Economia

PROCEDURA D’INFRAZIONE PER L’ITALIA: UN COLPO DURISSIMO E SENZA PRECEDENTI

Potremmo subire una multa sino a 9 miliardi di euro, il congelamento dei fondi strutturali ed il blocco dei prestiti da parte della Banca Europea

La Commissione Europea ha espresso parere negativo sulla Manovra finanziaria italiana e per questa ragione, l’apertura della procedura d’infrazione per eccesso di debito, appare ormai inevitabile.

Sarà il prossimo Ecofin, previsto per il 3 e 4 dicembre a decidere le sorti alle quali andrà incontro il nostro Paese, sentiti i pareri dei Ministri delle Finanze degli stati membri. Qualora la direzione fosse quella di procedere contro l’Italia, la Commissione Europea si rivolgerà al Consiglio Europeo per chiedere formalmente l’apertura della procedura d’infrazione, cosa che dovrà avvenire entro il 1° febbraio 2019. Il Consiglio Europeo, a questo punto, ammonirà l’Italia a correggere i termini della Manovra e per questo concederà dai tre ai sei mesi di tempo scaduti i quali, se nulla sarà stato fatto, scatteranno le sanzioni.

Quello che accadrebbe in Italia, potrebbe avere conseguenze devastanti per la nostra economia. Vediamo nel dettaglio quali.

 

Cominciamo col dire che l’Italia finirebbe nel mirino dei tecnici di Bruxelles che guarderebbero con vivo interesse alle casse dello Stato, chiedendo l’invio di un report semestrale sul bilancio, sino a quando questo non sarà allineato con i parametri imposti da Bruxelles.

Qualora l’Esecutivo gialloverde dovesse ostinarsi a non accettare compromessi con la Commissione Europea, l’Italia potrebbe essere sanzionata sino a 9 miliardi di euro. La stima della multa sarebbe stabilita in base alla gravità del mancato rispetto delle norme ed alle conseguenze per gli altri Paesi membri; la capacità di pagamento del Paese ed  il periodo in cui il diritto dell’Unione Europea non è stato applicato. Potenzialmente, l’Unione Europea potrebbe arrivare a sanzionare sino allo 0,9% del PIL: per l’appunto, considerando l’Italia, 9 miliardi di euro. Va detto però che l’UE avvierebbe la procedura praticando una prima sanzione pari allo 0,2% del PIL.

Parlando poi di congelamento dei fondi strutturali, significa che l’Italia non potrebbe più attingere a quelle forme di finanziamento predisposte dall’Unione Europea da destinarsi ai Paesi membri per il loro sviluppo economico. Qualora questo dovesse verificarsi, l’Italia andrebbe a rimetterci qualcosa come 73,67 miliardi per il periodo 2014-2020 e spalmati in cinque fondi: Fondo agricolo per lo sviluppo rurale, per la coesione, per lo sviluppo regionale, per la pesca e fondo sociale.

Un altro duro colpo alle casse dello Stato arriverebbe dal blocco dei prestiti da parte della Banca Europea. All’Italia potrebbe essere interdetta la possibilità di acquistare i Titoli di Stato della Banca Centrale Europea e l’UE potrebbe esigere informazioni dettagliate da parte dell’Italia, prima di dare il via libera all’emissione dei Titoli di Stato. Inoltre, l’Unione Europea potrebbe intervenire sulla Banca Europea e sulla Banca Centrale Europea per ottenere la restituzione di quanto prestato al nostro Paese.

Se tutto questo dovesse verificarsi, l’Italia vanterebbe l’assai poco invidiabile record di essere il primo Paese nella storia dell’Unione a subire la cosiddetta EDP, ovvero la procedura di infrazione per debito. Vero è che altri Paesi in precedenza sono finiti sotto questa procedura, sfiorando il tetto del 3%; è anche pur vero però che questo riguardava il loro deficit ed era sufficiente una limatura al disavanzo per tornare ad essere linea. Diverso è per l’Italia che si esporrebbe alla procedura a causa del debito  (131% del Pil in Italia) e non del deficit.

Per sperare di uscire da questa rischiosissima situazione, l’Italia dovrebbe impegnarsi a rispettare le regole del debito, praticandovi tagli annuali del 3,5% per i tre anni successivi: uno “scherzo” da 60 miliardi di euro.

Ora, non resta altro che attendere il 3 e 4 dicembre quando i Ministri delle Finanze UE si pronunceranno. Tristemente, l’esito appare sin d’ora scontato e quel che è peggio, i tempi di avvio della procedura d’infrazione sono tutt’altro che lunghi. Il 22 gennaio 2019 infatti, potrebbe cominciare l’iter e le nefaste conseguenze si paleserebbero sin dalla prossima primavera.

Per arginarle, il Governo potrebbe ricorrere all’istituzione di un Fondo Patrimoniale nel quale andrebbero a confluire le proprietà immobiliari dello Stato allo scopo di metterle in vendita: sempre che si trovino gli acquirenti.

Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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