Musica

Intervista esclusiva con Soltanto

La strada è il suo palcoscenico

Milano è una città che cerca di stare al passo con le altre Capitali europee. In questa non semplice sfida, ha agevolato il percorso artistico degli artisti di strada.

A tutti noi è capitato di fermarci in qualche via della città ad osservare un ballerino, un mimo o ad ascoltare un musicista: tutti artisti che hanno scelto di fare della strada il loro palcoscenico. E’ questo il caso di Soltanto, all’anagrafe Matteo Terzi. Lo abbiamo incontrato proprio a Milano e con la disponibilità che lo contraddistingue, ha accettato di raccontarsi per voi, lettrici e lettori de La Voce.

Come nasce artisticamente Soltanto?

“Dal desiderio di fare un’esperienza di vita. Ho cominciato 7 anni fa, nel 2010, girando l’Europa in autostop ed esibendomi nelle città dove mi fermavo, intenzionato a vivere del mio solo lavoro, quello di fare musica. Ero affascinato da questo mondo che avevo scoperto da bambino, quando li vedevo in strada passeggiando con i miei genitori. Successivamente, ho voluto far ritorno a Milano e continuare da qui. Ho dovuto fare i conti con qualche difficoltà burocratica perché all’epoca, i regolamenti per ottenere il permesso di esibirsi in strada erano piuttosto rigidi: oggi è più semplice. Da tre/quattro anni ho ricominciato a girare l’Europa, facendo musica sempre in strada”.

Hai suonato sia in strada che in luoghi chiusi. Che differenza hai riscontrato tra le due dimensioni?

“Personalmente non amo suonare in situazioni tipo piano-bar. Quando ho suonato in luoghi al chiuso, come ad esempio la Salumeria della Musica a Milano, ho tenuto veri e propri concerti dove ho portato il mio repertorio. Naturalmente, pensare al concetto ‘moto a luogo’, ovvero sapere che c’è chi decide di venirti ad ascoltare mi inorgoglisce. Altrettanto vero è che suonare in strada produce un’adrenalina enorme: con la tua musica devi “catturare” i passanti e farli diventare il tuo pubblico, un pubblico sempre nuovo”.

A chi ti ispiri nella tua musica?

“Sono cresciuto a ‘pane e Oasis’. Ascolto sempre volentieri i fratelli Gallagher ma sono sensibile anche alla musica dei cantautori irlandesi. Per quello che riguarda il panorama italiano, direi Nicolò Fabi per le sonorità molto intime che sa proporre. Io stesso cerco di essere il più possibile minimalista, quando si tratta di arrangiare i miei pezzi. Credo sia importante dare peso e valore ad ogni singola nota”.

Che opinione hai dei talent show musicali?

“Non ho un’avversione particolare nei confronti dei talent ma io non li farei. Credo che i ragazzi che scelgono di parteciparvi, non sappiano esattamente a cosa vanno incontro… lo scoprono dopo aver firmato contratti che non danno loro alcuna garanzia, specie sul fatto che l’album realizzato venga poi effettivamente pubblicato. Alla fine, la maggior parte di loro si brucia e sono pochi quelli che riescono ad emergere. Personalmente, la mia dimensione attuale mi appaga appieno. Voglio vivere di musica e se quello che faccio ora non dovesse più funzionare, chissà… magari rivedrei le mie opinioni sui talent. Ma al momento va benissimo così”.

Hai girato moltissimo: dove hai trovato il pubblico più “caldo” e quello più “freddo”?

“Non ho una risposta precisa. Nel Nord Europa, l’artista di strada è la normale alternativa al pub: una cosa che può essere positiva come negativa. Se da una parte è riconosciuta la tua professionalità, dall’altra ti danno un po’ per scontato e comunque si tratta di un pubblico abituato a livelli altissimi di capacità musicali. Se poi ti sposti in Polonia o nella Repubblica Ceca, dove l’artista di strada è ancora una figura nuova, solleciti curiosità ed interesse. In tutto questo, resta il fatto che è sempre bello potersi confrontare con culture diverse”.

Cosa dovrebbero fare le Istituzioni per voi, artisti di strada?

“Innanzitutto, occorre che da parte dell’artista di strada ci sia una maggiore considerazione di sé stesso, sotto il profilo professionale; occorre sentirsi veri professionisti. Quanto alle Istituzioni, ci si relaziona sempre a livello locale perché i regolamenti per esibirsi in strada sono fatti dai Comuni. Questi regolamenti devono principalmente tenere conto del fatto che le attività di noi artisti di strada, devono essere disciplinate per scongiurare il rischio che ci si trovi in molti nello stesso posto e con la medesima intenzione: quella di fare arte. C’è il pericolo che alla fine si finisca a discutere tra di noi e dalla discussione emergano sempre i “soliti noti” che hanno le loro “aderenze”. Inoltre, bisogna fare in modo che non si creino situazioni di disturbo agli esercizi commerciali circostanti: non puoi pensare di suonare 8 ore al giorno, tutti i giorni senza rischiare di dare fastidio. Ci vuole il giusto equilibrio di coesistenza sociale”.

Come immagini la tua vita tra dieci anni?

“Bella domanda! Credo che non ci saranno grandi cambiamenti, se non in termini migliorativi. Prima, ad esempio, viaggiavo in autostop mentre ora mi muovo con la mia macchina. Anche sotto l’aspetto tecnico, ho messo a punto con un amico, uno strumento che serve a migliorare la qualità del suono. A questo si aggiunge il fatto che sto per diventare padre e bisognerà capire come gestire questa nuova realtà. Ho visto molti artisti di strada portare con sé i loro figli. Vedremo, insomma…”

Chiudiamo questo servizio con il video di una canzone di Soltanto, “Se chiudi gli occhi si vola”. Un brano assolutamente suggestivo e che, come ogni poesia in musica che si rispetti, saprà sollecitare riflessioni. PER VEDERE IL VIDEO CLICCA QUI 

Antonio Marino
Nadir Davide Mennuni

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo

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