Storia

1706, Torino assediata: la città allo stremo

Lo scontro finale e l'epilogo

Negli ultimi due articoli abbiamo visto come durante la Guerra di Successione Spagnola (1701-1715) la capitale del Ducato di Savoia sia stata messa sotto assedio dalle forze franco-spagnole; abbiamo poi rivissuto i drammatici momenti della guerra sotterranea di mina e contromina combattuta ferocemente tra gli assedianti ed i difensori della città piemontese, durante la quale divenne leggenda il valoroso soldato Pietro Micca. In quell’assedio durato quattro mesi e mezzo, la città riuscì a resistere caparbiamente, ma verso la fine le energie rimaste a disposizione dell’esercito dei difensori e della cittadinanza stremata erano ormai esaurite, e a mantenere viva la speranza degli assediati era l’arrivo di Eugenio di Savoia, comandante dell’esercito imperiale alleato del Ducato di Savoia, chiamato in soccorso dal duca Vittorio Amedeo II (che era riuscito durante una sortita a lasciare la città).

E difatti dopo una lunga marcia di 400 chilometri attraverso la Lombardia risalendo il Po, il principe Eugenio giunse con il suo esercito nelle vicinanze di Torino e vi si accampò poco distante; il comandante delle forze imperiali si incontrò con Vittorio Amedeo sulla collina di Superga, da cui si dominava la città, per concordare la tattica finalizzata a spezzare l’assedio su Torino. E bisognava fare in fretta: ormai le difese cittadine stavano per cadere, e i francesi sarebbero presto entrati in città.

Dal canto loro i transalpini, colti alla sprovvista dall’arrivo inaspettato dell’esercito nemico, si predisposero a difesa. Bisogna difatti specificare che all’epoca gli eserciti assedianti una città vi si trinceravano attorno, allestendo le difese sia per le sortite che potevano giungere dall’interno della città stessa, sia per difendersi dall’attacco di un eventuale esercito di soccorso; di certo però, i francesi non si aspettavano l’arrivo di un esercito nemico proprio ora che l’assedio era quasi terminato e stavano pregustando la vittoria.

Il principe Eugenio, che provenendo dalla Lombardia giunse a Torino da est, decise di girare attorno alla città fino a raggiungere la parte ovest, dove le linee di difesa francesi apparivano più deboli e da dove avrebbe tagliato le linee di rifornimento nemiche con la madrepatria. Gli austro-piemontesi disponevano di 30.000 uomini, di cui 6.000 a cavallo (oltre ai 5.000 soldati della guarnigione di Torino e gli 8.000 popolani armati), mentre i francesi contavano 45.000 uomini di cui 10.000 cavalieri.

Ora si trattava di dare battaglia, quella che avrebbe deciso della liberazione di Torino dall’assedio francese, oppure della sua caduta in mano nemica; era il 7 settembre del 1706.

Eugenio decise di affidare l’attacco alle sue truppe migliori, ossia ai prussiani comandate dal principe Leopoldo Anhalt-Dassau, appoggiato dai determinati piemontesi del duca Vittorio Amedeo. Dopo il cannoneggiamento dell’artiglieria, gli austro-piemontesi attaccarono, ma vennero respinti per ben tre volte dato che i francesi si difendevano nelle loro trincee, ma alla fine i prussiani ruppero le difese nemiche e i francesi furono messi in fuga, incalzati dai piemontesi del duca di Savoia che guidò personalmente la carica, rischiando in prima persona cadendo dal suo cavallo che era stato colpito dal fuoco nemico; il puntuale attacco partito dall’interno della città prese poi i francesi alle spalle, determinandone la sconfitta definitiva. I cavalieri imperiali e sabaudi diedero poi la caccia ai francesi, trasformando la ritirata in una rotta umiliante: l’esercito francese, che all’inizio della battaglia contava 45.000 uomini, raggiunse le proprie linee con non più di 19.000 effettivi. Per la cronaca, molti soldati francesi sbandati che cercavano di salvarsi, subiranno la vendetta dei contadini piemontesi, che tanto avevano patito l’occupazione del territorio negli anni dell’invasione.

La battaglia fu particolarmente sanguinosa, vedendo cadere 2.000 francesi (più correttamente franco-ispanici) e un migliaio di austro-piemontesi, ma alla fine la sconfitta francese fu totale e Torino fu liberata dall’assedio al quale aveva eroicamente resistito per quasi cinque mesi. Vittorio Amedeo ed il principe Eugenio entrarono trionfalmente a Torino liberata ed il duca decise di far costruire sulla collina di Superga, in segno di ringraziamento, una basilica che è poi quella a tutt’oggi esistente, nella cui cripta sono custodite le spoglie di molti componenti dell’illustre casato.

Le conseguenze della vittoria sabauda nell’assedio di Torino, e più in generale la pace che pose fine alla Guerra di Successione spagnola, ebbero un esito decisivo per il futuro della penisola italiana e per il ruolo che in essa avrebbe avuto in avvenire la dinastia sabauda. I Savoia si liberarono per sempre dalla sudditanza francese, acquisirono la Sicilia ed il titolo regio (oltre ad estesi territori della Lombardia fino ad allora spagnola); la Sicilia fu poi scambiata con la Sardegna, per cui il Ducato di Savoia divenne il Regno di Sardegna, e Vittorio Amedeo II fu quindi l’ultimo duca di Savoia ed il primo re di Sardegna. Un secolo e mezzo più tardi sarà un altro Savoia a cambiare titolo: nel 1861 Vittorio Emanuele II da ultimo re di Sardegna diverrà primo re d’Italia.

Marco Ammendola

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo

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