Economia

PIL a rischio calo nel secondo trimestre del 2019

Gli investimenti potrebbero decelerare in termini significativi a causa della persistente incertezza che grava sul quadro macroeconomico

Nel 2018, alla stregua di quanto accaduto ai principali partner europei, anche l’economia italiana ha segnato un netto rallentamento della crescita del Pil rispetto al 2017 (+0,9 per cento da +1,7 per cento), con segnali di flessione nel secondo semestre. Il lieve recupero registrato nel primo trimestre dell’anno in corso (+0,1 per cento rispetto al trimestre precedente), pur confortante in quanto associato a un allargamento della base produttiva e occupazionale, appare fragile. E’ quanto emerge dal Rapporto annuale dell’ISTAT.

La decelerazione della nostra economia nel 2018 è stata determinata, oltre che dal contributo negativo della domanda estera netta (-0,1 punti percentuali, da +0,3 nel 2017), dall’attenuarsi della dinamica dei consumi che, condizionati dalla debolezza del potere d’acquisto delle famiglie, hanno fornito un contributo alla crescita del Pil sostanzialmente dimezzato rispetto all’anno precedente (+0,4 punti percentuali da +0,9 nel 2017). Nella parte finale dell’anno, la riduzione della propensione al risparmio ha quanto meno contribuito a contenerne gli effetti negativi.

Il rallentamento dei consumi si è combinato con modifiche nei comportamenti delle famiglie, sia nella composizione della spesa, in termini di qualità dei prodotti, sia rispetto ai canali distributivi utilizzati per conseguire vantaggi di prezzo e mantenere il più possibile immutato il proprio tenore di vita.

Tanto nell’area euro quanto in Italia il ciclo degli investimenti ha sostenuto l’economia: nel 2018, gli investimenti fissi lordi hanno rappresentato la componente più dinamica della domanda in quasi tutti i paesi europei, seppur con diversa intensità. In Italia, la crescita degli investimenti (+3,4 per cento, a fronte di +4,3 per cento nel 2017), quand’anche superiore a quella della Germania e della Francia, non è ancora riuscita a colmare la distanza accumulata negli anni precedenti.

Nel nostro Paese, la ripresa degli investimenti è stata stimolata dalle politiche pubbliche di sostegno alle imprese adottate a partire dal 2015 (si pensi, ad esempio, al maxi-ammortamento e a “Impresa 4.0”). Anche gli investimenti in costruzioni hanno registrato un’accelerazione nel 2018 (+2,6 per cento rispetto al +1,3 per cento dell’anno precedente), che ha coinvolto sia la componente delle abitazioni sia quella dei fabbricati non residenziali e altre opere; la ripresa si è peraltro protratta nel primo trimestre del 2019.

Durante il 2018 l’Italia ha proseguito nel percorso di riequilibrio della finanza pubblica, con una riduzione dell’indebitamento netto in rapporto al Pil, dal 2,4 al 2,1 per cento, che ha portato a mezzo punto percentuale il miglioramento rispetto al 2015. Tale risultato è stato favorito da un ulteriore ampliamento del saldo primario, che ha raggiunto l’1,6 per cento in rapporto al Pil, valore superiore alla media dell’area euro (1,3 per cento). Questi progressi non sono stati però sufficienti ad arrestare la dinamica del debito, la cui incidenza sul Pil nominale è salita al 132,2 per cento, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al 2017 e ben al di sopra della media dell’area euro (85,1 per cento).

La situazione finanziaria del settore privato ha manifestato, invece, una minore vulnerabilità rispetto a quella delle Amministrazioni pubbliche. Nel periodo 2000-2017, i valori del debito delle famiglie italiane e delle società non finanziarie sono stati inferiori ai corrispondenti valori mediani dei paesi dell’area euro, rispettivamente di 16,5 e 16,8 punti percentuali. Inoltre, dopo un triennio di risultati negativi, nel 2018 la situazione delle famiglie in termini di attività reali e finanziarie è migliorata confermando una specificità del nostro Paese nel panorama europeo. Infine, la ricchezza netta delle famiglie italiane – secondo il dato a fine 2017 – è risultata pari a 8 volte il reddito disponibile, un rapporto ben più elevato di quello osservato altrove in Europa.

Lo scorso anno, il mercato del lavoro ha risentito solo in parte del rallentamento ciclico dell’economia. L’occupazione ha continuato a crescere, seppure a ritmi inferiori rispetto ai due anni precedenti, riportandosi su un livello simile a quello pre-crisi. Contestualmente è proseguita con una intensità maggiore la diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro. Ne è conseguito un calo del tasso di disoccupazione (dal 12,2 per cento al 10,6 per cento), che rimane comunque largamente superiore a quello dell’area euro.

Nel 2018, le retribuzioni lorde di fatto (per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) sono cresciute dell’1,7 per cento, a fronte dello 0,3 per cento registrato nel 2017. L’andamento complessivo è la sintesi di una dinamica più elevata nei servizi – per gli effetti dei rinnovi nel comparto pubblico, dopo il blocco che si protraeva dal 2010 – e più contenuta nell’industria.

Sul fronte dei prezzi, il rallentamento della domanda di consumo ha contribuito a mantenere l’inflazione su livelli bassi, con tassi di crescita dei prezzi al consumo inferiori a quelli dei principali paesi dell’area euro.

Va preso atto che verso la fine del 2018 e all’inizio del 2019 il clima di fiducia dei consumatori è peggiorato significativamente, con valutazioni più pessimistiche diffuse a tutte le componenti. A maggio 2019, tuttavia, il corrispondente indice ha mostrato una inversione, tornando ad aumentare. Anche l’indicatore composito del clima di fiducia delle imprese (IESI), che aveva mostrato analoghe tendenze negative, in maggio registra un miglioramento: segnale che ha coinvolto tutti i comparti e, in misura maggiore, le costruzioni. Per il settore manifatturiero, l’indice di fiducia è risalito, grazie soprattutto ai giudizi sugli ordini e alle attese sulla produzione, associati a un calo delle scorte.

Negli ultimi mesi l’indicatore anticipatore ha tuttavia continuato a segnalare prospettive a breve termine caratterizzate da una persistente debolezza dei livelli di attività economica, con qualche lieve segnale di stabilizzazione nei mesi recenti.

Nel 2019, in base alle previsioni Istat, si attende che la crescita del Pil italiano, sostenuta solo dalla domanda interna, si attesti allo 0,3 per cento, in decelerazione rispetto all’anno precedente. I consumi delle famiglie, seppure in marginale rallentamento rispetto al 2018, costituiranno il principale sostegno alla crescita. Viceversa, l’attività di investimento sembrerebbe destinata a decelerare in termini significativi a causa della persistente incertezza che grava sul quadro macroeconomico nazionale e internazionale. Nel 2019, gli investimenti fissi lordi italiani segnerebbero un aumento marginale (+0,3 per cento) beneficiando in termini contenuti anche delle agevolazioni disposte nel Decreto crescita. Si prevede che il rallentamento di esportazioni e importazioni in volume determini un contributo nullo della domanda estera netta alla crescita.

La Voce

Fonte: ISTAT

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Redazione La Voce

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