Storia

Pastrengo, 30 aprile 1848: la gloriosa carica dei Carabinieri a cavallo

Vittoria piemontese nella storica battaglia della Prima Guerra di Indipendenza

Riprendiamo con questo articolo i contatti con la storia risorgimentale, ed entriamo nelle primissime fasi della prima Guerra di Indipendenza, iniziata a seguito dei moti insurrezionali del 1848. Dopo aver promulgato lo Statuto Albertino, re Carlo Alberto di Savoia, sovrano del Regno di Sardegna, entra in guerra contro l’Austria il 23 marzo del 1848, ossia il giorno dopo la conclusione delle gloriose Cinque Giornate di Milano; attraversata la Lombardia, dalla quale gli austriaci erano stati cacciati dopo lo smacco subito ad opera dei valorosi cittadini milanesi, l’esercito piemontese entra in contatto con l’armata austriaca comandata dal maresciallo Radetzky.

Siamo nell’aprile del 1848 e l’esercito di Carlo Alberto si trova di fronte agli austriaci a tre chilometri dall’Adige, otto dalla strategica strada che unisce Verona a Trento (linea di comunicazione fondamentale per l’esercito imperiale in Italia), e minaccia la stessa Verona: il II corpo è schierato a sinistra al comando del generale De Sonnaz ed il I a destra comandato dal generale Bava, con la divisione di riserva posta più in dietro centralmente. In totale 51 battaglioni piemontesi fronteggiano 33 battaglioni austriaci, questi ultimi posti in posizione tatticamente favorevole essendo arroccati in un campo trincerato; artiglieria e cavalleria sono grossomodo equivalenti. Radetzky, schierato il suo esercito sulla sinistra dell’Adige, aveva fatto occupare con alcuni reparti la destra del fiume sulla posizione di Pastrengo-Bussolengo, circa 25 chilometri da Verona, realizzando oltre Adige una testa di ponte decisamente pericolosa per l’esercito sabaudo: la posizione austriaca impediva un’eventuale azione contro Verona, rappresentando una minaccia sul fianco dell’esercito piemontese avanzante contro la città veneta; sicché il comando supremo piemontese decise di eliminarla.

Arriviamo quindi al 30 aprile ed allo scontro; contro i 7 battaglioni austriaci della testa di ponte oltre Adige muovono decise 4 brigate piemontesi: in totale 8.000 austriaci fronteggiano 14.000 piemontesi, ben decisi a sloggiare il nemico dalla destra.

Le brigate piemontesi avanzano in direzione della posizione nemica su un terreno collinare molto umido e pesante, con un’azione lenta e macchinosa che dura ben tre ore; il re Carlo Alberto si muove sulla linea del fronte con la sua scorta di tre squadroni di carabinieri a cavallo. Ad un tratto il drappello subisce una scarica di fucileria da parte degli austriaci retrocedendo; il re è in grave pericolo, ed i carabinieri, ripresi dallo scossone iniziale, partono alla carica e travolgono gli austriaci mettendoli in fuga.

La carica dei carabinieri mette in salvo il re ed eccita i reparti piemontesi, che alla vista della travolgente azione dei carabinieri, riprendono vigore e danno nuovo slancio all’offensiva sbaragliando le difese austriache e catturando 382 prigionieri. I piemontesi hanno avuto 15 morti e 91 feriti; gli austriaci 24 morti, 142 feriti.

Vittoria piemontese dunque, ma fu un successo non sfruttato per quanto le condizioni avrebbero permesso. Delle brigate piemontesi, solo i battaglioni di testa presero effettivamente parte all’azione, mentre l’impiego a massa di tutte le forze disponibili avrebbe permesso di ottenere un successo strategico ben più consistente; l’avanzata oltre l’Adige avrebbe messo in seria difficoltà lo schieramento austriaco che difendeva Verona ed avrebbe minacciato le comunicazioni delle forze di Radetzky con il Tirolo e la madrepatria; da notare poi che il combattimento si spense alle 16, ossia quando vi erano ancore diverse ore di luce utili per l’inseguimento del nemico.

Comunque fu portata a casa una vittoria, ed i soldati piemontesi avevano confermato il loro tradizionale valore. Ed in particolare l’azione dei carabinieri fu travolgente e divenne un mito, tanto che ancora oggi nel tradizionale carosello storico dell’Arma, viene rievocata la carica a cavallo che quel 30 aprile del 1848 salvò il re e contribuì in maniera determinante alla vittoria piemontese nella battaglia di Pastrengo.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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