia costruita negli anni ’50 e ’60 ha urgente bisogno di ristrutturazione. Il pericolo di crolli è sottostimato. I manufatti costruiti in quell’epoca stanno arrivando a un’età in cui diventano a rischio”.

Nel 2009 si pensò ad una demolizione del ponte Morandi, realizzabile in 8/12 mesi di tempo. Stando a quanto si legge nello studio, ‘La Gronda di Genova. Presentazione sintetica delle ipotesi di tracciato’ che Autostrade per l’Italia commissionò alla società d’ingegneria SPEA per poter agevolare un dibattito pubblico, lo smontaggio della struttura avrebbe dovuto procedere “con un ordine inverso rispetto alle fasi della costruzione dell’opera. In tal modo sarà sufficiente evacuare provvisoriamente le abitazioni che attualmente insistono nell’impronta e negli immediati dintorni del viadotto, senza procedere ad alcun abbattimento dei fabbricati”. “Una volta demolita la struttura del Ponte Morandi, i proprietari delle abitazioni potranno rientrare nei rispettivi alloggi”, prosegue lo studio. Autostrade per l’Italia non aveva mancato di rimarcare la criticità del ponte a seguito del traffico intenso con 25,5 milioni di transiti l’anno, caratterizzato da un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni e destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni”. “Il ponte Morandi – dice ancora la relazione – costituisce di fatto l’unico collegamento che connette l’Italia peninsulare ad est, la Francia meridionale e la Spagna ad ovest, ed é il principale asse stradale tra Genova, le aree residenziali periferiche, il porto di Voltri, l’aeroporto e le aree industriali di ponente. Lo svincolo di innesto sull’autostrada per Serravalle, all’estremità est del viadotto, produce quotidianamente, nelle ore di punta, code di autoveicoli ed il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura sottoposta ad ingenti sollecitazioni. Il viadotto è quindi da anni oggetto di una manutenzione continua”. “La sua eventuale dismissione per inagibilità o per situazioni temporanee di blocco dovute ad incidenti stradali, costituiscono dunque un grave rischio per il traffico automobilistico regionale”.

Nel maggio del 2011, una relazione di Autostrade per l’Italia sull’adeguamento del sistema A7-A10-A12, riferiva che a Genova, il tratto A/10 e l’innesto sull’autostrada per Serravalle producono “quotidianamente, nelle ore di punta, code di autoveicoli ed il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura del viadotto ‘Morandi’, in quanto sottoposta ad ingenti sollecitazioni. Il viadotto è quindi da anni oggetto di una manutenzione continua”.

Ma non è tutto: lo scorso aprile, Autostrade per l’Italia aveva indetto un bando di gara per  “interventi di retrofitting strutturale (una sorta di ristrutturazione profonda) del Viadotto Polcevera” al chilometro 000+551 dell’A10 Genova-Savona”. Il bando era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 27 aprile scorso e prevedeva una procedura ristretta ed un importo in appalto di oltre 20 milioni di euro.

Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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