Voce alla birra

VOCE ALLA BIRRA. La storia del bicchiere – Seconda parte

Ecco come è stato apprezzato il boccale di vetro

Care Amiche e cari Amici de La Voce, la scorsa settimana ho cominciato a parlarvi del bicchiere destinato anche a bere la birra, dalla sua prima realizzazione preistorica, sino ad arrivare a metà del 1800, quando fece la sua comparsa il boccale di vetro per meglio apprezzare il nettare.

Da questo momento, il successo del bicchiere di vetro non solo aiuta i birrai innovatori ad utilizzare la filtrazione, ma li induce a personalizzarli in funzione del tipo, colore, gusto, aroma e tenuta della schiuma; soprattutto per comunicare ai consumatori la marca. Anche Pauwel Kwak, produttore birraio e gestore della locanda ‘De Hoorn Inn’, una delle tante stazioni per diligenze, studia un nuovo bicchiere unendo l’utile al dilettevole. IN quell’epoca, i cocchieri avevano l’obbligo di non lasciare incustodita sia la diligenza, sia i cavalli e quindi, non potevano usufruire del consumo all’interno della locanda. Fu così che Pauwel Kwak fece studiare il bicchiere per cocchieri, incastrabile nei supporti ubicati sul cocchio, accanto al conducente.

Un’altra particolarità legata al boccale di vetro è quella del bere la birra dallo Yard. Non è un’impresa facile: di solito lo si trova appeso alle pareti dei pub. Si tratta di un bicchiere la cui lunghezza è di 91,5 centimetri e risale alla Gran Bretagna del XVII Secolo, quando l’arte della lavorazione dei ‘flint glass’ stava decollando. Saper bere dallo Yard è una cosa per pochi: nella maggior parte dei casi si finisce col rovesciarsi la birra addosso. Per evitare tutto questo, occorre tenere il bicchiere in posizione orizzontale e mantenerla costante facendolo ruotare. Il record mondiale di consumo di birra dallo Yard senza sprechi è di 5 secondi: difficile da battere. Esistono anche i metà Yards per fare pratica a casa.

Tornando alla storia del bicchiere di vetro per birra, per il primo prodotto in serie bisognerà attendere il consolidamento della produzione di birra che arriverà nel 1920. Contemporaneamente si studia l’evoluzione del tankard (da legno a vetro). Nasce quindi il ‘Mug’ a dieci facce. Nel 1930, il Mug si evolve e diventa più robusto, rafforzato dalle fossette per renderlo più resistente al brindisi.

Nel 1960, la brasserie Mortgat, per esaltare quel “diavolo di birra” che produce e risponde al nome di Duvel, fa studiare e realizzare un bicchiere capace di raggruppare nel suo spazio, tutte le caratteristiche organolettiche della Golden Ale.

Da quell’anno, il Mug a fossette comincia il suo declino, sostituito da bicchieri a forma conica, biconica, svasata e via discorrendo. Il Mug a fossette resiste comunque nella versione da litro e mezzo litro che spesso vediamo nelle feste della birra. Nei pub, anche per motivi di spazio, prende sempre più piede il ‘Nonik’ impilabile e riempibile dalla pompa senza “fronzoli”.

Con l’evoluzione e l’innovazione, ogni birreria ha studiato il proprio bicchiere per meglio rispondere alle esigenze dei propri consumatori, partendo dalla volontà di esaltare l’aspetto, la schiuma, l’intensità e la finezza olfattiva, il corpo, l’amaro, la frizzantezza, l’equilibrio gustativo, la persistenza olfattiva e retro-olfattiva, la giusta quantità. Molti bicchieri sono diventati anche “tecnici” e molte birrerie hanno fatto fortuna anche grazie al giusto bicchiere. Io stesso ho studiato nel 2004 con Bormioli Rocco, i bicchieri da “accademia” per esami sensoriali delle macro tipologie.

Lo stesso Teo Musso, di concerto con Lorenzo Dabove (detto Quaska) e Rastal, bene hanno fatto a presentare in occasione di ‘Pianeta Birra 2006’ il bicchiere Teku (da Teo e da Kuaska), per apprezzare al meglio le birre prodotte da micro birrifici.

La prossima settimana proseguiremo il nostro viaggio nel mondo dei bicchieri da birra, conoscendoli nei loro modelli, storia e curiosità.

A presto e… salute!

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo

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