Scienza

Spegnere il dolore con la luce? E’ possibile con una tecnica tutta italiana

I ricercatori dell'Embl di Roma hanno sintetizzato un complesso chimico sensibile alla luce infrarossa in grado di agire sulle cellule nervose della pelle, le stesse che si attivano in chi soffre di dolore cronico

Una ricerca pubblicata su Nature Communications e condotta in Italia nel Laboratorio europeo di biologia molecolare (Embl) di Monterotondo a Roma, ha svelato una tecnica innovativa in grado di spegnere il dolore con la luce. Il dolore neuropatico è un dolore cronico associato, fra i vari possibili sintomi, a sensazioni estremamente dolorose, anche in seguito a un leggero contatto con oggetti di uso quotidiano (nei movimenti del corpo o per lo strofinio dei vestiti).

I ricercatori dell’Embl (del cui gruppo fanno parte anche alcuni studiosi italiani), coordinati da Paul Heppenstall hanno sintetizzato un complesso chimico sensibile alla luce infrarossa: in pratica, una volta trattate queste cellule con una specifica sostanza chimica, è sufficiente esporle a una fonte luminosa per spegnere il dolore. Dunque gli scienziati sono riusciti a desensibilizzare quelle fibre nervose che inviano segnali errati ai centri del dolore nel nostro cervello, il meccanismo alla base del dolore neuropatico.

Per arrivare a questo risultato, il team del dottor Heppenstall ha studiato il processo alla base del dolore, riuscendo ad identificare un gruppo particolare di cellule nervose nella pelle, responsabili della sensibilità agli stimoli tattili leggeri, come il tocco o una carezza. Le stesse cellule che provocano il dolore acuto nei pazienti affetti da dolore neuropatico. Nei test sperimentali di laboratorio, iniettando in un campione di topi affetti da dolore neuropatico un composto chimico sensibile alla luce nell’area e illuminandola, i ricercatori sono riusciti ad allontanare queste cellule nervose dalla superficie della pelle, alleviando il dolore da esse causato per un certo periodo di tempo.

Solitamente questi esemplari ritiravano velocemente le zampe quando venivano toccati, ma dopo essere stati sottoposti al trattamento, l’effetto benefico si è subito manifestando ed i loro riflessi sembravano tornare normali per alcune settimane. Questo perché “le fibre sensoriali del dolore cronico si trovano sulla pelle: se esposte alla luce, si ritraggono dalla superficie, portando un sollievo duraturo all’animale”, ha spiegato il team.

Linda Nocchi, una delle ricercatrici coinvolte nello studio, ha precisato: “In condizioni patologiche lo stimolo che normalmente è percepito come una carezza può provocare dolore. Anche indossare una maglietta per chi soffre di dolore cronico può rappresentare un problema. Il nostro studio ha dimostrato per la prima volta che le fibre nervose coinvolte nei due processi sono le stesse. Grazie a questa tecnica abbiamo, però, osservato che è possibile ‘tagliare i rami’ a queste fibre nervose, che dopo l’esposizione alla luce ritirano le proprie antenne. In questo modo – ha concluso Nocchi – lo stimolo doloroso superficiale non viene percepito per un periodo di tre settimane”.

Attualmente, contro il dolore cronico non esiste nessuna terapia efficace che sia priva di effetti collaterali ed è un male perché questa disfunzione dell’attività neurologica è una realtà quotidiana per quasi 60 milioni di persone in Europa, circa il 7-8% della popolazione. Ma ora i ricercatori, avendo osservato che la composizione dei tessuti e le caratteristiche dei neuroni coinvolti sembrano essere simili a quelle dell’essere umano, hanno ipotizzato che questo metodo potrebbe essere efficace per trattare il dolore neuropatico anche nell’uomo. Il mondo scientifico è forse pronto per fare il passo successivo e testare la nuova tecnica sugli esseri umani? Gli studiosi hanno fatto sapere che è in corso la richiesta di brevetto per la tecnica messa appunto nel loro laboratorio di Monterotondo.

Beatrice Spreafico

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Beatrice Spreafico

"Leggere, scrivere, chiacchierare, ascoltare, ridere, amare.. queste sono le costanti della mia vita senza le quali non potrei essere io. Amo emozionarmi e sorprendermi, cercando di lasciare un bel ricordo di me nelle persone che incontro. Credo nell’empatia e nel potere della determinazione: la mia testardaggine incallita è rinomata e - guarda caso - il mio motto è “mai arrendersi. Le cose belle richiedono tempo”. Porto gli occhiali, che sono la mia estensione sul mondo e vivo tra ricci e capricci. Sono Social Media Manger In Wellnet, dove mi occupo di Social e sviluppo Piani Strategici ed Operativi per i clienti, su differenti piattaforme. In poche parole? Trasformo le loro richieste in parole ed immagini da ricordare. A LaVoce, invece, mi occupo della prima pagina scrivendo di politica, economia, attualità e scienza."

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