Cronaca

STRAGE DI VIA D’AMELIO. PARLA FIAMMETTA BORSELLINO

La figlia del magistrato ucciso 26 anni fa insieme alla scorta, denuncia ombre e depistaggi

A 26 anni dalla strage di Via d’Amelio, dove persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, Fiammetta, la figlia del magistrato non intende fare passi indietro dalla ricerca di una verità che non mai definitivamente arrivata. Ci sono ancora molti, troppi lati oscuri e le inchieste più recenti hanno dimostrato che ci fu chi volle depistare le indagini.

Fiammetta Borsellino lo dice chiaramente: ci fu “un depistaggio iniziato allora, ordito da vertici investigativi e accettato da schiere di giudici”.

In un intervento pubblicato sul quotidiano, ‘La Repubblica’, Fiammetta Borsellino formula 13 domande che al momento, non hanno ancora una risposta. “Domande che io e miei fratelli Manfredi e Lucia non smetteremo di ripetere, che non possono essere rimosse dall’indifferenza o da colpevoli disattenzioni”, afferma la Borsellino.

Perché non vennero applicate  “tutte le misure necessarie per proteggere mio padre, che dopo la morte di Falcone era diventato l’obiettivo numero uno di Cosa nostra”, si interroga Fiammetta Borsellino, sottolineando che anche la scena del crimine non venne adeguatamente protetta, cosa che permise di far sparire la famosa agenda rossa di suo padre.

“Perché i pm di Caltanissetta non ritennero mai di interrogare il procuratore capo di Palermo Pietro Giammanco, che non aveva informato mio padre della nota del Ros sul ‘tritolo arrivato in città’ e gli aveva pure negato il coordinamento delle indagini su Palermo, cosa che concesse solo il giorno della strage, con una telefonata alle 7 del mattino?”, si chiede ancora la Borsellino che aggiunge: “Perché nei 57 giorni fra Capaci e via D’Amelio, i pm di Caltanissetta non convocarono mai mio padre, che aveva detto pubblicamente di avere cose importanti da riferire?”.

Ed ancora, perché Giuseppe Ayala,  “fra i primi a vedere la borsa, ha fornito versioni contraddittorie su quei momenti?”.

Fiammetta Borsellino sposta poi la sua attenzione sul falso pentito Scarantino e sull’ex capo della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera che gli suggeriva cosa dire. Nel merito si interroga: “Perchè i pm di Caltanissetta non depositarono nel primo processo il confronto fatto tre mesi prima tra Scarantino e i veri collaboratori di giustizia (Cancemi, Di Matteo e La Barbera) che lo smentivano?”.

La volontà di Fiammetta Borsellino, di sua sorella e di suo fratello nel cercare le risposte, trova sponda in Claudio Fava, presidente della Commissione Antimafia siciliana. “Resta traccia di quello che è successo ed è successo che tra il ’92 e il ’94 si è assistito al più clamoroso depistaggio che la storia della Repubblica ricordi. Per questo chiederemo agli attuali responsabili dell’intelligence cosa e’ accaduto tra il ’92 e il ’94”, ha affermato Fava aggiungendo: “La Commissione farà un’indagine politica su questa vicenda e da settembre faremo una serie di audizioni”. “Il coinvolgimento di una cellula del SISDE nell’indagine su via D’Amelio, la delega concessa ai Servizi, è fuori dal mondo – ha proseguito Fava -. Non siamo davanti a un abbaglio processuale, ma a una gestione investigativa che ha violato le regole. Chi ha chiesto e chi ha concesso tutto questo?”.

Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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