Ambiente

Modificare la nostra alimentazione per il bene del Pianeta? Sta diventando inevitabile

SeDiciAlberi è una start up avente come scopo la compensazione dell’Co2 prodotta da ogni settore lavorativo e dal singolo individuo

Per alcune associazioni di ricerca ambientale, come il Worldwatch Institute, l’industria dell’allevamento e della produzione di carne, è responsabile del 51% delle emissioni globali di gas a effetto serra.

Un recente rapporto firmato dall’Institute for Agricolture and Trade Policy (IAPT, l’istituto Usa che promuove le pratiche agricole e commerciali Sostenibili) e dall’organizzazione non governativa Grain, Emissions impossible, evidenzia che le cinque maggiori compagnie mondiali che producono carne e latticini, rilasciano nell’atmosfera, ogni anno, più Co2 rispetto a quella diffusa dalle grandi aziende energetiche. Le emissioni annuali cumulative delle prime venti società alimentari superano quelle di intere nazioni come la Germania, il Canada o l’Australia.

La produzione di carne, tuttavia, non inquina soltanto per via delle emissioni dei diversi gas inquinanti, ma anche per i contaminanti che vengono riversati nelle acque. I nitrati sono presenti anche nei fertilizzanti utilizzati nelle coltivazioni intensive e se la concentrazione di questi nel terreno raggiunge livelli elevati, questi non vengono trattenuti dallo stesso e possono essere facilmente dilavati e inquinare le falde, con conseguenti danni per la salute sia dell’uomo che degli animali.

Un rapporto pubblicato da Environment America ha rivelato che Tyson Foods, una delle più grandi aziende produttrici di carne a livello mondiale, inquina le acque più del gigante di gas e petrolio ExxonMobil.

I dati relativi a Tyson Foods pongono seri interrogativi sul sistema di produzione alimentare mondiale e  sottolineano l’esistenza di un problema profondo nel settore dell’allevamento, in quanto la quantità di rifiuti e di sostanze inquinanti prodotte dal sistema di produzione alimentare attuale, non è più sostenibile.

Il consumo di carne nel mondo è ancora troppo elevato e non esiste, al momento, nessuna alternativa agli allevamenti intensivi in grado di garantire un livello di produzione sufficiente a soddisfare la domanda attuale.

L’impatto ambientale della bistecca è devastante.

Oltre la metà dei gas serra prodotto oggi dall’uomo sono emessi dagli allevamenti industriali di bestiame. A lanciare l’allarme due scienziati americani R. Goodland e J. Anhang nello studio Livestock and Climate Change. In termini di gas serra, inquina di più una bistecca che un’automobile e per rendere l’idea i due ricercatori portano degli esempi. Se per la produzione di 225 gr di patate si emette una quantità di CO2 pari a quella generata dal guidare un’auto per 300 metri, per 225 gr di carne di pollo, l’auto dovrà percorrere 1,17 km,  mentre per il manzo ben 15,8 km!

Secondo ricercatori spagnoli dell’università di Almeria, ogni anno, per soddisfare il bisogno di nutrirsi, ogni persona emette approssimativamente 2 tonnellate di anidride carbonica, per compensare le quali occorrerebbe piantare 200 alberi! Lo studio ha osservato l’intero ciclo alimentare (la produzione sia agricola che animale, il processo industriale, la vendita, la distribuzione, la preparazione e cottura casalinga, il trattamento dei rifiuti solidi e degli escrementi umani), da cui è emerso che la produzione di cibo come la carne ed i suoi derivati, ha un fortissimo impatto ambientale.

Basti pensare che un solo kg di carne, costa all’ambiente 35 mq di foresta, 15.500 lt di acqua, 15 kg di cereali e produce, invece, 36 kg di Co2. Per compensare 36 kg di Co2, ovvero circa il peso di una fiorentina di 1 kg, occorre piantare 3 alberi!

Se le multinazionali del cibo continueranno a operare come hanno sempre fatto, in uno scenario business-as-usual, potranno quasi vanificare tutti gli sforzi compiuti per tagliare la CO2 nell’energia e nei trasporti.

La maggior parte delle società che confezionano carne e latticini si trova negli Stati Uniti, in Europa, Canada, Brasile, Argentina, Australia e Nuova Zelanda; in queste aree geografiche si concentra il 43% delle emissioni globali dovute alla produzione di alimenti, anche se in esse abita solo il 15% della popolazione mondiale.

Sempre secondo gli scienziati Goodland e Jeff Anhang per invertire il devastante trend che sta inesorabilmente modificando il clima del nostro Pianeta, basterebbe sostituire i prodotti animali con quelli a base di colture vegetali. Questo approccio avrebbe effetti molto rapidi sulle emissioni dei gas ad effetto serra, più di qualsiasi altra iniziativa atta a rimpiazzare i combustibili fossili con energia rinnovabile.

Tra il 1992 e il 2016, la crescita demografica ha fatto salire il consumo globale di carne di oltre il 500%, consumo in aumento specialmente nei mercati emergenti; si prevede che la domanda di carne prodotta nella sola Asia aumenterà del 19% fino al 2025.

Un picco talmente elevato che la Fairr, (Farm animal investmentr risk and return)  si è chiesta se la tassazione dei prodotti a base di carne potrebbe essere un modo per mitigare le sfide globali. Il percorso verso la tassazione inizia in genere quando esiste un consenso globale sul fatto che un’attività o un prodotto danneggiano la società (si pensi per esempio alle tasse su tabacco, carbonio e zucchero).

Jeremy Coller, fondatore di Fairr sostiene che se i politici devono coprire il costo reale delle epidemie umane (come l’obesità, il diabete e il cancro) e le epidemie del bestiame (come l’influenza aviaria), affrontando anche le sfide dei cambiamenti climatici e della resistenza agli antibiotici, allora un passaggio dalle sovvenzioni alla tassazione dell’industria della carne sembra inevitabile.

Nel 2016 Nature Climate Change ha pubblicato lo studio (Mitigation potential and global health impacts from emissions pricing of food commodities) di un team di ricercatori dell’università di Oxford e dell’International food policy research institute,  secondo il quale tassando del 40% le carni bovine, del 20% i prodotti lattiero-caseari e dell’8,5% la carne di pollame si eviterebbero mezzo milione di morti premature all’anno e si ridurrebbero le emissioni climalteranti.

Della tassazione della carne si sta già parlando in Germania, Svezia e Danimarca; in quest’ultima ci sono proposte di legge che suggeriscono una tassa di 2,70 dollari per kg di carne, mentre nel 2016 il governo cinese ha tagliato del 45% il consumo della stessa.

Sembra evidente che limitare fortemente il consumo di carne e derivati ad un solo giorno a settimana, oltre a farci stare meglio, avrebbe un effetto davvero concreto sul global warming. Oggi sono presenti sul mercato tante valide alternative. Si pensi alla società americana Beyond Meat specializzata nella produzione di alternative vegetariane e vegane a carne, hamburger e salsicce.

Questa startup californiana, che dichiara di avere già 10mila punti vendita in tutto il mondo (Italia compresa) punta a raccogliere circa 184 milioni di dollari, piazzando all’incirca 8,7 milioni di azioni ad un prezzo che oscilla tra i 19 e i 21 dollari l’una. La valutazione complessiva del suo business si attesterebbe attorno a circa un miliardo di dollari.

Con la sua attenzione alla sostenibilità nella produzione e alla dimensione più salutista del consumo alimentare, Beyond Meat è stata in grado di attrarre le simpatie e i capitali di molti nomi di prim’ordine, come Bill Gates e Leonardo Di Caprio. Il passo verso la Borsa è stato deciso sulla base del sempre crescente numero di consumatori che in tutto il mondo scelgono di abbracciare alternative green. Se le popolazioni che nel mondo portano avanti un elevato consumo di carne e di prodotti di origine animale decidessero di cambiare rotta e di ridurre drasticamente questi cibi sulle proprie tavole, forse le aziende produttrici ne risentirebbero e sarebbero spinte ad avviare una produzione alimentare più rispettosa dell’ambiente e di tutto il Pianeta.

Oltre alla scelta alimentare più green, occorre selezionare alimenti con packaging biodegradabili, con totale esclusione quindi di plastica e cellofan. Un esempio eccellente è l’azienda svedese Tomorrow Machine, che ha ideato la serie This Too Shall Pass, formata da tre elementi; il primo, destinato a contenere liquidi, è un imballaggio gelatinoso, realizzato con l’acqua e l’agar agar. Una vera e propria gelatina commestibile da utilizzare come imballaggio per le bevande, per i succhi di frutta, per i frullati e per il gelato.  Il secondo elemento ha forma triangolare ed è stato ideato per contenere alimenti secchi, come il riso e i cereali in chicco. Ottenuto con la cera d’api, è biodegradabile e lo si deve ‘sbucciare’ come un frutto per raggiungere ciò che si trova al suo interno. Il terzo elemento è un contenitore dalla forma tondeggiante creato con lo zucchero caramellato rivestito da cera naturale adatto a contenere liquidi, come ad esempio l’olio d’oliva.

Si arriva così al tema dell’economia circolare, che sta guadagnando sempre più spazio nei dibattiti sul futuro dell’economia “verde”: come ridurre gli sprechi alimentari, praticare un’agricoltura a basso impatto ambientale, orientare la dieta di intere popolazioni verso un minore consumo di carne, diminuire le esportazioni massicce di cibo, avvicinando produttori e consumatori su scala locale km 0.

SeDiciAlberi è una start up avente lo scopo la compensazione dell’Co2 prodotta da ogni settore lavorativo, nonché dal singolo individuo, che promuove progetti di riforestazione in India e Nicaragua. La giovane azienda è fortemente consapevole che informare ed educare siano azioni fondamentali per alzare il livello di attenzione e di sensibilità. Propone, inoltre, una combinazione tra sostenibilità e logica contributiva, dove ogni singolo individuo è chiamato a fare la sua parte. Tutti noi possiamo contribuire a compensare anidride carboniche e ad ossigenare il nostro pianeta, con la semplice azione di piantare o adottare un albero.

Se aziende e privati scegliessero di neutralizzare l’anidride carbonica prodotta con le attività del loro settore lavorativo e con le singole azioni quotidiane, si riuscirebbe in un tempo ragionevole, ad assistere ad un inversione di marcia rispetto allo scenario, da cui studiosi, esperti e ricercatori, ci mettono in guardia.

Se credi di poter fare la differenza e desideri neutralizzare anidride carbonica, sostieni i nostri progetti di riforestazione.

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Redazione La Voce

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