Storia

La Corona Ferrea: quindici secoli di una storia densa di valore politico e religioso

Un piccolo manufatto che ha accompagnato la storia d’Italia dai longobardi in poi

La Corona Ferrea è un manufatto di arte orafa che da un millennio e mezzo racchiude in sé non uno ma ben due profondi significati, uno politico ed uno religioso, che ne fanno uno degli oggetti più importanti della storia d’Italia dall’alto Medioevo ai giorni nostri.

La corona, come la si può ammirare oggi nel Duomo di Monza dove è custodita, è costituita da sei piastre d’oro legate tra loro da delle cerniere e legate ad un’anima metallica di rinforzo posta sulle facce interne delle piastre stesse; ciascuna di queste è adornata di pietre preziose (ventidue in tutto) e decorazioni in pasta vitrea, per un peso complessivo di 535 grammi. Le piastre erano originariamente otto, due però furono sottratte tra il XIII ed il XIV secolo, ma ciò che più conta è quello che, stando alla tradizione, è il metallo usato per realizzare l’anima che regge e tiene unite le sei piastre. La leggenda vuole infatti che tale supporto sia stato realizzato utilizzando un chiodo della crocefissione di Cristo (gli altri presunti chiodi della crocefissione sono custoditi uno nel Duomo di Milano ed uno nella basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme, e sarebbero stati parti del morso del cavallo dell’imperatore Costantino (274 d.C.-337 d.C.), mentre un altro si trova nella basilica di Colle Val d’Elsa vicino Siena). Per quanto riguarda il chiodo della Corona Ferrea, sarebbe stato utilizzato per la realizzazione del manufatto per volontà della regina longobarda Teodolinda (570 d.C.-627 d.C.), ossia colei che fece erigere il Duomo di Monza, la quale ricevette in dono la sacra reliquia da papa Gregorio I, quello che convertì i longobardi. Esistono però altre versioni sull’origine del manufatto. Secondo altri infatti la corona sarebbe stata originariamente un diadema montato sull’elmo di Costantino, ma le indagini scientifiche condotte sul manufatto escludono che possa essere dell’epoca in cui visse il primo imperatore cristiano. Più attendibile l’ipotesi secondo cui la realizzazione dell’oggetto fu commissionata dal re degli ostrogoti Teodorico (454 d.C.- 526 d.C.), per poi finire in mani longobarde. Esiste poi anche l’ipotesi di un’origine orientale della corona, avvalorata dal ritrovamento in Russia di due corone affatto simili a quella in questione; col tempo la corona sarebbe poi finita nelle mani di Teodorico.

Chiaro è quindi il profondo significato religioso della corona come sacra reliquia, anche se indagini recenti hanno stabilito che l’anima che regge le piastre sia in realtà d’argento e quindi non può avere nulla a che fare con i chiodi della crocefissione. Comunque sia, data la valenza simbolica della corona, da quando venne realizzata essa fu utilizzata per l’incoronazione dei sovrani che si fregiavano del titolo di re d’Italia, ossia dai longobardi, da Carlo Magno, e da questi in poi per l’incoronazione degli imperatori del Sacro Romano Impero (tra i quali Federico Barbarossa), dato che tale titolo voleva significare essere contemporaneamente re di Germania e re d’Italia. La corona veniva custodita a Monza (città che per questo godeva di privilegi fiscali) e la cerimonia di incoronazione avveniva solitamente a Milano, a volte nella stessa Monza, saltuariamente a Pavia (che era stata capitale del regno longobardo in Italia), ed episodicamente in altre città (Carlo V fu incoronato nel 1530 a Bologna). Curioso poi è il fatto che essendo la corona troppo piccola per essere indossata sul capo (il diametro è di appena quindici centimetri), l’incoronazione avvenisse con l’ausilio di particolari copricapo (per esempio a forma di cono) sui quali veniva poi appoggiata la corona stessa. Dal 1714, anno in cui il Ducato di Milano divenne dominio dell’Austria, la corona fu utilizzata per l’incoronazione degli imperatori della casa d’Asburgo, anche se la più famosa incoronazione dei tempi moderni fu quella di Napoleone, il quale se la mise in testa nel 1805 nel Duomo di Milano pronunciando, con la sua solita spocchia, la frase “Dio me l’ha data e guai a chi me la toglie!”.

Dopo la parentesi napoleonica la corona tornò agli Asburgo. Nel periodo della Prima Guerra d’Indipendenza (1848-’49), gli austriaci prelevarono la corona dal Duomo di Monza per custodirla nella più sicura fortezza di Mantova, per poi riportarla a Monza a guerra conclusa essendo rimasti padroni della Lombardia. Durante la Seconda Guerra di Indipendenza (1859) la portarono direttamente a Vienna dove rimase a lungo, dato che in quell’occasione gli austriaci persero la Lombardia; bisognerà infatti attendere la Terza Guerra di Indipendenza (1866) perché la corona potesse essere restituita all’Italia, ritornando nella storica sede di Monza. Ad Unità realizzata la corona rimase simbolo dei re d’Italia, ma i Savoia non la utilizzarono nelle incoronazioni, sia perché rimaneva comunque simbolo della precedente dominazione austriaca, sia perché conservava ovviamente un forte valore religioso e, come risaputo, i rapporti tra i Savoia neo re d’Italia e la Chiesa non erano idilliaci; la corona venne comunque esposta ai funerali di Vittorio Emanuele II e di Umberto I. Nel 1943 fu poi trasferita in Vaticano per il timore che i tedeschi volessero portarla in Germania, per poi essere riportata a Monza a guerra finita. Nel complesso si calcola che ben quarantaquattro sovrani si videro porre sul capo il sacro oggetto.

Questa dunque in breve la storia di quel piccolo oggetto così carico di significato; e trovandosi, come è capitato a chi scrive, innanzi alla Corona Ferrea quando viene esposta nel Duomo di Monza, si rimane colpiti al pensiero che quel manufatto di arte orafa, proprio quello che è lì a pochi metri di distanza, sia stato poggiato sulla testa di Carlo Magno, Federico Barbarossa, Carlo V e Napoleone.

Marco Ammendola

Mostra Altro

Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
Pulsante per tornare all'inizio