Storia

La caccia alle streghe, una strage insensata lunga secoli

Il supplizio di donne innocenti vittime di ignoranza e pregiudizio

Quando si sente parlare di Inquisizione vengono subito alla mente i movimenti ereticali (Catari, Valdesi, Dolciniani, ecc.), o i personaggi illustri (Giordano Bruno, Galileo Galilei, Savonarola, e molti altri) che furono vittime della repressione della Chiesa. Altre però furono le categorie di persone che finirono davanti ai giudici che gestivano quell’efficiente e spietata macchina repressiva, come ad esempio gli omosessuali e le streghe; queste ultime furono poi sistematicamente perseguiate dando vita ad un vero e proprio femminicidio sistematico ed orrendamente spietato.

La procedura giuridica che guidava la “caccia alle streghe” era regolata da un opera dal nome “Malleus Maleficarum”, realizzata da due frati domenicani (come la maggior parte degli inquisitori), i tedeschi Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, pubblicato nel 1486; nel trattato si affermava che al giudice che si occupava di un processo per stregoneria tutto era permesso data l’eccezionale pericolosità delle imputate, le quali essendo capaci di magie e sortilegi potevano trarre in inganno l’inquisitore, operando per volontà del demonio ed avendo per complici animali diabolici quali gatti neri, corvi, civette, ecc. La stregoneria nel complesso era poi considerata non come un fatto legato al singolo colpevole, ma come una sorta di enorme congiura diabolica di cui le streghe erano strumento, cosa che faceva dell’opera degli inquisitori una vera e propria missione salvifica nella lotta tra la fede ed il maligno.

L’interrogatorio prevedeva un rituale preciso, a cominciare dal fatto che l’imputata dovesse presentarsi difronte al giudice completamente nuda, dato il pericolo che potesse nascondere nei vestiti talismani, amuleti ed altri oggetti d’uso nella pratica della stregoneria; per lo stesso motivo la presunta strega veniva completamente rasata su tutto il corpo. Il giudice doveva poi riuscire a far si che l’imputata piangesse, dato che si riteneva che un protetto del demonio non fosse in grado di piangere: ottenere il pianto dell’accusata era segno della sconfitta del diavolo e del suo allontanamento da essa. Altra raccomandazione del Malleus era quella di procedere all’interrogatorio avendo l’imputata di spalle, dato che il suo sguardo malefico avrebbe potuto trarre in inganno il giudice.

Ovviamente la tortura era di prassi per estorcere la confessione (il silenzio dell’imputata era considerato opera del maligno, e non si attribuiva certo al fatto che la poveretta potesse semplicemente essere innocente); l’osservazione secondo cui sotto tortura chiunque avrebbe confessato qualunque cosa, era tacitata imponendo alla vittima una conferma a distanza di giorni di quanto confessato al momento del supplizio.

Interessante poi come il giudice potesse promettere all’imputata la libertà e la salvezza in cambio della confessione; peccato però che nel momento in cui avveniva la confessione l’impunità per il reo confesso divenisse impossibile, per cui il giudice si sarebbe trovato a mentire spudoratamente con grave danno alla sua immagine professionale. Ma anche qui le norme procedurali mettevano una pezza: il giudice che aveva promesso l’impunità poteva successivamente farsi sostituire da un altro dopo l’avvenuta confessione dell’imputata, la quale veniva quindi condannata ad opera del secondo giudice; oppure, più semplicemente, si poteva considerare la promessa di impunità fatta dal giudice valida solo per un certo periodo di tempo, trascorso il quale si procedeva a sentenziare la condanna e ad eseguire la pena.

Naturalmente valevano la delazione e la denuncia anonima, nonché la confisca dei beni delle condannate (e della loro famiglia), nonché di eventuali complici di cui la strega doveva fare i nomi e che spesso erano persone abbienti indicate dai giudici stessi; da dire poi che l’incredulità davanti alle accuse veniva automaticamente considerata favoreggiamento (guai quindi a dubitare delle accuse mosse ad una strega, pena il rischio di ritrovarsi a fare compagnia all’imputata).

Ma in che modo veniva individuata una strega? Gli elementi che potevano indurre il giudice a considerare una donna come una strega erano i più disparati, ed andavano dall’essere una donna non sposata, ad avere delle particolarità estetiche come semplicemente avere i capelli rossi o, come spesso accadeva, avere delle nozioni di erboristeria e conoscere i rimedi naturali alle malattie, cose che operate da una donna erano considerate pratica demoniaca. Fattore scatenante la caccia erano poi eventi del tutto naturali e fortuiti come un cattivo raccolto o una calamità naturale, per i quali bisognava necessariamente trovare un responsabile.

Perché poi le donne? In realtà vennero presi di mira anche i presunti stregoni, ma le streghe costituirono più del 75% delle vittime nei processi per stregoneria, ed il perché trova una spiegazione nel fatto che le donne fossero ritenute impure per natura (si poteva essere considerate streghe partire dai 13 anni, ossia quando generalmente le ragazze erano a ridosso del primo ciclo, cosa considerata fonte di impurezza); la loro natura di tentatrici le rendeva poi facilmente accusabili di esercitare arti diaboliche da ammaliatrici, in un’epoca in cui il sesso era un tabù assoluto.

Parliamo ora di cifre. Quante furono le vittime di quella macchina giuridica così orrendamente efficiente?

Innanzitutto la “caccia alle streghe” viene generalmente associata all’epoca medievale, ma in realtà gran parte dei processi e delle condanne ebbero luogo tra il ‘500 ed il ‘600; le varie stime poi vedono cifre disparate, che vanno da alcune decine di migliaia a svariati milioni. Secondo gli studi più attendibili, che considerano le condanne documentate e quelle rimaste prive di documentazione ma che è ragionevole prendere in considerazione, una cifra attendibile si aggira attorno alle 50.000 condanne, generalmente al rogo, più raramente all’impiccagione o pene minori come la reclusione, il digiuno ed il pellegrinaggio forzato.

In ultimo una nota di cronaca. L’ultima strega condannata a morte in Europa fu una tale Anna Göldi, una donna svizzera che entrò a servizio come cameriera in una facoltosa famiglia, nella quale cui vi era una bambina che un giorno trovò degli spilli nel latte che stava bevendo; Anna fu accusata del fatto e licenziata. Diciotto giorni dopo l’accaduto, la bambina cominciò ad avere le convulsioni (oltre ad altri sintomi riconducibili all’epilessia), e secondo quanto affermato dai familiari cominciò anche a vomitare spilli. Si pensò subito al sortilegio ordito da Anna per vendetta, per cui scattò l’accusa di stregoneria, la cattura ed il relativo processo con tanto di tortura, sotto la quale Anna confessò (ovviamente) di essere stata ispirata dal demonio a compiere quell’atto di stregoneria. Anna Göldi fu impiccata il 13 giugno del 1782, ultima vittima innocente di una scia di sangue ingiustamente versato per secoli.

Marco Ammendola

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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