Storia

Pantelleria, giugno 1942: la Regia Marina rifila una bella batosta agli inglesi

La brillante vittoria italiana nella battaglia navale di mezzo-giugno

Nella guerra che tra il giugno del 1940 ed il settembre del 1943 fu combattuta tra le flotte italiana e britannica nel Mediterraneo, il bilancio vede una prevalenza di vittorie britanniche negli scontri di superficie (gli inglesi avevano un maggior livello addestrativo, disponevano del vantaggio tattico rappresentato dal radar, e la nostra marina era del tutto priva di portaerei), mentre da parte italiana vi fu una netta prevalenza nella guerra sottomarina e negli episodi di incursione (ai quali abbiamo dedicato diversi articoli). Abbiamo anche visto di recente quale fu il fondamentale ruolo strategico di Malta e di come gli inglesi ne fossero ben consapevoli, tanto che fecero di tutto per rifornire l’isola consentendole di resistere all’assedio al quale la sottoposero le forze aeronavali dell’Asse. E difatti nel giugno del 1942 Churchill ordinò un’operazione in grande stile per rifornire una Malta ormai allo stremo, ma che gli inglesi non volevano assolutamente perdere: due convogli di piroscafi fortemente scortati, uno proveniente da Gibilterra ed uno da Alessandria, dovevano raggiungere Malta con un prezioso carico di viveri e munizioni. La Regia Marina riuscì ad intercettare le due spedizioni e ne nacque una battaglia navale che va sotto il nome di battaglia di mezzo-giugno, costituita da due scontri navali del cui svolgimento andremo ora a conoscere i fatti.

Ricordiamo brevemente le caratteristiche delle tipologie di navi da guerra di cui parleremo. Il cacciatorpediniere è una nave di piccolo tonnellaggio veloce e manovrabile, usata per le missioni di scorta a convogli civili ed unità da guerra pesanti; di tonnellaggio immediatamente superiore è l’incrociatore leggero, che rispetto ad un cacciatorpediniere è più autonomo e potentemente armato, cui segue l’incrociatore pesante, ancora più potente in termini di armamento, seguito poi dalla corazzata, la più potente della navi da battaglia. Ovviamente aumentando la corazzatura diminuiscono velocità e manovrabilità, mentre aumenta il calibro delle artiglierie in dotazione e quindi la gittata ed il volume di fuoco realizzabile.

La sera dell’11 giugno partirono da Gibilterra 6 piroscafi scortati da 10 cacciatorpediniere e protetti a distanza da due formazioni costituite dalla corazzata Malaya, le portaerei Eagle ed Argus, gli incrociatori leggeri Liverpool, Charybdis e Cairo, oltre a 17 cacciatorpediniere; la missione prese il nome di Harpoon, e prevedeva che la squadra da battaglia lasciasse il convoglio una volta raggiunto il Canale di Sicilia, mentre per il resto del tragitto fino a Malta la scortata sarebbe stata garantita dall’incrociatore leggero Cairo e da 9 cacciatorpediniere. Contemporaneamente partì da Alessandria l’altro convoglio scortato, la cui missione fu denominata Vigorous, composto da 11 piroscafi; la scorta di questo secondo convoglio era però molto meno consistente di quella che scortava il convoglio della missione Harpoon, ed il motivo era che dopo la gloriosa impresa di Alessandria, con la quale i mezzi di incursione della nostra marina avevano gravemente colpito la forza navale britannica del Mediterraneo (i dettagli sono descritti in un nostro precedente articolo), gli inglesi erano stati messi in grave difficoltà. Dovendo quindi fare di necessità virtù, si inventarono quindi uno stratagemma per ingannare gli italiani: alla squadra navale di scorta alla missione Vigorous venne aggregata una vecchia corazzata di nome Centurion, oramai praticamente in disarmo ed usata solo per fini addestrativi, che fu dotata di cannoni finti e poche mitragliatrici. A questa corazzata “finta” si unirono i (veri) incrociatori leggeri Cleopatra, Dido, Hermione, Euryalus, Arethusa, Newcastle, Birmingham e 26 cacciatorpediniere.

Gli italiani intuirono immediatamente la portata delle due missioni inglesi e risposero prontamente in accordo con i tedeschi (in Sicilia era stanziato il CAT, Corpo Aereo Tedesco, che collaborava con le forze aeronavali italiane): per fermare l’Operazione Harpoon partita da Gibilterra, uscì da Palermo una squadra al comando dell’ammiraglio Alberto Da Zara costituita gli incrociatori leggeri Eugenio di Savoia (nave ammiraglia della squadra di Da Zara) e Montecuccoli, oltre a 5 cacciatorpediniere, mentre un certo numero di MAS (Motoscafi Anti Sommergibile) e 14 sommergibili vennero inviati nel Canale di Sicilia dove si posero in agguato. Per fronteggiare le missione Vigorous partita da Alessandria salpò da Taranto una squadra da battaglia costituita dal grosso della nostra forza navale: le corazzate Littorio e Vittorio Veneto, gli incrociatori pesanti Gorizia e Trento, gli incrociatori leggeri Garibaldi e Duca D’Aosta e 12 cacciatorpediniere.

La mattina del 14 giugno una grossa formazione di aerei italiani partiti dalla Sardegna, costituita da 18 bombardieri e 18 aerosiluranti con la relativa scorta di caccia, si lanciò decisamente all’attacco in diverse ondate contro la missione Harpoon proveniente da Gibilterra; l’incrociatore leggero Liverpool venne colpito gravemente e dovette essere rimorchiato fino a Gibilterra, mentre un piroscafo venne affondato. Sotto gli incessanti attacchi degli aerei italiani, la missione inglese giunse fino al Canale di Sicilia dove, come previsto, il grosso della scorta inglese invertì la rotta per fare ritorno a Gibilterra, lasciando a protezione del convoglio il Cairo ed i cacciatorpediniere. Gli inglesi erano convinti che questa scorta sarebbe stata sufficiente, ignorando che la squadra dell’ammiraglio Da Zara fosse in navigazione per intercettare la missione Harpoon.

Il 15 giugno alle ore 5:39 la squadra di Da Zara entrò in contatto con la formazione inglese poco a sud di Pantelleria, sicché l’Eugenio di Savoia ed il Montecuccoli aprirono il fuoco contro i due cacciatorpediniere nemici che aprivano la via alla formazione nemica. Dopo questo primo contatto, Da Zara ordinò alle sue unità di attaccare a fondo la formazione nemica e ne nacque un violento scontro durante il quale il cacciatorpediniere Vivaldi venne colpito subendo danni che ne limitarono fortemente la velocità; il cacciatorpediniere Malocello prese quindi a girargli attorno generando una cortina fumogena per nasconderlo agli inglesi data la estrema vulnerabilità dovuta alla velocità ridotta. Nonostante il soccorso del Malocello, il Vivaldi divenne bersaglio delle unità inglesi, al che il comandante capitano di vascello Ignazio Castrogiovanni comunicò all’ammiraglio Da Zara: “Combatterò fino all’ultimo. Viva il Re!” Fortunatamente per il Vivaldi, gli inglesi mollarono la presa e l’unità italiana ferita riuscì a raggiungere Pantelleria.

Nel frattempo l’attacco della squadra dell’ammiraglio Da Zara proseguì, e l’Eugenio di Savoia ed il Montecuccoli si lanciarono con tale impeto contro le unità inglesi da giungere a distanza di tiro con le mitragliatrici: il Cairo venne colpito e due cacciatorpediniere furono gravemente danneggiati ed immobilizzati. Nel contempo intervennero gli aerei italiani e tedeschi che colpirono un piroscafo inglese affondandolo e colpendo gravemente una petroliera (che dovette essere rimorchiata e fu poi affondata da un attacco aereo tedesco) ed un secondo piroscafo che affondò in seguito. A questo punto il bilancio per la missione Harpoon era il seguente: delle 6 navi del convoglio partito da Gibilterra, 3 erano state affondate ed uno era rimorchiato, quindi solo 2 rimanevano incolumi. Ciò che rimaneva della missione Harpoon si diresse a tutta velocità verso Malta, ma solo uno dei due piroscafi inglesi riuscì a raggiungere la propria destinazione, dato che l’altro affondò dopo essere incappato in una mina assieme a 5 cacciatorpediniere inglesi che registrarono danni che portarono all’affondamento di uno di essi. Con questo la missione Harpoon poteva dirsi conclusa e fallita. Nel complesso gli inglesi lamentarono l’affondamento di 4 piroscafi e 2 cacciatorpediniere, mentre 2 incrociatori leggeri, 5 cacciatorpediniere ed un piroscafo vennero danneggiati; per gli italiani le perdite furono il danneggiamento del Vivaldi più altri 2 cacciatorpediniere che lamentarono danni non gravi.

Mentre al largo delle acque di Pantelleria si stava svolgendo lo scontro tra le unità della squadra italiana comandata dall’ammiraglio Da Zara e le unità della missione Harpoon, l’altra squadra italiana, quella partita da Taranto per intercettare la squadra inglese della missione Vigorous, entrò in contatto col nemico alle 7:00 sempre di quel 15 giugno. Gli inglesi disponevano di una buona copertura aerea e difatti l’incrociatore pesante Trento venne attaccato da un aerosilurante venendo colpito da un siluro rimanendo immobilizzato. Rimasto isolato con la scorta di 2 cacciatorpediniere, il Trento ricevette il colpo di grazia dai siluri di un sommergibile inglese che lo colpì colandolo a picco definitivamente: dei 1151 uomini dell’equipaggio del Trento ne furono tratti in salvo solo 602. Mentre si consumava la tragedia del Trento, la squadra italiana venne attaccata da una formazione aerea americana che venne tenuta alla larga dal fuoco della contraerea delle nostre unità, tanto che solo una delle bombe lanciate dagli apparecchi nemici raggiunse il bersaglio causando danni lievi alla corazzata Littorio. Intanto convoglio e scorta della missione Vigorous decisero di rientrare ad Alessandria, dato che la presenza in mare di una squadra italiana ben più potente della scorta suggerì agli inglesi di battere in ritirata. Sulla via del ritorno le unità furono attaccate da una formazione di aerei tedeschi che affondò un cacciatorpediniere e colpì anche la “finta” corazzata Centurion, mentre aerei italiani colpirono ed affondarono un secondo cacciatorpediniere e poco dopo un sommergibile tedesco affondò l’incrociatore leggero Hermione. A conti fatti, anche la missione Vigorous si concluse per gli inglesi con un completo insuccesso. Gli inglesi persero un incrociatore leggero, 3 cacciatorpediniere e 2 piroscafi, 3 incrociatori leggeri, un cacciatorpediniere ed altri 2 piroscafi vennero danneggiati, oltre alla “finta” corazzata Centuriuon; gli italiani persero l’incrociatore pesante Trento mentre la Littorio fu lievemente danneggiata.

Il bilancio fu quindi decisamente negativo per gli inglesi: dei 17 piroscafi che avrebbero dovuto raggiungere Malta, solo uno giunse a destinazione, mentre molti altre navi tra trasporto ed unità da guerra vennero affondate o gravemente danneggiate. Il successo per gli italiani fu innegabile e gli stessi comunicati ufficiali inglesi dovettero ammettere la sconfitta subita. La Regia Marina aveva subito dure sconfitte dall’ingresso in guerra e la carenza di carburante, divenuta ormai drammatica, ne diminuiva pesantemente le possibilità di azione; ma nonostante le gravi difficoltà, i nostri equipaggi avevano saputo dimostrare che la flotta italiana era ancora in grado di battersi e sapeva ancora vincere.

In ultimo, un piccolo vanto per l’autore di questo articolo. Nello scontro svoltosi quel 15 giugno del 1942 al largo delle acque di Pantelleria, a bordo dell’incrociatore leggero Eugenio di Savoia vi era un giovane marinaio napoletano che stava compiendo il proprio dovere in quella battaglia, e che fu poi decorato assieme agli altri membri degli equipaggi delle regie navi vincitrici: quel marinaio si chiamava Raffaele Ammendola.

Marco Ammendola

Nell’immagine, l’incrociatore leggero Eugenio di Savoia

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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