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VACANZE ITALIANE. Viaggio nelle Terre Verdiane tra storia e cultura

Terza puntata

Sono così giunto alla terza ed ultima tappa del mio, ma anche vostro tour tra la vita e le opere del Maestro Giuseppe Verdi. La meta non poteva che essere Villa Verdi a Sant’Agata, piccola frazione del Comune di Villanova sull’Arda in provincia di Piacenza.

Il Maestro, ormai già famoso, acquistò la villa ed i terreni circostanti l’8 Maggio del 1848. La scelta fu fatta fondamentalmente per sfuggire ai benpensanti di Busseto che non vedevano di buon occhio la sua convivenza che ormai dura da dodici anni con la celebre soprano Giuseppina Strepponi, che il maestro sposerà comunque successivamente in Francia. Posso visitare la villa solo in parte ma forse è la zona più suggestiva, quella dell’intimità dei due artisti, quella dove videro la luce capolavori come il Trovatore, la Traviata, La forza del Destino, il Don Carlos, l’Aida fino all’ultimo capolavoro, il Falstaff.

La prima stanza dove accedo è la camera di Giuseppina Strepponi; gli arredi sono in perfette condizioni ed i profumiGiuseppina Strepponiintensi sanno d’arte e storia. Mi viene spiegato che, tra queste pareti, la Strepponi amava ricevere le amiche più intime con la quali trascorreva ore a giocare a dama. Gli occhi si posano sul letto ed il tempo, da quel 14 Novembre del 1897 quando Giuseppina Strepponi si addormenta per sempre, sembra non esser mai passato: è come se l’artista l’avesse lasciato solo qualche ora prima. Inebriarsi d’arte può dare queste sensazioni forti.

Accanto alla sua camera, un’altra perla: il suo camerino dove sono custoditi alcuni dei suoi indumenti, le sue letture prevalentemente in lingua francese ed il preziosissimo forte-piano, lo strumento figlio del clavicembalo, a sei pedali dove il Maestro compose nel periodo intercorso tra il Rigoletto e l’Aida. Difficile staccar gli occhi da quell’apparentemente anonimo strumento dal quale tuttavia sono uscite le note che lo hanno reso immortale.

Attraverso ancora la camera di Giuseppina Strepponi per accedere alla stanza che fu la camera di Giuseppe Verdi; difficile rimanere impassibili quando si sa che tra quelle pareti il Maestro potè esprimere il massimo della sua produzione artistica. Anche qui, tutto è rimasto come allora: il suo letto, la scrivania alla quale componeva, la teca che conserva i guanti indossati per dirigere la Messa da Requiem in memoria del suo grande amico Alessandro Manzoni. Nel locale adiacente, gelosamente custoditi, il suo cappello a cilindro, tante volte evocato nelle opere di pittori, scultori ed incisori, il suo materiale politico quando, da parlamentare del Regno d’Italia, si spese con proposte di Legge relative alla riforma sui Conservatori ed alla riforma dei diritti d’autore. Scorgo tra le mensole di una piccola libreria le opere di Bach, Mozart, Haydn e Beethoven da sempre ispiratori del suo genio.

Proseguo ed accedo all’ultimo dei locali visitabili: la stanza dove è fedelmente riprodotta, grazie a donazioni degli arredi originali, la camera dell’Hotel de Milàn, l’albergo milanese sito in via Manzoni dove, all’alba del 27 Gennaio 1901, il Maestro spirò. Sfido chiunque si trovi al cospetto di tanta sacralità a non provare forte l’emozione. Ho bisogno di una boccata d’aria per riprendere il pieno uso della lucidità e non c’è nulla di meglio che passeggiare nel’enorme parco che circonda la villa: sei ettari di vegetazione con al centro un laghetto attraversato da ponticelli in stile orientale. Una delizia per gli occhi ed un riposo per la mente e lo spirito. Forse capisco come potesse esser possibile per il Maestro regalare i capolavori che tutti noi ben conosciamo: un silenzio ed una pace tali da poter essere un potentissimo alleato per l’arte ed il genio del Cigno di Busseto che mi sembra di veder passeggiare, ormai anziano tra quei viali alberati alla ricerca della nuova ispirazione.

Lascio Villa Verdi concludendo il mio cammino verdiano, arricchito nel cuore e nell’anima come chi, assetato ha trovato la fonte dell’immortalità alla quale ha avuto la fortuna di abbeverarsi.

Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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